Lo spot di Tornatore è un capolavoro, ma ha fallito il messaggio

Lo spot di Tornatore è un capolavoro, ma ha fallito il messaggio

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È diventato tema di discussione sui social lo spot che il Ministero della Salute ha commissionato a Giuseppe Tornatore per convincere i cittadini a vaccinarsi.
In una stanza grigia, probabilmente una sala squallida e anonima di una RSA, una figlia viene ad abbracciare l'anziana madre: un telo trasparente di plastica le separa.
Plastica dura, che stride in modo acusticamente sinistro.
La madre chiede alla figlia se ha risolto i suoi dubbi (sulla vaccinazione, si presume) e al tentennamento della figlia, afferma ben due volte che i dubbi aiutano.
Questa prima scena, nelle intenzioni del regista, dovrebbe restituire un sentimento di assoluta angoscia.

E ci riesce benissimo.

Riesce molto meno nella dichiarata volontà di "non colpevolizzare" chi ha dubbi sul vaccino.
La scena risulta ambigua: per un film potrebbe forse andare bene, nell'ambito di una lunga narrazione, ma non per uno spot che gli utenti televisivi sono costretti a rivedere più volte al giorno.
È talmente angosciante e inquietante lo spot da costringere a cambiare canale, scrivono in molti, da suscitare ansia e panico, addirittura di essere oggetto di incubi.

Esattamente il contrario di quello che si vuole ottenere con un messaggio di speranza.

Nell'abbraccio tra madre e figlia critici autorevoli hanno visto l'abbraccio tra Enea e Anchise nell'Ade. 

Chi si spinge oltre, trova assonanze tra la rappresentazione della tragedia di Tornatore con la nave dei folli di Bosch o una Guernica di Picasso.
Ma sicuramente non un messaggio di sensibilizzazione ad una vaccinazione informata, consapevole, responsabile.

Anche il telo che si alza grazie al vento della scienza solutrice, Deus Ex machina estraneo ai protagonisti e alla loro azione, non induce alla speranza che con la volontà si possa cambiare il futuro, ma ricorda la scenografia della Tempesta di Shakespeare in un teatro di periferia, con un Ariel in crisi di fiato e identità.
Lo spot non suscita speranza in un futuro diverso né aiuta né assegna alla vaccinazione un effetto salvifico. 
Forse il regista avrebbe dovuto rinunciare all'ambizione di creare un corto da artista e spezzare lo spot in due momenti, con una scena post vaccino in cui la ragazza avrebbe potuto riabbracciare la madre.

Avrebbe comunque offerto un messaggio non corretto, poiché anche dopo la vaccinazione si può trasmettere il contagio, ma sarebbe stato in linea con la narrazione mainstream.
Eppure lo spot di Tornatore è un capolavoro. Ha colto perfettamente l'angoscia senza tempo e senza spazio, ha rappresentato la tristezza infinita e il vuoto affettivo che caratterizzano la tragedia umana di questo momento storico.

Ha colto, probabilmente, l'aspetto che la sua sensibilità di artista sente di più.
Mi auguro che non avesse davvero alcuna intenzione di sensibilizzare al vaccino o di rappresentare la speranza.

Me lo auguro per la stima che ho di Tornatore.
Altrimenti, ha fallito.

Agata Iacono

Agata Iacono

Sociologa e antropologa

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