Ma le bombe 'buone' a Sirte non uccidono i bambini?

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PICCOLE NOTE

 

Editoriale del Corriere della Sera del 10 ottobre: Paolo Mieli scrive di come siano riportate in maniera diversa le situazioni di conflitto in Siria e in Libia: «In entrambe le situazioni si tratta di momenti drammatici nel corso della “liberazione” di città, o di quartieri delle stesse, da qaedisti e jihadisti. A compiere questo complicato genere di operazione sono, sul fronte di Damasco, i “cattivi” di Putin e di Assad (avversati dalle Nazioni Unite), e, su quello di Tripoli, i droni “buoni” e gli aerei di Obama […] (apprezzati dalle Nazioni Unite) che (apprezzati dalle Nazioni Unite) intervengono in aiuto di Fayez al-Sarraj».

 

Questa ormai introiettata divisione tra buoni e cattivi comporta che, per quel che riguarda la Siria, le orribili stragi di Aleppo […] sono giustamente stigmatizzate, ma se gli americani “per errore” infrangono per primi la tregua di settembre bombardando là dove non avrebbero dovuto [strage di Deir Ezzor ndr.], il coro dell’indignazione generale resta silente. Non si alza neanche un voce per chiedere dettagli su come sia stato possibile che — in un frangente così delicato, laddove si era trovato dopo mesi e mesi un accordo tenuto insieme da un filo di seta per far giungere un soccorso medico e alimentare alla popolazione di Aleppo ormai a rischio di estinzione — come sia stato possibile, dicevamo, che sia stato commesso una “svista” del genere».

 

Quindi, egli si sofferma sulla guerra libica, in particolare sull’«offensiva a suon di bombe» per liberare Sirte, sulla quale giungono informazioni più che contraddittorie, accennando che «probabilmente anche sotto i bombardamenti di Sirte muoiono dei civili e un giorno si scoprirà che tra le vittime ci sono stati anche dei bambini, degli infermi, delle donne non militanti, degli anziani».

 

«Dovremmo completare il ragionamento – aggiunge – dicendo chiaro che bombe fatte cadere dagli aerei su quartieri abitati, producono morti tra loro non dissimili, quale che sia la nazionalità del pilota alla guida degli aerei da cui sono state sganciate».

 

Nota a margine. Di sicuro interesse lo scritto di Mieli. E indubbio il merito, anche se egli deve comunque bruciare incenso alla narrativa ufficiale distinguendo a sua volta tra le due guerre, dove in Siria i civili sarebbero colpiti deliberatamente, in Libia per errore. Insomma, comunque siriani e russi sono più cattivi degli americani e dei loro alleati. D’altronde egli non può far diversamente, date le circostanze e la sua storia.

 

In realtà sarebbero ben folli russi e siriani a colpire deliberatamente i civili: a sconsigliare tale esercizio non ci sono solo ragioni umanitarie, molto più importanti di altre, ma anche banali ragioni strategiche che sconsigliano crimini in grado di macchiare indelebilmente una campagna militare di liberazione (specifica quest’ultima che va ripetuta, altro merito di Mieli).

 

Altro il caso della campagna militare realizzata dai neocon in Iraq – ripetuta altrove – basata su attacchi volti a terrorizzare non solo il nemico, ma anche la popolazione civile, per annichilirne il sostegno al regime. Non per nulla a tale campagna fu dato il nomeshock and awe, colpisci e terrorizza appunto. Pochi critici allora, e poca mobilitazione umanitaria per le sofferenze della popolazione irachena. A proposito di bizzarrie della storia.

 

 

Varrebbe anche la pena aggiungere che da sempre le guerre producono vittime civili. E di come ancora oggi salutiamo l’intervento americano in Europa come una benedizione, avendo contribuito in maniera decisiva a liberare il Continente dall’incubo nazista. 

 

Le vittime civili allora furono ben maggiori. Né c’era, come oggi per la Siria, un Osservatorio per i diritti umani che contava i morti ammazzati dalle bombe americane.

 

E fatte le dovute differenze, val la pena accennare a come l’esoterismo che anima la furia jihadista, dei suoi padrini internazionali come delle sue pedine più consapevoli, non abbia nulla da invidiare all’esoterismo nazista. Ci torneremo.

 

Nella foto è immortalata la campagna “shock and awe” in Iraq.

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