Mascherine all'aperto, la definizione di "attività motoria" e altri utili dettagli

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Mascherine all'aperto, la definizione di "attività motoria" e altri utili dettagli

di Alba Tecla Bosco
 

L’ordinanza del presidente della Regione Lazio (qui), che ha fatto seguito a quella della Regione Campania e che potrebbe precedere un Dpcm nazionale in materia, ordina - a pagina 7 dopo una lunga serie di visto, considerato, ritenuto e dato atto-, quanto segue: «Ai sensi dell’art. 32, comma 3, della legge 23 dicembre 1978, n. 833 in materia di igiene e sanità pubblica, 1. a decorrere dalla data di pubblicazione della presente ordinanza e fino a nuova disposizione è disposto l’obbligo, su tutto il territorio regionale, di indossare la mascherina nei luoghi all’aperto, durante l’intera giornata (...); 2. l’obbligo rimane escluso per i bambini al di sotto dei sei anni, per i portatori di patologie incompatibili con l’uso della mascherina e durante l’esercizio di attività motoria e/o sportiva; (...)».

 

Due gli elementi che ci interessano.

 

Primo. L’obbligo rimane escluso durante l’esercizio dell’attività motoria. La regione Lazio certamente conosce il significato ufficiale di «attività motoria». E per ufficiale, in materia sanitaria, intendiamo l’Organizzazione mondiale della sanità. E’ sufficiente? Vediamo dunque il significato. Come si può leggere qui (http://www.salute.gov.it/portale/salute/p1_5.jsp?lingua=italiano&id=51&area=Vivi_sano): «Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, per “attività fisica” si intende “qualunque movimento determinato dal sistema muscolo-scheletrico che si traduce in un dispendio energetico superiore a quello delle condizioni di riposo”. In questa definizione rientrano non solo le attività sportive, ma anche semplici movimenti come camminare, andare in bicicletta, ballare, giocare, fare giardinaggio e lavori domestici, che fanno parte della “attività motoria spontanea”. L’espressione “attività motoria” è sostanzialmente sinonimo di attività fisica.».

 

Ergo: se camminiamo (a passo più o meno spedito: non importa) non rientriamo nell’obbligo. Facciamolo presente, anche mostrando la definizione e l’ordinanza, a eventuali controllori perché costoro da alcuni indizi – un mini-sondaggio presso poliziotti a Roma –  ritengono che attività motoria sia «andare a fare esercizio fisico nel parco con scarpe da ginnastica e tuta». Peccato, perché l’esercizio del camminare (anche con scarpe normali, certo non i tacchi 12+) è universalmente considerato, e da molti decenni, fra i più salutari e adatti a tutti. Molte Asl organizzano appositamente attività di questo tipo.

 

Secondo elemento. Nell’ordinanza non è precisato il modello di mascherina. Ma nei Dpcm nazionali (anche per la scuola) sono ammesse quelle di stoffa, lavabili, magari autoprodotte. Dunque, siccome ormai non fa più caldo, invece del solito modello lavabile colorato, adottiamo una sciarpa che tireremo sul naso in caso di ressa. Evitiamo di continuare a inquinare e sprecare con gli usa e getta, che vengono inceneriti nella «migliore» delle ipotesi. Del resto, le autorità sanno o dovrebbero sapere che è impossibile controllare se una persona ha usato la mascherina chirurgica monouso ufficiale per molti giorni, lavandola, invalidandone l’efficacia. Dunque il discrimine fra le varie protezioni naso-bocca, fuori dagli ambienti ospedalieri, è impossibile e sarebbe foriero di discussioni infinite.

 

Comunque, non è colpa di chi cammina tranquillo e spedito sotto il cielo se le autorità pubbliche non riescono a contenere la movida e simili. Questa è la base del ricorso al Tar da parte dell’associazione Codacons (https://codacons.it/coronavirus-codacons-ricorre-a-tar-contro-mascherine-allaperto-nel-lazio/), ricorso al quale possiamo tutti aderire (http://www.termilcons.net/index.php?pagina=page_publicForm&idForm=819&css=1&access=ok). Spiega il Codacons:
 

che la decisione regionale, «è destinata a cadere dinanzi la giustizia amministrativa, per la manifesta illogicità del provvedimento e per le discriminazioni che questo introduce a danno della collettività. Senza contare che, come stabilito anche di recente da diversi tribunali che si sono pronunciati in tema di provvedimenti regionali anti-Covid, la materia sanitaria è di competenza esclusiva dello Stato». Il Codacons fra l’altro non può essere accusato di essere contro la mascherina in generale; la sua motivazione è un’altra. Ribadita dal presidente Carlo Rienzi: «Riteniamo illegittimo introdurre obblighi generalizzati e indiscriminati per i cittadini che non tengano conto delle situazioni in cui vi siano reali pericoli sanitari. Ordinanze come quella della Regione Lazio scaricano sulla collettività le incapacità dello Stato di far rispettare le norme anti-Covid, e pertanto sono destinate a cadere dinanzi al Tar».

 

Il Codacons si era anche attivato, insieme ad altre associazioni, con successo contro l’ordinanza sui vaccini obbligatori per i cittadini over65: poi decaduta perché rigettata dal Tribunale regionale. Ma la Regione Lazio in materia non demorde e spera che comunque tutti corrano volontariamente al vaccino, a qualunque età. L’ordinanza del 2 ottobre, dunque, ordina anche che «allo scopo di perseguire in modo efficace l’obiettivo di generale copertura vaccinale e di assicurare che il Servizio sanitario regionale possa fronteggiare l’aumento di domanda anche per le persone di età compresa tra 18-59 anni (residuali rispetto a quelle bersaglio e servite da Mmg/Pls),  una quota di 100.000 dosi vaccini, o ulteriore, sia resa disponibile alle farmacie».

 

Intanto la ex ministro della salute Beatrice Lorenzin si dichiara «positiva al Covid» (errore madornale che ci si trascina da mesi: non si è positivi al Covid, ma al virus Sars-CoV-2, anche se si ha mal di gola e febbre). E contrita precisa: «Non capisco come posso averlo preso, è una cosa incredibile, Io porto sempre la mascherina e sono particolarmente attenta. Forse l’ho preso dagli occhi, porto gli occhiali per leggere, potrei aver toccato qualcosa o poggiato gli occhiali». Il virus entrato negli occhi dagli occhiali?

 

Speriamo comunque che queste parole non suscitino ulteriori ondate di allarmismo e disinfezione ma facciano pensare piuttosto, come ha dichiarato di recente il direttore dell’Istituto Mario Negri, Giuseppe Remuzzi  (https://www.corriere.it/politica/20_ottobre_04/remuzzi-salgono-contagi-contano-ricoveri-lombardia-virus-circola-meno-b7777f56-05b3-11eb-867c-57744a2cabe2_preview.shtml?reason=unauthenticated&cat=1&cid=aWPjSRG0&pids=FR&credits=1&origin=https%3A%2F%2Fwww.corriere.it%2Fpolitica%2F20_ottobre_04%2Fremuzzi-salgono-contagi-contano-ricoveri-lombardia-virus-circola-meno-b7777f56-05b3-11eb-867c-57744a2cabe2.shtml), parlando della Lombardia, che più che ai contagi occorre guardare ai ricoveri. I quali oggi sono in numero limitato e quindi si riesce a prevenire, a curare subito.


 

 

 

 

 

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