Merz lancia la sua offensiva: neoliberismo e bellicismo, le armi che devasteranno la Germania
Tagli alla spesa pubblica e corsa agli armamenti: la duplice minaccia che, ignorando la crisi energetica e la concorrenza globale, trasformerà la recessione in un collasso irreversibile
di Fabrizio Verde
La locomotiva d’Europa è in panne. Deragliata. La Germania affonda in una crisi economica definita dalla sua stessa industria come la più lunga e profonda dalla riunificazione. Tre anni consecutivi di recessione – un calo dello 0,3% nel 2023, dello 0,2% nel 2024 e una previsione di ulteriore -0,1% nel 2025 – dipingono un quadro desolante, un malato d’Europa in netto contrasto con la crescita dell’1,1% attesa per l’Unione. Macchine ferme, ordini evaporati, investimenti in fuga: è il lamento unanime degli industriali riuniti nella potente Federazione dell’Industria Tedesca (BDI). La produzione industriale, il cuore della potenza tedesca, è crollata del 16% rispetto al picco del 2018. Settori vitali e energivori, strangolati dalla rinuncia al gas russo a basso costo imposta da folli sanzioni auto-inflitte, hanno visto la produzione crollare di un quinto. Un fiume di licenziamenti, 37.700 solo nei primi sei mesi del 2025, il dato peggiore dalla pandemia, sta svuotando le fabbriche, in particolare quelle automobilistiche, con 20.700 posti persi nel settore che era la bandiera del ‘Made in Germany’.
Sulla scena di questo disastro economico, aggravato dalla concorrenza della Cina e dall’ascia protezionista di Donald Trump pronta a calare da oltreoceano – minaccia che potrebbe far sprofondare il PIL tedesco di un ulteriore 0,5% – si staglia l’ombra di Friedrich Merz e della CDU. La loro ricetta per il rilancio, in realtà, somiglia pericolosamente a una bomba nucleare pronta a distruggere definitivamente il futuro industriale della nazione. Un mix esplosivo e suicida di neoliberismo estremo e militarismo guerrafondaio.
Il primo veleno è l’ossessione per l’austerità. Tagli alla spesa sociale, rigore di bilancio cieco, deregolamentazione selvaggia: sono i dogmi di Merz (già presidente del consiglio di sorveglianza di BlackRock in Germania) in piena tempesta economica. Mentre il BDI implora a gran voce “investimenti pubblici urgenti” nelle infrastrutture moderne, nella transizione digitale, nella semplificazione burocratica vitale – a loro modo di vedere - per la competitività, Merz propone l’esatto contrario: smantellare. Privatizzare. Tagliare. Una cura da cavallo che, applicata a un organismo già in shock, equivale a un’emorragia controllata verso la deindustrializzazione.
Ma la vera miccia che potrebbe far saltare in aria ogni residua speranza è la scommessa folle sul riarmo come volano economico. Merz cavalca l’onda di una pericolosa illusione: quella di trainare l’economia fuori dalla stagnazione con mastodontiche spese militari, promettendo di inchiodare la Germania al 2% del PIL per la difesa. È la teoria che l’analista russo Andrej Suzdaltsev vede profilarsi a Berlino: salvare l’industria producendo carri armati invece che automobili. Una follia strategica ed economica. Enormi capitali pubblici, già sotto stress, verrebbero dirottati verso armamenti improduttivi anziché essere investiti nell’innovazione, nell’istruzione, nell’energia – i veri motori di una ripresa sostenibile e concreta. Questo militarismo guerrafondaio, in un’Europa già instabile, non farebbe che inasprire le relazioni con partner commerciali cruciali come la Cina, alimentando una costosa e pericolosa corsa agli armamenti.
L’accoppiata letale di austerità neoliberista e follia militarista proposta da Merz non è una cura. È il colpo di grazia. I missili non riempiranno gli ordini vuoti delle fabbriche. I tagli alla spesa sociale non abbasseranno le bollette energetiche. I mezzi corazzati non renderanno competitive le auto tedesche contro i veicoli elettrici cinesi. È una ricetta scritta con l’inchiostro dell’ideologia atlantista più miope, destinata ad affondare definitivamente la Germania nel pantano della recessione, della deindustrializzazione e dell’irrilevanza strategica. Mentre il mondo corre verso il futuro, Merz vorrebbe trascinare la nazione indietro, verso un passato fatto di fabbriche chiuse e cannoni. Un suicidio economico in nome del neoliberismo e del falso mito della guerra come fonte di business.