Myanmar: la storica visita di Obama
Il momento più atteso: l'incontro con Aung San Suu Kyi nell'abitazione della sua detenzione
1311
"Sono venuto qui per porgere la mia mano in amicizia". Storica visita lunedì di Barack Obama, primo presidente americano in carica ad essere accolto in Myanmar. Dopo un colloquio con il presidente Thein Sein nel parlamento regionale dell'ex capitale Rangoon, in cui Obama ha ribadito il pieno sostegno americano al processo di riforme in atto e verso la transizione democratica, il momento più atteso è stato l'incontro con il leader dell'opposizione birmana Aung San Suu Kyi nella sua abitazione a Rangoon, dove aveva trascorso 15 anni di arresti domiciliari. “Lo scopo di questa visita è quella di sostenere il cammino della Birmania verso la democrazia”, ha dichiarato Obama, che è stato accompagnato da una folla festante fino al suo arrivo alla casa del premio nobel per la pace. La leader dell'opposizione birmana, subito dopo l’incontro, ha lanciato un appello ai birmani e alla comunità internazionale di diffidare del “miraggio del successo” delle riforme birmane: “Il momento più difficile in una fase transizione è quando il successo è in vista. Quindi dobbiamo stare molto attenti a non essere ingannati dal suo miraggio”.
Il presidente Usa, Barack Obama, ha poi tenuto un discorso all'università di Rangoon dove ha fatto un appello per la fine delle violenze nello Stato del Rakhine, tra le comunità buddista e musulmana; e ha detto che "non c'è scusa per la violenza contro gli innocenti" e dove ha ribadito che gli Stati Uniti intendono sostenere il percorso di riforme avviato dal Myanmar, "uno straordinario cammino che ancora deve continuare". "La riconciliazione nazionale richiederà tempo, ma per il bene della nostra comune umanità, e per il bene del futuro di questa nazione, è necessario mettere fine all'incitamento alla violenza". Dallo scorso giugno, nelle violenze contro la minoranza musulmana Rohingya nello Stato del Rakhine, nell'ovest del Myanmar, sono morte oltre 180 persone e più di 100mila sono state costrette a fuggire dalle loro case. Secondo un rapporto dell'International Crisis Group di una decina di giorni fa, le violenze interetniche potrebbero portare il paese al collasso e rovinare ttute le riforme intraprese. Inoltre, diversi attivisti hanno accusato il governo di non aver fatto tutto il necessario per garantire la sicurezza alla minoranza musulmana e, per questo, criticato la scelta di Obama di visitare il paese.