Non è ignoranza, è servilismo. Ed è molto più grave

Non è ignoranza, è servilismo. Ed è molto più grave

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Da Matteo Salvini ad Enrico Letta, da Antonio Tajani a Maria Elena Boschi, da Giovanni Toti a Virginia Raggi, insieme al presidente dell'aula capitolina Marcello De Vito, da Andrea Cioffi a Carlo Calenda.

Tutti insieme appassionatamente alla manifestazione organizzata ieri al Ghetto di Roma per "portare solidarietà al popolo israeliano sotto attacco e per il diritto di Israele di esistere".

Tutti insieme col governo Draghi, tutti insieme con l'Europa e con la NATO.

Neppure una parola sui bambini uccisi dalle bombe di Israele, sui veri e propri pogrom contro gli arabi dagli estremisti in queste ore.

E’ ignoranza? E’ solo cieca obbedienza alle fake news del mainstream che fanno apparire vittima il carnefice?

Schierarsi con il più forte, con il potere paga e se sei un politicante da strapazzo che non sa nulla di politica internazionale è fin troppo semplice e comodo farlo. E quindi Navalny – fascista russo che non supera il 2% - è il “leader dell’opposizione democratica russa”; Assange è una “spia russa”, in Colombia si chiudono tutti e due gli occhi perché è un paese vassallo di Usa, Ue e Israele ma in Venezuela, Cina, Siria, Iran si tengono tutti e due aperti pronti a rilanciare le bufale del regime mediatico.

Non è ignoranza, è sudditanza. Servilismo al potere, incapacità di affrontarlo. Molto peggio dell’ignoranza.

A Roma lo sappiamo bene.  

Già agli inizi del 2017 si tentò di proiettare in Campidoglio la proiezione dibattito di film di registi palestinesi.

Progetto bocciato con balbettio di scuse, tutt'ora incomprensibili, di Fassina.

Quindi al Cinema Aquila viene proibita una rassegna cinematografica di film palestinesi di alta qualità, il bellissimo “The wanted 18” e lo spettacolo teatrale sulla luminosa figura di Rachel Corrie, sostituiti da un film comico con un attore ebreo segnalato dalla Comunità ebraica in sostituzione della programmazione già approvata.

Segue a breve distanza temporale la cancellazione del film di Mai Masri al cinema-teatro Palladium. Evento preparato con cura da mesi e per il quale la regista e curatrice dell’archivio audiovisivo AAMOD Monica Maurer si era spesa moltissimo. Il film, un vero gioiello di arte cinematografica,  che aveva trovato l’accordo tra l’Università di Roma Tre e l’Ambasciata Palestinese e si sarebbe dovuto svolgere nel teatro Palladium dell’Università.

Potremmo continuare ad oltranza. La comunità palestinese non ha diritto di voce a Roma.

Ma i romani, i cittadini italiani, non sono così.

Nonostante la censura e il vergognoso tentativo di ribaltare la narrazione della realtà, sanno distinguere tra vittime e carnefici.

Agata Iacono

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Sociologa e antropologa

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