Nostalgie pandemiche

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Nostalgie pandemiche

 

di Alessandro Mariani

Sulla scia delle polemiche seguite al ritiro dell’Italia dall’accordo pandemico globale dell’OMS, la nomina dei prof.ri Paolo Bellavite ed Eugenio Serravalle nel comitato consultivo per le politiche vaccinali (NITAG) ha suscitato un coro (più rumoroso che numeroso per la verità) di vibranti proteste, una petizione per la revoca del provvedimento, oltre  ad una mitragliata di interventi su carta stampata ed online volti a denunciarne la antiscientificità. E così dopo tanto tuonare, pochi giorni dopo accadde che piovve in pieno solleone, tanto che il pavido ministro azzerò la commissione per intero.

Chi vuol petere e  poi culo stringere faticasi le natiche!” si dice ancora da certe parti. E a quanto pare, nonostante il detto sia vecchio di secoli, esso ben si attaglia ai (pochi) buoni propositi del nostro tempo dove i provvedimenti per restituire un minimo di decenza a situazioni contrassegnate da evidenti storture o anomalie sono molto spesso caratterizzati dalla timidezza e reticenza degli stessi propositori.  Del resto, come scrisse un tale che di italiano e di italiani s’ intendeva, “il coraggio chi non ce l’ha non se lo può dare”. E sì che dopo gli ultimi governi sciagurati non ce ne sarebbe voluto molto per riconoscere che al bel paese toccò un dì l’infausto compito di far da apripista alle follie del tempo.

Ormai le guerre si combattono per procura e se in quella del Covid eravamo stati  protagonisti, dopo qualche tempo lo scenario si è spostato in Ucraina. Sorella morte di falce munita è rimasta sempre lì a far capolino come negli affreschi di certe chiese, ma non disperiamo! Come ci sono stati gli eroi che ci hanno salvato dal virus, qualche “volenteroso” ci salverà comunque dall’Armageddon nucleare. Intanto il tiranno buono (o per lo meno passabile), quello delle praterie, si è autocandidato al Nobel per la pace (del resto… se lo hanno già dato a Kissinger!), con buona pace del tiranno delle steppe che non avrebbe alcuna chance di vedersi assegnare ne ora ne mai l’ambito riconoscimento. I più vecchi ricorderanno un ritornello pubblicitario: “in tutto il mondo, in tutto il mondo nessuno è cattivo come Jo - Condor … Gigante, pensaci tu!

 Esecriamo pure i tiranni, tutti, ma diamo a Cesare quel che è di Cesare! E per tornare al tema specifico di cui andiam trattando (piani pandemici ed obblighi vaccinali), affermiamo con convinzione che Putin potrebbe ben candidarsi per il Nobel della medicina, visto che con l’invasione dell’Ucraina ha fatto finire la pandemia nel giro di 48 ore. Non è una boutade, ma quello che tutti abbiam visto e toccato con mano, anche se di certe cose si parla raramente e in tal caso sempre balbettando. Intanto quando un emergenza è lì sul punto di finire quella precedente riprende fiato tra zanzare West Nile e quant’altro.

Non ci sarebbe voluto un coraggio da leone per smascherare l’apostasia strisciante in materia sanitaria (quando fior di professionisti di tale ambito affermavano in privato che i provvedimenti governativi erano folli ma  ad essi bisognava sottostare, semplicemente perché vuolsi così colà ove si puote) e se non lo si è fatto finora le speranze che chi di dovere batta il colpo decisivo si assottigliano. Nonostante tutto, noi che eravamo (e restiamo) pasoliniani nell’animo (“è sempre una speranza che da pietà…”) abbiamo persistito nello sforzo ciclopico affinché i residui scampoli di ottimismo della volontà non fossero definitivamente sopraffatti dal soverchiante pessimismo della ragione. E così con la pervicacia della piattella che si attacca allo scoglio abbiamo sostenuto le nostre convinzioni incuranti delle urla e degli sproloqui provenienti dalle opposte tifoserie, nonché della timidezza e della reticenza persistenti in ambito politico e sanitario.

Caro ministro Schillaci, ci eravamo tappati il naso di fronte al fatto che Lei facesse parte del governo più meschinamente opportunista dell’intera storia repubblicana  sperando che potesse trovare quel po' di dignità che le consentisse di tenere la posizione fino in fondo! Speravamo che lei non recedesse riguardo a quelle nomine, evidentemente sopravvalutando le sue capacità di resistenza  di fronte allo scomposto gracidare e ai cicaleggi delle vedove sconsolate dell’isteria pandemiche, dalle truppe dei televirologi oramai allo sbando.  “Li conoscerà sicuramente meglio di noi” confidavamo, e li prenderà per quello che sono!

Ma evidentemente ci sono cose che noi non conosciamo e per restare alle metafore marinare se noi siamo piattelle, quelli sono come i datteri (Lithophaga lithophaga) che scavando si infilano nella roccia, tanto che per toglierli bisogna spaccarla. Questo lo sapevamo, ma avevamo sperato e creduto che lei dopo i primi timidi passi potesse finalmente trovare quel minimo di coraggio che le consentisse di  spaccarla quella roccia, affinché la sanità italiana potesse risalire dall’abisso nella quale è precipitata e non certo a causa di qualche sparuto gruppo di no-vax!

 La vicenda è dannatamente seria perchè la questione vaccini, per chi ancora non lo avesse capito, travalica il mero ambito sanitario e investe per intero il destino di questa società, come conferma anche la cronaca corrente. Intanto giornalacci e giornaloni riportano in tandem  la notizia specchietto per le allodole diretta ai rispettivi gonzi di riferimento, ovvero che la premier Meloni (quella che non molto tempo fa si faceva dare i bacini in testa da Biden ed ora bacia le pantofole di Trump avallandone le scelte più infami, vedi questione palestinese) sarebbe contrariata da quella che secondo loro sarebbe stata una scelta non concertata.

Intanto, come diceva un altro grande esperto di cose italiane, la situazione è sempre grave ma non è mai seria e se non fosse una tragedia ci sarebbe da sbellicarsi dalle risate. Quattro ragazzini Rom rubano un’automobile e investono una donna uccidendola e i giornaloni lamentano in prima pagina che probabilmente nessuno di questi ha mai ricevuto una vaccinazione (“La Stampa” 14.08.25). E del resto, così va il mondo! Quando nessun angelo può più salvarti non resta che affidarsi al diavolo; invece che far mea culpa, piuttosto che restare in silenzio confidando nell’oblio, si rilancia. Il fatto è che non ha più senso neanche parlare di cervelli all’ammasso quando i cervelli sono spariti e si rianima il fanatismo religioso.

Ritornano gli sciamani della prima ora. Il più loquace tra questi aveva addirittura scritto un libro “La congiura  dei somari” (R. Burioni 2017). Congiura, appunto, viene da chiedersi a qual prò, qual è la fiamma che arde nel cuore dei congiurati. E dopo i complottisti saremmo noi? E che dire poi dei somari!? Nell’accezione corrente il termine va riferito (vd. Treccani) a chi non impara nulla. E allora chi è più somaro di chi persistendo nell’errore consegue il risultato opposto rispetto a quello perseguito e sperato, sbandierato ai quattro venti!? Volevano la più ampia diffusione della cultura vaccinale e la gente (che prima era disposta persino a pagare) non si vaccina più neppure per l’influenza. E la colpa chiaramente è degli atei terrapiattisti. Ah! L’autocritica del tempo che fu!

La scienza non è democratica ha detto costui. Mai affermazione fu tanto idiota e malposta, quanto rilanciata da media compiacenti. La scienza, quella vera, è intrinsecamente, ontologicamente democratica, altrimenti non sarebbe scienza ma piuttosto religione, come pretendono i televirologi su dettato di Big-Pharma. E infatti come la religione certa sedicente odierna scienza proclama santi, o più appropriatamente li arruola pescando sì a destra e a manca, ma sempre con discernimento. Si direbbe infatti che per chi vive nel culto della scienza i premi Nobel debbano occupare ipso facto la pole position. Ma non è sempre così: Il bi-pensiero orwelliano è ormai operativo anche, o forse sarebbe il caso di dire, soprattutto,  su questo fronte.

 Se il Nobel è allineato dalla sua bocca esce il verbo divino e può dire tutte le sciocchezze che vuole. Come che “esistono risposte semplici per problemi complessi” (vedi uno degli slogan più demenziali in voga al tempo della vaccinazione) e poco conta che il soggetto in questione non si sia mai occupato di medicina; il culto degli esperti in tal caso non vale. Non stupisce allora  che nell’occasione di cui andiam dibattendo, il nome del prof. Giorgio Parisi venga sbandierato da giornaletti e giornaloni come capofila della crociata vaccinista, firmatario dell’ appello dei 16.000 volonterosi, che si ergono lancia in resta contro le nomine del pavido ministro.

 Ma se non è allineato come dimostra la storia passata e recente allora sono dolori; poco conta che sia un super-esperto ed abbia avuto l’ambito riconoscimento proprio in materia di virus (Montagner),  si può trattarlo da vecchio rincoglionito, ironizzare sulla tinta dei capelli e tutto il resto. Quando però i premi Nobel cominciano ad essere più d’uno allora bisogna affinare le armi ed ecco che come un coniglio dal cappello del prestigiatore provvidenzialmente esce il “Nobel disease”… ovvero “the embracing of strange or scientifically unsound ideas by some Nobel prize winners, usually later in life”(l’abbracciare idee strane e scientificamente stonate da parte di alcuni premi Nobel, solitamente più in là nella vita), così come si premurava di informarci una voce wikipedia inesistente fino a poco prima della pandemia e prontamente confezionata.

E allora per tornare alla vexata quaestio, in un ambito in cui si discute di come fronteggiare al meglio le prossime ed eventuali emergenze pandemiche la nomina di  esponenti di orientamento critico o addirittura contrario rispetto alla vulgata dominante è tendenzialmente e soprattutto “scientificamente” quanto mai appropriata. Perché in fin dei conti la scienza, quella vera, proprio questo dovrebbe essere “lo scetticismo organizzato contro l’attendibilità del parere degli esperti” come disse un certo Feynman[1] in tempi non sospetti quando ancora il Nobel disease non esisteva ma c’era ancora una pubblica opinione.

 

P.S. Al di la degli aspetti specifici la vicenda funge da specchio dei tempi presentando tratti comuni con la successiva narrazione emergenziale. Essa ricorda troppo da vicino quella di Zelensky e della stonata compagnia cantante (Ue) che volendo continuare a combattere una guerra persa in partenza pretendono di dettare a Trump e Putin le proprie condizioni. La questione vaccini è uno specchio triste ed eloquente del comatoso stato in cui versa la sanità italiana, nonché della politica e della società, ovvero dello  stato lisergico della cosiddetta “pubblica opinione”.

 

[1] Richard Feynman premio Nobel per la fisica 1965

Alessandro Mariani

Alessandro Mariani

Laurea magistrale in Scienza politiche e a seguire in Giurisprudenza. In  buen retiro dopo 40 anni di Guardia di Finanza. Con attività avventurose cerco di contrastare il fattore tempo e mantenere un livello stabile di endorfine che mi consenta di coltivare a tempo perso velleità saggistiche e letterarie. A tempo pieno gestisco l’eredità di una prole, dottoranda oltre frontiera.

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