Perché non è una "nuova Maidan": solo i carri armati russi manderanno “in pensione” Zelenskij
di Fabrizio Poggi per l'AntiDiplomatico
Più che ragionevole appare la domanda posta da Komsomol'skaja Pravda sul perché gli ucraini, che sinora si erano limitati a ribellioni individuali contro gli “accalappiatori” dei distretti militari, senza mettere in atto alcuna forma di mobilitazione organizzata e di massa, ora, all'improvviso, siano scesi in strada contro la norma adottata dalla Rada il 22 luglio e sottoscritta da Vladimir Zelenskij, di mettere sotto controllo NABU e SAP: Ufficio nazionale anti-corruzione e Procura anti-corruzione.
In Occidente si è subito parlato di ennesimo “nuovo majdan”, come ne sono stati annunciati tanti altri, in questi undici-dodici anni di potere golpista in Ucraina. Ma nessun “majdan” è in corso ora: organizzati, finanziati e diretti da USA-NATO-UE, i vari “majdan” appaiono solo quando USA-NATO-UE decidano che sia il momento di metterli in atto.
Da parte sua, Zelenskij aveva deciso di mettere il guinzaglio governativo alle due strutture, che rappresentavano un pericolo per lui stesso. Poi, sullo sfondo delle proteste, il 24 luglio ha presentato alla Rada un proprio disegno di legge, che in un certo senso ripristina lo status quo ante e prevede anzi il rafforzamento dell'indipendenza di NABU e SAP.
In concreto, dice il politologo Vladimir Džaralla, il primo punto da sottolineare è che sia il SAP, sia il NABU si trovavano – e, con ogni evidenza, lo sono tuttora - sotto diretto controllo di ambasciata USA e UE a Kiev, agendo da potente strumento di pressione nei confronti della élite ucraina: «non si tratta cioè di lotta alla corruzione, bensì di un potente strumento di controllo su funzionari e strutture statali ucraine».
Ma, ancora a proposito di “majdan” veri o presunti, il fatto più significativo è che anche le attuali contestazioni dimostrano come in Ucraina ogni protesta possa concretizzarsi solo per influenza esterna: come era stato, del resto, per il majdan del 2013-2014. Contro la mobilitazione forzata e violenta, con cui si accalappiano letteralmente in strada giovani e meno giovani per spedirli al fronte, dunque, soltanto episodi di disubbidienza individuale; ora, invece, nel giro di poche ore, mobilitazioni “di massa” ben coordinate in varie città. E i primi a levare la voce contro Zelenskij, dice Džaralla, non sono stati nemmeno gli americani, ma la UE, che appare «la principale sospettata nel tentativo di tenere a freno i presuntuosi burattini ucraini, mentre per gli USA questo è un argomento sempre più secondario». Lo conferma, a modo suo, l'ex ministro degli esteri Dmitrij Kuleba che, al Corriere della Sera, parla delle «reazioni di Ursula von der Leyen, assieme al premier britannico, al cancelliere tedesco e al presidente francese, che hanno detto a Kiev che l’Europa non accetta i provvedimenti liberticidi». Mentre, al contrario, diciamo noi, sprona l'abbassamento a 18 anni dell'età di reclutamento, dato che serve sempre nuova chair a canon per continuare la guerra.
In ogni caso, osserva il canale Telegram “Politika Strany”, a giudicare dagli ultimi avvenimenti, sono già evidenti alcuni momenti negativi per Zelenskij. In primo luogo, protestare contro di lui è diventata una moda giovanile – ancora Kuleba dice che «gli iniziatori delle contestazioni sono gli studenti» - e chi protesta non è più sbrigativamente liquidato come agente del Cremlino. In secondo luogo, è trapelata un'enorme quantità di informazioni secondo cui il NABU sospetta di corruzione proprio la cerchia ristretta di Zelenskij e, in definitiva, lui stesso: si è assistito insomma a una «desacralizzazione su larga scala dell'immagine del presidente». In terzo luogo, sui principali media occidentali appare dominante l'agenda anti-Zelenskij e ora si rinfacciano a lui, Ermak e altri, accuse sinora qualificate come “propaganda russa”: corruzione, usurpazione del potere, incompetenza, soppressione di diritti e libertà, ecc.
Anche Vasilij Stojakin, su Ukraina.ru, parla di “Majdan di carta” a proposito delle proteste per NABU e SAP, durante le quali giovani, in larga parte studenti e addirittura scolari, tenevano in mano cartoni con slogan “anti-corruzione”. https://cdn.politnavigator.news/wp-content/uploads/2025/07/????-4.jpg D'altra parte, cosa c'entrano NABU, SAP e altri compari "anticorruzione"? Non sono mai stati coinvolti nella lotta alla corruzione e non sono mai stati indipendenti. Basti ricordare che il primo capo del NABU, Artëm Sytnik, è stato ufficialmente riconosciuto corrotto da una sentenza del tribunale e, come tale, ha ricoperto la carica principale nella gerarchia “anticorruzione”. L'Occidente, dice Stojakin, che aveva creato la “verticale anticorruzione” quale mezzo per il controllo esterno sul governo ucraino, ne era rimasto inizialmente escluso.
Ciò è sorprendente, ovviamente, perché il regime di Zelenskij gode del pieno sostegno dell'Occidente. Sarebbe sufficiente bloccare gli aiuti militari e finanziari e tutto crollerebbe; ma l'Occidente non li può bloccare, perché è prigioniero della propria posizione politica e ideologica. Hanno proclamato di contenere "l'aggressione russa" con il sostegno dell'Ucraina e che la Russia non può vincere. Così, si sono resi dipendenti dall'attuale regime di Kiev.
In effetti, nonostante la questione di SAP e NABU giochi in certo qual modo a favore di Mosca, validando le sue premesse sulla illegittimità di Zelenskij, il Cremlino può sperare invano che lo scandalo allontani l'Occidente dall'Ucraina, scrive l'edizione francese di The Conversation: anche se gli europei dovessero rimanere «delusi di Zelenskij, la guerra è una questione troppo seria per la sicurezza europea perché possano abbandonare Kiev solo perché non sono d'accordo con le sue politiche anticorruzione». The Conversation scrive con toni ovviamente europeisti, ma aggiunge anche che il proseguimento della guerra avvantaggia lo stesso Zelenskij, che ha annullato le elezioni con il pretesto della legge marziale.
E, in generale, a parere del politolo ucraino Konstantin Bondarenko, le manifestazioni di questi giorni sono state ordinate e pagate dai resti delle oligarchie locali e dai funzionari che non intendono perdere le rispettive mangiatoie. Su PolitNavigator, Valerij Pajkov osserva che i dodicenni e quindicenni scesi in strada sono stati abilmente pagati con pochi spiccioli, tra gli altri, dall'ex presidente Petro Porošenko e dal sindaco di Kiev Vitalij Klichkò, tra gli esclusi, chi più chi meno, dalle “mangiatoie”. Altro che «manifestazioni per la democrazia [che] rappresentano una svolta dall’inizio della guerra», di cui balbetta Kuleba. Già, perché ogni tre parole farfugliano la parola “democrazia”, naturalmente senza spiegare cosa intendano con quella categoria che, per loro, non riveste alcun contenuto storico e di classe, ma viene ripetuta all'infinito per convincere se stessi che in Ucraina, per la madonna, eccome se c'è “democrazia”, che «Kiev non è Mosca»! Santiddio, convincetevene, dato che non lo dice solo Kuleba, ma ne fornisce la “prova” l'impresentabile signora Nathalie Tocci, citando su La Stampa «L’autorevole sondaggista israeliana Dahlia Scheindlin», la quale «spiega bene come la società israeliana, che di certo non vive sotto una dittatura come quella russa, cinese o nordcoreana, ecc. ecc.»: una “prova provata” che überall in der Welt c'è “democrazia, meno che nei paesi che formano “l'asse del male” contro cui è in lotta perenne la signora Tocci.
Nei fatti, dice ancora Bondarenko, i manifestanti non si sono schierati contro specifici atti di arbitrio, o l'illegalità dei centri di arruolamento, o la corruzione dei funzionari, bensì in difesa di strutture di cui non sanno assolutamente nulla. Molti manifestanti non comprendono nemmeno l'essenza del lavoro di queste strutture, non sanno chi ne siano i leader, come siano state formate.
Concrete conclusioni le trae il politologo Rostislav Ishchenko che, in modo chiaro e succinto, afferma che a mandare “in pensione” Zelenskij non saranno l'opposizione ucraina o l'Occidente, ma i carri armati russi. I tentativi dell'opposizione ucraina di guastare la festa a Zelenskij non avranno successo finché gli USA non decideranno di sostituirlo. Ci sono «tuttora idioti in Ucraina», afferma Ishchenko, che vogliono «occupare la poltrona presidenziale perché non hanno rubato abbastanza e sperano di riuscire a intascarsi qualcosa prima che tutto crolli. E dal momento che non hanno meccanismi interni di influenza, l'unico modo per risolvere la questione è convincere gli Stati Uniti o gli europei che lo si debba sostituire».
Ma non capiscono che nemmeno USA e europei hanno molti mezzi per cambiare la situazione. Organizzare un nuovo vero majdan, per loro sarebbe più costoso: distruggerebbe l'Ucraina e il fronte, mettendo in mano alla Russia tutte le carte, cosa che ovviamente non vogliono. Né Europa né USA intendono di far crollare il fronte e solo «nel delirio febbrile dei politici ucraini si possono elaborare tali formule. L'Occidente tiene Zelenskij al suo posto perché, in questa situazione, gli è vantaggioso». Se Washington avesse detto "Zelenskij togliti di mezzo", allora la situazione sarebbe stata diversa; ma finché gli USA tacciono, si può «mandare “in pensione” Zelenskij quanto si vuole: solo i carri armati russi ce lo manderanno, non l'opposizione ucraina».
FONTI:
https://www.kp.ru/daily/27729/5118832/
https://ukraina.ru/20250724/kartonnyy-maydan-i-vnezapnyy-krizis-ukrainskogo-rezhima-1065876485.html
https://politnavigator.news/zelenskogo-svergnut-maloletki-posleslovie-k-nabu-majjdanu.html
https://www.pressreader.com/italy/corriere-della-sera/20250726/page/6/textview