Più warfare per tutti: dal ReArm Europe al 5% del Pil in armi

1129
Più warfare per tutti: dal ReArm Europe al 5% del Pil in armi


di Alex Marsaglia

Lo Stato, nella società capitalistica, non è costituito in modo da promuovere l’impiego deliberato e sistematico del surplus economico in vista del miglioramento delle condizioni di vita. I potenti interessi capitalistici da cui è controllato, nonché il suo orientamento sociale e ideologico, rendono estremamente difficile, se non del tutto impossibile, una politica di questo tipo. Esso è incapace di controllare le pratiche delle grandi imprese (…) in contrasto con gli interessi dominanti delle società monopolistiche e oligopolistiche. I «valori» e i costumi di una società capitalistica gli impediscono di ricorrere a spese su vasta scala per obbiettivi di benessere civile. Così anche una amministrazione liberale e progressista tende a cercare la salvezza nelle spese militari”.

P. A. Baran, Saggi marxisti, Einaudi, Torino, 1976

 

Nell’attuale fase economica dell’Occidente collettivo, caratterizzata da una finanziarizzazione spinta, in cui abbiamo la totale sussunzione reale del lavoro al debito che ha determinato l’esplosione di più bolle speculative negli ultimi anni con relativi inneschi di crisi economiche destabilizzanti, la funzione esercitata dall’economia di guerra è divenuta sempre più centrale.

Non è un caso che l’attuale potenza egemone abbia istituito quello che è stato definito da Alain Joxe “impero del caos” allo scopo di destabilizzare le aree geopolitiche più interessanti dal punto di vista delle risorse, per poi attivare politiche di spesa pubblica come fattore di controtendenza e estrazione di surplus economico dai territori aggrediti. E’ un fatto noto che dagli anni Ottanta, mentre nelle politiche interne emergeva la gestione neoliberale del potere, in politica estera vi sia stata una costante correlazione tra interventi militari e tentativi di rilancio dell’economia. Questa ha assunto un carattere così marcato, che «la guerra viene concepita come continuazione dell’economia con altri mezzi, strumento per rimettere in moto l’economia, per aprire i mercati non ancora disponibili, per garantirsi il controllo di materie prime fondamentali, per vincere la guerra mondiale delle valute, per “garantirsi la capacità di non pagamento” dei debiti»1.

Si può infatti constatare come nella fase declinante dell’egemonia americana, al neoliberismo nelle politiche sociali, sia corrisposto il keynesismo di guerra nella difesa. Questo ha portato alle ripercussioni che osserviamo e subiamo ancora oggi: l’espansione della NATO a est verso la Russia è stata foraggiata principalmente da questo tipo di politiche controtendenziste e anche la militarizzazione di Israele come vera e propria testa d’ariete colonialista nel Medio Oriente.

Dietro a questa espansione militare vi è il complesso militare-industriale come commistione degli interessi del capitale monopolistico all’interno dello Stato, in grado di indirizzarne i centri decisionali al fine di avviare politiche di spesa pubblica espansive per attrarre finanziamenti per la militarizzazione della società. E se questo ha funzionato egregiamente per gli Stati Uniti nei decenni scorsi, oggi viene riproposto come soluzione ottimale anche per i principali poli collaborazionisti della potenza egemone che porteranno in dote i surplus alle Lockheed Martin & Co. L’Unione Europea infatti è alle prese con l’approvazione del ReArm Europe o Readiness 2030 come piano di difesa comunitario, proposto dalla Commissione presieduta da Ursula Von der Leyen. Un piano mastodontico da 800 miliardi di euro, mai concepito in precedenza, con l’obiettivo esplicito di rendere l’Unione Europea indipendente militarmente dall’ombrello NATO e dagli Stati Uniti nella loro nuova fase isolazionista. Dietro a tali finalità ovviamente si cela un settore di mercato gigantesco, già fiutato dagli esperti del business pronti a militarizzare ogni angolo della società pur di vendere bene la merce: dall’istruzione sino alle nuove tecnologie. Per capire le dimensioni dell’iniezione di liquidità prevista dalla Commissione europea: gli 800 miliardi in materia di sicurezza superano di 50 miliardi il Recovery Plan previsto dall’UE come strumento di rilancio post-pandemico in sei settori di intervento diversi (digitalizzazione, inclusione sociale, coesione territoriale, istruzione, salute, ecologia). L’Unione Europea sta insomma apparecchiando il tavolo per la ritirata isolazionista statunitense, con un piano di spesa pubblica militare inedito nella storia. Nella speranza, sempre presente quando si spende in armi, che queste vengano consumate sul fronte in modo da ingenerare ricambio e quindi consumo e produzione, in modo da non congestionare il mercato.
Siamo quindi di fronte ad una vera e propria politica di morte diretta.

Certamente a questa si aggiunge il carico promosso dall’altro ente sovranazionale di cui l’Italia è membro, cioè la NATO, con l’imposizione americana, arrivata all’ultimo vertice dell’Aia, del tetto del 5% di spesa rispetto al PIL nel settore Difesa entro il 2035. Vi è però una politica di morte indiretta che si cela dietro a quest’ultima decisione e consiste nelle ripercussioni sulla spesa sociale degli Stati.
Infatti, come abbiamo ricordato l’attuale fase declinante dell’imperialismo ci ha fatto piombare all’interno di politiche neoliberiste di austerità spinta in ambito sociale, con parametri di spesa pubblica ristretti dalle organizzazioni sovra-nazionali. Uno spostamento simile di voci di spesa all’interno della finanza pubblica implica quindi necessariamente dei tagli rilevantissimi alle voci di spesa civili a favore di quelle militari. Si tratta di una decisione profondamente politica, che prevede lo spostamento della vocazione delle politiche pubbliche dal blando Welfare State rimasto dopo la caduta del Muro di Berlino, sempre più verso scenari di Warfare State. E questo in un contesto in cui già l’Occidente collettivo è percepito dai suoi vicini come un ente aggressivo, schiumante bava dalla bocca. Una simile ridefinizione dell’assetto degli Stati occidentali, verso una vocazione spiccatamente offensiva, non potrà che farci percepire come delle comunità pericolose da cui difendersi. Delle comunità che per l’appunto tagliano i posti letto negli ospedali per armarsi ferocemente, promuovendo indirettamente la morte al suo interno per dimostrarsi aggressive all’esterno.
Fatti due conti infatti, si tratta di un vero e proprio cambio di assetto statale. Se solo questa decisione NATO ci porterà a spendere il doppio in ambito militare, con i finanziamenti del ReArm Europe arriveremo probabilmente alla preparazione di una vera e propria società militarizzata in cui i professionisti della violenza permeeranno la cultura, il senso comune e il pensiero collettivo in modo da prepararci come consumatori al nuovo mercato che ci verrà propinato. Dunque attendiamoci nuove ondate di creazione ex novo del nemico: finora siamo alla russofobia, sinofobia e islamofobia condite da una buona dose di razzismo. Attendiamoci nuova paura come forma di controllo e indirizzamento sociale, per farci accettare questa nuova strutturazione del potere statale guidata dai nostri benamati enti sovranazionali per la Difesa (NATO) e la Pace (Unione Europea).

1 A. Burgio, M. Dinucci, V. Giacché, Escalation. Anatomia della guerra infinita, DeriveApprodi, Roma, 2005, p. 179.

ATTENZIONE!

Abbiamo poco tempo per reagire alla dittatura degli algoritmi.
La censura imposta a l'AntiDiplomatico lede un tuo diritto fondamentale.
Rivendica una vera informazione pluralista.
Partecipa alla nostra Lunga Marcia.

oppure effettua una donazione

Potrebbe anche interessarti

La resa (incondizionata) di Trump di Loretta Napoleoni La resa (incondizionata) di Trump

La resa (incondizionata) di Trump

E’ cupo per l‘Italia il cielo sopra Bengasi di Michelangelo Severgnini E’ cupo per l‘Italia il cielo sopra Bengasi

E’ cupo per l‘Italia il cielo sopra Bengasi

Medio Oriente: scelta tra caos e riequilibrio internazionale   Una finestra aperta Medio Oriente: scelta tra caos e riequilibrio internazionale

Medio Oriente: scelta tra caos e riequilibrio internazionale

"Un semplice incidente" e le (solite) fake news contro l'Iran di Francesco Santoianni "Un semplice incidente" e le (solite) fake news contro l'Iran

"Un semplice incidente" e le (solite) fake news contro l'Iran

Trump 2025: Nativi Americani e Immigrati sotto Pressione di Raffaella Milandri Trump 2025: Nativi Americani e Immigrati sotto Pressione

Trump 2025: Nativi Americani e Immigrati sotto Pressione

L'intrinseca debolezza dell'Impero americano di Francesco Erspamer  L'intrinseca debolezza dell'Impero americano

L'intrinseca debolezza dell'Impero americano

Quando il tennis oscura un genocidio di Paolo Desogus Quando il tennis oscura un genocidio

Quando il tennis oscura un genocidio

La Gran Bretagna tornerà nell'Unione Europea? di Gao Jian La Gran Bretagna tornerà nell'Unione Europea?

La Gran Bretagna tornerà nell'Unione Europea?

Resistenza e Sobrietà di Alessandro Mariani Resistenza e Sobrietà

Resistenza e Sobrietà

La scuola sulla pelle dei precari di Marco Bonsanto La scuola sulla pelle dei precari

La scuola sulla pelle dei precari

Necropolitica e Tanatopolitica di Giuseppe Giannini Necropolitica e Tanatopolitica

Necropolitica e Tanatopolitica

Vincolo esterno: la condizione necessaria ma non sufficiente di Gilberto Trombetta Vincolo esterno: la condizione necessaria ma non sufficiente

Vincolo esterno: la condizione necessaria ma non sufficiente

Democrazia senza popolo di Michele Blanco Democrazia senza popolo

Democrazia senza popolo

Lavrov e le proposte di tregua del regime ucraino di Paolo Pioppi Lavrov e le proposte di tregua del regime ucraino

Lavrov e le proposte di tregua del regime ucraino

O si e' contro la Nato o si e' sua complice di Giorgio Cremaschi O si e' contro la Nato o si e' sua complice

O si e' contro la Nato o si e' sua complice

Registrati alla nostra newsletter

Iscriviti alla newsletter per ricevere tutti i nostri aggiornamenti