-0,1%. È la “crescita” prevista per il PIL italiano tra il 2019 e il 2023¹.
La peggiore d’Europa.
Eccoli gli effetti del tanto celebrato Recovery Fund. Altro che pioggia di miliardi.
Non è un caso d’altronde che anche uno come Wofgang Munchau lo avesse definito “macroeconomicamente irrilevante”².
Irrilevante, però, non lo sarà politicamente.
Perché la vera dote del Recovery Fund non è il PNRR, ma il PNR.
Cioè il Piano Nazionale di Riforme.
Quelle che ci chiede l’Unione Europea, ovviamente.
Le solite riforme dal lato dell’offerta che porteranno disoccupazione, precariato, deflazione salariale e distruzione dello Stato sociale.
Aumento dell’età pensionabile e riduzione delle pensioni, tassazione su prima casa e risparmio (che colpirà soprattutto il ceto medio) e diminuzione della spesa pubblica (anche quella per il SSN, ovviamente).
D’altronde il Governo Draghi è nato proprio per questo.
Chi meglio di colui che firmò la lettera della BCE del 5 agosto 2011 in cui ci venivano imposte riforme lacrime e sangue poteva finire il lavoro di smantellamento dello Stato sociale?
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