Pubblicità reciproca sulla pelle dei migranti: Salvini e Repubblica, due facce della stessa medaglia

Pubblicità reciproca sulla pelle dei migranti: Salvini e Repubblica, due facce della stessa medaglia

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“Perché una nuova nave Acquarius arriverà presto. E a quel punto si pone una domanda: che fare?”

Subito dopo il noto caso della Ong francese, come AntiDiplomatico avevamo dedicato un approfondimento dal titolo “Acquarius, che fare ora?” raccogliendo una serie di interviste di esperti e amici del sito per orientarci meglio nella sfida epocale che stiamo vivendo. Vi invitiamo a leggere i vari contributi.


La domanda è attuale con un dibattito stucchevole e ipocrita che vede Salvini e Repubblica le due facce della stessa medaglia volto ad alimentare un circolo vizioso che serve solo ad auto-alimentare la loro pubblicità reciproca.
 

Di fronte al proliferare del razzismo incentivato da un ministro degli interni che preferisce giocare sulla vita di disperati invece di alzare la voce con i veri carnefici (Nato, Usa e colonialismo occidentale in particolare); di fronte all’ipocrisia stucchevole di chi utilizza l'Europa (dei muri totali, dell'arroganza dei miliardi di euro alla Turchia e delle sanzioni alla Siria stuprata) come modello di valori e di fronte alla assoluta impossibilità di giungere ad una soluzione concordata, la domanda resta la stessa: che fare?
 

La quasi totalità dei settanta milioni di sfollati e rifugiati di guerra, secondo le ultime stime dell’UNCHR, nel mondo rimane all’interno dei loro paesi o nei paesi confinanti. Una percentuale minima sono stati accolti in Europa negli ultimi anni. Per arrivarci, sono morti in mare a migliaia. Una tragedia senza fine.

 
In questo contesto, le guerre condotte dall’Occidente continuano a provocare esodi biblici, non solo di cittadini dei paesi bombardati o attaccati, ma anche di milioni di migranti che in quei paesi lavoravano. I rifugiati di guerra si intrecciano con il fenomeno dei migranti economici e climatico-ambientali, frutto degli sfruttamenti coloniali e neo-coloniali.
 

La questione richiederebbe per definizione risposte sovranazionali. Un paese da solo semplicemente non può. Di fronte all’egoismo degli “alleati” interni all’Unione Europea e la Nato, l’Italia cosa dovrebbe fare esattamente? Quello che hanno fatto, ad esempio, i leader della “sinistra” greca e spagnola Tsipras e Zapatero chiudendo in modo ermeneutico ogni accesso? Quello che fa il “liberal” Tradeau in Canada con una politica migratoria tra le più spietate del mondo? Quello che fa la civile Australia con i lager di Nauru e Manus? O quello che fece il “liberal” Clinton  con il famigerato muro?

 
Al momento, purtroppo, siamo fermi alle due facce della stessa medaglia: Salvini e Repubblica.
 

Partiamo da una riflessione per iniziare a capovolgere il mondo al contrario in cui viviamo. Ci sono questioni che per loro definizione devono essere appannaggio esclusivo delle scelte nazionali sovrane – politiche fiscali, valutarie, monetarie in primis – e che invece vengono prese da enti sovranazionali che tutelano solo interessi corporativi dell’alta finanza e delle transnazionali. Diritti sociali e condizioni di vita si deteriorano progressivamente per scelte intraprese al di fuori di Parlamenti e governi nazionali. Al contrario, ci sono questioni – quella migratoria in primis - che per definizione devono essere affrontate ad un livello sovranazionale e che invece vengono relegate ai singoli paesi.
 

Nel mondo al contrario contemporaneo, coloro che assaltavano l’ambasciata libica a Roma chiedendo l’invasione del paese e la morte di Gheddafi sono gli stessi che si ergono a paladini della questione morale dei profughi. Coloro che non hanno mai speso una parola per prevenire (e anzi hanno fatto di tutto per aizzarle) le guerre di aggressione, come le tante che Occidente e paesi del Golfo hanno condotto in questi decenni, sono gli stessi che si ergono a paladini morali dei profughi.


Ecco quindi l’appello è di capovolgere il mondo al contrario in cui viviamo. Prevenire le guerre d’aggressione occidentali è un modo sicuro per evitare oceani di dolore e il disfacimento di interi paesi, che poi costringe a moltiplicare le organizzazioni addette all'emergenza umanitaria, bellica e post-bellica. In particolare le centinaia di Ong che hanno preso l’appalto del business dell”umanitarismo” finendo spesso per fare il lavoro sporco nella destituzioni di governi antipatici all’occidente.


Un business che si autoalimenta. Per prevenire le guerre occorre anche combattere le menzogne che le favoriscono perché offrono pretesti di intervento a chi intende far guerra, in modo diretto o per procura, per ragioni geopolitiche o "religiose". Quando - e solo ogni tanto - le menzogne sono smascherate, è troppo tardi e un paese è già distrutto.

 
I responsabili sono noti. Partiamo da qui e con forza. E’ la criminale invasione della Libia che ha creato una nuova Somalia ai confini italiani e trasformato il Mediterraneo in un mare di sangue. Sono Francia, Regno Unito e Stati Uniti che devono in primis pagare il loro conto con la storia. Detto ancora più brutalmente: i morti sul Mediterraneo sono in primis responsabilità della Nato e dell’Unione Europea, le due facce più chiare di quell’imperialismo occidentale che ha trasformato milioni di cittadini nel mondo in profughi.


Siria e Libia prima della “cura” occidentale avevano il miglior sistema di Welfare di Africa e Medio Oriente. Agli interventisti umanitari fa comodo accusare oggi l’Italia - che in Libia, come ha ricordato l'allora ministro degli esteri Frattini, è stata trascinata riottosamente solo quando l’”alleato” francese ha minacciato di bombardare i nostri pozzi petroliferi nel paese – e non dire una singola parola sui veri carnefici. Ma il governo italiano se vuole davvero essere del "cambiamento" smetta di fare la voce grossa con i disperati che fuggono dalle miserie prodotte dal neo-colonialismo occidentale e l'agnellino con i veri responsabili.                                                                                  La Redazione

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