Pur di celebrare il settantesimo anniversario della NATO il Corriere ci racconta una storia surreale
Persino una edificante, quanto surreale, “Storia a Lieto Fine” pur di celebrare il settantesimo anniversario della NATO. Ce la rifila il Corriere della Sera che intervista l’ex profugo vietnamita Lapthe Chau Flora diventato generale, vice comandante del U.S. Army Africa “che sovrintende alle centinaia di soldati a Stelle e Strisce che hanno l’incarico di proteggere gli interessi Usa al di là del Mediterraneo.”
«Mi si spezza il cuore quando alla tivù vedo le immagini dei barconi e mi dispiace pensare che a quelle persone non vengano offerte le stesse opportunità che ho avuto io» dichiara il generale ricordando quando, nel 1979, stava lui su un barcone per scappare dal Vietnam del Sud. Ma perché scappava? «Ho sei fratelli e la mia era una famiglia che apparteneva alla media borghesia della città. (…) Quando avevo due anni, papà morì in battaglia e in pochissimo tempo ci ritrovammo a vivere in assoluta povertà, al punto che mia madre fu costretta a dare in adozione la mia sorellina più piccola (….) Nel 1975, quando i comunisti presero il potere, le cose peggiorarono ulteriormente. Non vivevamo più in un Paese democratico».
Ovviamente, neanche una parola su una guerra condotta dagli USA che ha ucciso quasi due milioni di vietnamiti, condannato all’invalidità un milione (per conteggiare solo quelli esposti all'Agente Orange), compromesso per secoli la produzione agricola… Neanche una parola di condanna, solo sperticati ringraziamenti per gli Americani che lo accolsero in America: «Li resi orgogliosi di avere fiducia in me (….) e capii subito una cosa: grazie alla cultura, in America, si può arrivare ovunque.»
E Lapthe Chau Flora, finalmente, è arrivato a coronare i suoi sogni. Ora dirige l’US Arm Africa Command, da dove potrà infliggere a qualche paese africano le stesse distruzioni e sofferenze toccate alla sua ex patria. E se qualche sopravvissuto approderà sulle nostre coste, speriamo almeno che non faccia la sua stessa carriera.
Francesco Santoianni