Riceveranno gli europei una visita del “signor Oreshnik”?

Le guerre odierne non sono conflitti isolati, ma manifestazioni di uno scontro globale per la futura spartizione del potere mondiale. Mentre Trump prepara un nuovo fronte in Estremo Oriente, gli analisti mettono in guardia l’Occidente e suoi alleati.

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Riceveranno gli europei una visita del “signor Oreshnik”?

 

di Alessandra Ciattini

Le guerre, cui assistiamo, non sono più il frutto di una guerra a pezzi, ma le manifestazioni di un conflitto globale, il cui risultato sarà una diversa spartizione del mondo. Il pacificatore Trump ha cambiato idea e sembra voler continuare ad appoggiare l’Ucraina, per poi aprire un fronte nell’Estremo Oriente. Due noti analisti statunitensi si chiedono se gli Usa e gli europei sono in grado di continuare su questa strada e se non hanno sottovalutato le capacità militari e politiche dei loro avversari. Se l’Occidente collettivo non riconoscerà la sua sconfitta, se non negozierà veramente con la Russia, se la Germania metterà in pratica i suoi piani deliranti, è probabile che prima o poi riceveremo una visita non gradita dell’unico missile di medio raggio supersonico non intercettabile: Oreshnik.

Purtroppo, sembra sia chiaro ormai che non siamo di fronte a una guerra a pezzi, come sosteneva il papa recentemente scomparso, ma a una guerra globale, giacché i diversi conflitti oggi attivi nel mondo (e ogni giorno ce n’è uno nuovo) sono tra loro in stretta connessione e riguardano la lotta del blocco dominante per mantenere il suo dominio, mentre altri blocchi si stanno costituendo e indipendizzando, portando avanti i loro progetti.

Dinanzi a questo scenario di minacce, di ricatti, di ultimatum lanciati soprattutto dagli Usa e da alcuni Paesi dell’Europa (come, per esempio, il trasferimento di alcune B61-12 nel Regno Unito da parte degli Usa), mi sembra opportuno ragionare per cercare di capire quanto ci sia di realistico dietro tutto ciò. E lo farò riportando i testi sintetici di due interviste assai interessanti, la prima a Scott Ritter, ex ufficiale dell’intelligence dei marines statunitensi ed ex ispettore delle Nazioni Unite per le armi, la seconda a Larry Johnson, ex analista di intelligence della Cia. Insomma, due veri amerikani.

A parere di Ritter l’ultimatum di 50 giorni alla Russia, pronunciato da Trump e da questa ignorato, per fare la pace con Zelensky è destinato a fallire. Esso include la continuazione dei rifornimenti di armi comprate negli Usa, per far pagare la guerra agli europei, e la separazione della Russia dai suoi alleati, che riceverebbero sanzioni del 100% se continuassero a commerciare con il grande Paese euroasiatico. L’ex marine indica dettagliatamente i punti deboli del piano, cominciando col sottolineare che le 17 batterie Patriot (missile terra-aria di difesa tattica), promesse da Trump, non sono disponili al momento e forse l’esercito ucraino potrebbe ricevere qualcosa solo nel 2026.

Nel frattempo, la Russia sta lanciando centinaia di droni sull’Ucraina e ne sta aumentando la produzione: in una fabbrica in Tatarstan si producono 1.000 droni al giorno che, quindi, prima o poi saranno lanciati. Le sanzioni non sembrano preoccuparla, giacché il mercato finanziario russo è aumentato del 2,7%.

Quanto, invece, alle sanzioni secondarie contro Cina, India, Brasile e altri Paesi che comprano il petrolio russo, secondo Ritter la Cina è decisa a sostenere fino in fondo la Russia, perché è convinta che se la Nato non fosse sconfitta in Ucraina, comincerebbe a occuparsi di Taiwan. Pertanto, l’Ucraina e l’isola cinese fanno parte di uno stesso conflitto, essendo la Russia la retroguardia della Cina e viceversa. Agli europei, che hanno approvato il diciottesimo pacchetto di sanzioni contro la Russia, includendovi tre aziende cinesi, i rappresentanti del Paese asiatico hanno detto: “Se volete davvero suicidarvi fate pure, ma noi reagiremo duramente. Vi metteremo al tappeto, ripensate a quello che state facendo”. E hanno ragione perché né Europa né Usa hanno carte da giocare contro la Cina. Le sanzioni imposte da Trump alla Cina ad aprile sono state prorogate ad agosto e questa, senza tanto chiasso, ha interrotto le forniture di terre rare e materiali magnetici agli Stati Uniti, distruggendo la base dell’industria automobilistica Usa.

A giugno è stato negoziato un nuovo accordo indispensabile perché gli Usa hanno bisogno della Cina, la quale in qualsiasi momento può sospendere i rifornimenti. Lo stesso atteggiamento ha assunto il Brasile, mentre l’India non potrà continuare a vacillare, perché il suo futuro è nei Brics.

L’unica spiegazione accettabile della pausa di 50 giorni stabilita da Trump l’ha data Seymour Hersh in un suo recente articolo, in cui scrive che in questo lasso di tempo gli Usa vogliono liberarsi di Zelensky per sostituirlo, forse, con l’ex comandante Valerij Zaluznij, non gradito ai russi per le sue simpatie naziste, ora a Londra dove sembra viene addestrato dai servizi segreti britannici. Pertanto, dopo aver eliminato Zelensky, bisognerà fare le elezioni, se si vuole procedere verso la pace.

In realtà, né Trump né i suoi hanno le idee chiare sull’Ucraina, immaginano di arrivare a un cessate il fuoco incondizionato, ossia al congelamento del conflitto senza rimuoverne le cause. Trump è un narcisista, un egomaniaco che vuole apparire come colui che ha fatto finire una guerra.

Non ha alcun senso, come fa Hegseth, segretario della Difesa e già conduttore televisivo, affermare che si faranno concessioni alla Russia, perché i territori da essa rivendicati sono già nelle sue mani. Allo stato attuale, Kherson, Zaporizia, Donetsk e Lugansk fanno già parte della Federazione Russa.

Inoltre, i politici Usa devono riconoscere che sono stati gli Stati Uniti a iniziare questa guerra, le cui origini rimandano al primo mandato di Trump, quando, nel 2015, gli Usa hanno cominciato ad addestrare i soldati ucraini per mandarli nel Donbas. Purtroppo, aggiunge Ritter, il conflitto continuerà fino a che la Russia non distruggerà completamente l’Ucraina e fino a che l’Europa non si autodistruggerà.

L’altro grave problema è che Zelensky non è da tempo il presidente legittimo dell’Ucraina e, quindi, non è nelle condizioni di firmare un trattato internazionale, di qui l’ineludibile necessità di sostituirlo. D’altra, parte, sull’acquisto delle armi per Ucraina c’è molta perplessità, solo Germania e Regno Unito, che hanno stipulato un patto tra loro, sono i tenaci sostenitori della guerra. Ma la Germania non ha un vero esercito ed entrambi i Paesi dovranno incrementare i tagli delle spese sociali per armarsi, facendo regredire l’Europa al livello di un Paese del Terzo Mondo. Starmer e Merz sono degli irresponsabili: il secondo vorrebbe ripetere meglio la già tragicamente fracassata Operazione Barbarossa, avendo un esercito fatto di uomini grassi, che bevono birra, mangiano schnitzel e non sono in grado di portare in giro uno zaino di 50 kg. La Wehrmacht, di ben altro livello, fu distrutta dall’Armata Rossa.

Tuttavia, l’ex marine spera che, al più presto, britannici e tedeschi si liberino di questi due politicanti incapaci che non hanno ancora capito che l’Europa non conta più nulla. E ciò nonostante il generale, comandante delle forze europee, Christopher Donahue, ha vaticinato che la Nato potrebbe entrare a Kaliningrad, senza pensare che pochi minuti dopo ci sarebbe la rappresaglia nucleare russa che farebbe semplicemente scomparire l’Europa.

 

Data la complementarità tra l’economia russa e quella europea, la Russia ha cercato l’integrazione, ma è stata respinta e la Nato è avanzata sempre più ai suoi confini. E ora si paventa addirittura una sua prossima invasione da fermare con un esercito moderno e ben addestrato, ma la Germania dove li trova 500.000 volontari giovani, fisicamente idonei e fortemente motivati da mandare al macello? E a vantaggio di chi? Aggiungo io.

Riassumiamo ora brevemente l’intervista rilasciata da Larry Johnson, ex analista di intelligence della Cia, per comparare le opinioni di questi due importanti commentatori sul nostro prossimo destino, che sembrerebbe determinato da chi la guerra la vuole fare ma, probabilmente, sopravvaluta i suoi mezzi.

Johnson comincia la sua conversazione col dire che Trump, che voleva essere un pacificatore, è diventato un presidente di guerra fallito, dato che non gli va bene né in Medio Oriente né nel conflitto contro la Russia. Per ora, ha ottenuto soltanto che Russia, Cina e Iran intrattengano tra loro relazioni sempre più strette, che implicano anche la dimensione militare.

A suo parere è affascinante che, generalmente, i cittadini statunitensi votino per candidati presidenziali che promettono la pace, come Obama e Trump, ma che non mantengono mai le loro promesse. Per esempio, quest’ultimo continua a sostenere Israele, Paese piccolo, con risorse limitate, che ha perso parte della popolazione fuggita per la guerra, il quale, nonostante i sostanziosi aiuti militari, non è riuscito a sconfiggere Hamas, dotato di armi leggere, esplosivi fabbricati dai suoi militanti. Questi si scontrano con un esercito moderno che ha carri armati, artiglieria, elicotteri, aerei, sistemi di intelligence. Ma Israele, colpito sia dall’Iran che dagli Huthi, non riesce a sconfiggerli, mentre continua l’orribile genocidio dei palestinesi, che ormai non può essere negato. Se ne sono accorti persino quei tristi personaggi che ogni giorno frequentano la Rai (aggiungiamo noi).

Dinanzi a questi drammatici eventi Johnson osserva che la tensione emotiva aumenta persino nello Stato sionista, dove si accresce il numero dei suicidi tra i soldati o i riservisti israeliani, afflitti dal senso di colpa per quello che sta succedendo a Gaza e a cui loro hanno partecipato. Eppure, il governo continua la sua politica espansionista attaccando la Siria e minacciando ancora l’Iran, che ha mandato a Mosca un inviato per consolidare le relazioni tra i due Paesi, considerati insieme alla Cina i peggiori nemici del cosiddetto Occidente collettivo.

In questo contesto, secondo l’ex analista della Cia sembrerebbe che la Terza Guerra mondiale sia già cominciata ma, al suo interno, il caso del Medio Oriente è unico, giacché è il luogo in cui si stanno scatenando varie guerre nello stesso momento. Il progetto era quello di far fuori Assad, amico dei russi, ma lo hanno sostituito con un personaggio che non ha nessuna relazione con il Paese e con i suoi vari gruppi, l’ex terrorista al-Shara, né hanno pensato al futuro della Siria. È come se avessero colpito una palla di mercurio con un martello: la palla si è divisa in mille frammenti, e da ciò è sorta la lotta di tutti contro tutti, o meglio, il caos totale. E né gli Usa, né i britannici, né Erdogan sono in grado di fare qualcosa, se non di prolungare questo tragico caos in cui si confrontano musulmani, cristiani, drusi, etc. e in cui interviene anche Israele.

D’altra parte – continua Johnson – tutte le guerre innescate in Medio Oriente hanno creato solo caos, di cui approfittano gli Usa per sfruttare impunemente le risorse dei Paesi coinvolti. Ma questo atteggiamento non è frutto di una visione strategica, si agisce in maniera cieca sperando che tutto vada bene. La Russia e la Cina hanno ben compreso che gli Usa non tollerano la loro crescente rilevanza e hanno deciso di staccarsi dal sistema finanziario occidentale. Si ha notizia che Mosca stia dando vita a un suo mercato globale dell’oro, per vendere e comprare oro senza passare attraverso Londra, ha creato anche un suo sistema di assicurazioni marittime per sfuggire alle restrizioni imposte. Sembra anche abbastanza chiaro che Russia e Cina hanno bisogno dell’alleanza con l’Iran, per mantenere la loro presenza nell’Asia occidentale e per contrastare gli occidentali. Dopo gli attacchi Usa del 13 giugno l’Iran sembra più disposto a collaborare con i due grandi Paesi, uno dei quali, la Cina, gli ha mandato aerei da combattimento, che saranno utili nei futuri scontri con Israele.

Secondo Johnson, il nucleo del pensiero strategico occidentale starebbe nel provocare al nemico tutto il male possibile, senza comprendere che quest’ultimo trova sempre un’alternativa alle limitazioni e alle sanzioni imposte, fino a che comincerà a prosperare senza aver più bisogno di lui, che rimarrà sempre più isolato. Inoltre, gli ultimi eventi hanno mostrato che né gli Usa, che a causa degli Huthi si sono dovuti ritirare dal Mar Rosso, né Israele sono invincibili, come si pensava ed è su questa base che si è voluta provocare la guerra in Ucraina.

Oggi, la Russia possiede il migliore sistema di difesa aerea, la cui efficienza è stata dimostrata proprio nello scontro con la Nato, e Israele, nonostante lo neghi, è stato colpito seriamente dall’Iran che, collaborando con la Russia, potrà avere accesso ad armamenti più avanzati. Nello stesso tempo l’economia russa cresce del 4,4%, incrementa la produzione militare e il reclutamento, mentre le economie europee sono stagnanti a causa dell’aumento del prezzo dell’energia, la Germania sta perdendo industrie e molti imprenditori si sono trasferiti negli Usa. Invece, per quanto riguarda l’Ucraina, non ha personale qualificato, non è in grado di produrre armi e perciò dipende dalla Nato che ha problemi a continuare i rifornimenti, nonostante le tante chiacchere.

Inoltre, vi è una spaventosa sproporzione tra il numero dei morti ucraini e quello dei morti russi e gli uomini reclutati a forza per le strade non hanno nessuna preparazione militare. Poi, occorre fare un confronto sui costi: il drone russo Geran-2 costa circa 50.000 dollari, mentre la batteria di missili Patriot per abbatterlo deve impiegare quattro missili, ognuno dei quali costa milioni di dollari, circa 28 milioni di dollari per colpire un drone da 50.000. Ovviamente, si tratta di un conflitto economicamente insostenibile, come era, del resto, quello con gli Houthi, senza parlare dei tempi necessari alla costruzione di questi apparati.

Secondo Johnson, gli Usa non hanno nessun sistema di armi, a parte quello nucleare, da fornire per far fronte a questi attacchi. E sanno che se fornissero le bombe atomiche, che gli ucraini non saprebbero manovrare, non rimarrebbero indenni, l’Atlantico non è più sufficiente a difendere il Paese. Recentemente è venuto fuori che il Russia Gate, l’interferenza russa nelle elezioni americane, era una frode totale, che è servito a giustificare il reclutamento di terroristi contro il Paese euroasiatico e l’addestramento dei servizi segreti ucraini. Ciò era noto già nel 2016: Trump dava fastidio per la sua idea di sganciarsi dalla Nato, idea bizzarra perché gli Usa sono il maggiore sovvenzionatore di questa organizzazione militare.

Sicuramente Putin vorrebbe la fine della guerra, ma vorrebbe anche che le sue ragioni venissero tenute in conto, ma ciò non avviene e si continua a combattere per tenere impegnata la Russia, sperando di indebolirla. Del resto, se si prendessero sul serio, da un lato si riconoscerebbe l’infondatezza di questa guerra, dall’altro si ammetterebbe la sconfitta, cosa che la classe transatlantica non può nemmeno lontanamente immaginare e, pertanto, continua a blaterare sulle minacce dell’Orso russo. Ma c’è un altro aspetto saliente di tutta la questione: se si facesse la pace e, quindi, si normalizzassero le relazioni con la Russia, il complesso militare industriale occidentale perderebbe i suoi lauti profitti.

A questo punto non resta che domandare all’ex analista della Cia: gli Usa hanno le armi da vendere e gli Europei hanno il denaro per comprarle? Di fatto, Johnson ha già dato alcune informazioni su questo tema, ma entra maggiormente nel dettaglio. Per costruire una batteria Patriot ci vuole un anno, 18-24 mesi per un Caccia F35, lo stesso tempo per un carro armato M1 Abrams etc. Ogni anno si fabbricano 550 missili Patriot e si spera di giungere a 700.

Questo è nulla se si pensa che i russi hanno lanciato negli ultimi tempi 550 droni al giorno, per cui sarebbe necessario avere a disposizione 3.000 missili Patriot (ce ne vogliono 4 per colpire un drone), che non esistono. Quanto ai proiettili di 155 millimetri, se ne producono mezzo milione l’anno, mentre la Russia ne produce un milione al mese, senza parlare, poi, degli altri suoi sofisticati armamenti. L’Occidente ha esaurito le sue scorte, ha perso egemonia e legittimità politica, e si sta consumando anche economicamente. Parlare di guerra, come ha fatto recentemente Trump, è dunque frutto di una visione irrealistica e delirante, partorita da una classe dirigente divisa e che ha scatenato una guerra commerciale tra i suoi Paesi.

Cosa ci prepara il futuro? Certamente arriveranno in Europa altri numerosissimi rifugiati ucraini, che si dirigeranno verso Polonia, Romania etc. La Russia prenderà il controllo di Kiev e di Odessa e si fermerà solo dopo aver conquistato la Transnistria. A questo punto, l’Occidente dovrebbe ammettere la sconfitta e decidere di negoziare veramente con la Russia per stabilire un accordo di sicurezza per tutta l’Europa e accettare la proposta che Putin fece a Biden nel 2021, rifiutata da quell’idiota di Blinken. Tramite elezioni verrà stabilito un nuovo governo in Ucraina non ostile alla Russia.

Questa è l’ipotesi positiva, ma ne esiste un’altra di tutt’altro segno, che possiamo ricavare dai discorsi guerrafondai e retorici di Merz e dei suoi generali, i quali non hanno capito che la Russia risponderà a tutti gli attacchi, specialmente se fatti con missili di lunga gittata, da parte delle forze della Nato. Se questo avvenisse, sarebbe possibile una visita ai centri militarmente rilevanti della Germania, della Francia, del Regno Unito del signor Oreshnik, l’unico missile ipersonico di raggio intermedio, che non può essere fermato da nessun sistema di difesa al mondo. Dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica, la Russia avrebbe voluto stabilire buoni rapporti con l’Occidente, mentre quest’ultimo pretende di escludere questo grande Paese dal suo orizzonte senza preoccuparsi delle conseguenze di ciò, mormorando tra sé Aprés moi le déluge!

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