Salario minimo in terra pisana. Le pie illusioni del centrosinistra

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Salario minimo in terra pisana. Le pie illusioni del centrosinistra

 

di Federico Giusti e Emiliano Gentili

Come già scritto a proposito dell’adozione del salario minimo comunale a Genova e in altre città, l’intento delle delibere che lo istituiscono non è realmente quello di imporre un limite minimo di retribuzione salariale nelle gare d’appalto: la soglia minima dei 9 € viene inserita nei bandi di gara soltanto come elemento premiale[1].

Non trattandosi, perciò, di un limite realmente «inderogabile», di norma nelle delibere di questo tipo viene definito e predisposto un sistema di controllo sugli appalti, «tramite un Protocollo d’Intesa fra istituzioni territoriali, INPS, ASL, Agenzia delle Entrate, Prefettura, Questura e i vari corpi dello Stato, parti sociali (associazioni datoriali e sindacati firmatari maggiormente rappresentativi)»[2]. La funzione di questo sistema sarebbe proprio quella di vigilare sull’applicazione del salario minimo, ma su questo punto la delibera del Comune di Pontedera differisce da quelle approvate nelle altre città. Sembra molto più orientata a tutelare l’effettiva applicazione dei 9 € tramite un rapporto di collaborazione istituzionale con le organizzazioni sindacali firmatarie degli accordi, piuttosto che per mezzo di un sistema di controllo.

Se leggiamo con attenzione le varie delibere di Giunta via via approvate, infatti, troviamo sempre il riferimento a contratti nazionali siglati dalle organizzazioni “maggiormente rappresentative”, alle quali è demandato il compito di stabilire la paga oraria sotto la quale non scendere. Purtroppo, però, parliamo di sindacati che negli ultimi anni hanno spesso rinnovato contratti nazionali anche al di sotto dei 9 €:

La Fondazione studi dei consulenti del lavoro ha condotto uno studio sui 63 contratti collettivi di lavoro più rappresentativi «pescati» dentro ai 946 depositati al Cnel. «Più rappresentativi» vuole dire quelli applicati al maggior numero di lavoratori all’interno di una categoria. Si tratta di contratti firmati quindi non da sindacati pirata ma da Cgil, Cisl e Uil e dalle principali associazioni delle imprese, da Confindustria a Confcommercio. Il risultato è il seguente: 22 contratti su 63 [senza considerare il contratto della vigilanza], oltre un terzo, garantiscono una retribuzione oraria sotto i 9 euro lordi (nel calcolo si è tenuto conto della quota di Tfr, 13esima e 14esima). (…) In tutto, gli addetti coperti dai 22 contratti sotto i 22 euro l’ora sono oltre 2 milioni (2.075.815). Oltre due terzi dei tre milioni di lavoratori sotto i 9 euro stimati dall’Istat.[3]

In sostanza non si si supera l’equivoco di fondo, quello che aveva caratterizzato l’intervento del Cnel e su cui, pure, eravamo intervenuti[4]: si dà per scontato che i contratti nazionali firmati dai sindacati rappresentativi siano il parametro di riferimento adeguato a stabilire un equo salario. Se così fosse, però, non avremmo avuto per 40 anni i salari in continua perdita di potere d’acquisto, dati alla mano[5].

  1. Il criterio dei 9 € l’ora

La Delibera 135/2025 del Comune di Pontedera prevede l’introduzione di un «salario minimo garantito negli appalti affidati dal Comune corrispondente ad una retribuzione minima di 9 euro l'ora, attraverso l'applicazione di criteri premiali per gli operatori che si impegnino a rispettarlo e nelle procedure di gara aggiudicate con il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa». Il criterio citato è quello giusto: l’alternativa sarebbe stata quella dell’offerta più bassa, ma il calcolo dell’“offerta economicamente più vantaggiosa” include una valutazione sulle caratteristiche tecniche dell’offerta. Tuttavia anche in questa impostazione vi sono dei limiti, in quanto si subordina qualsiasi criterio premiale (come, per l’appunto, quello del salario minimo) a una valutazione di ordine più generale sul rapporto qualità/prezzo: il salario minimo migliora la qualità tecnica dell’offerta ma ne peggiora l’economicità, prevedendo costi più alti. La difficoltà, da parte delle imprese, a sostenere tali costi potrebbe pregiudicare la diffusione del salario minimo e impedire che migliori l’impiego del cosiddetto “lavoro povero”. Non è vero quanto affermato nel testo della Delibera, ossia che verrebbe «garantita una soglia minima inderogabile di 9 euro all’ora»: le tutele nei confronti dei lavoratori «non sono imposte con un provvedimento amministrativo autoritativo, ma sono liberamente accettate dall’imprenditore che sceglie di partecipare alla gara».

Essendo, Pontedera, un piccolo comune, dobbiamo considerare possibile che l’amministrazione attribuisca al criterio premiale dei 9 € un peso determinante per l’aggiudicazione delle gare d’appalto. Sarebbe essenziale, pertanto, vigilare sulla pubblicazione dei prossimi bandi di gara e, se fosse il caso, evidenziare anche di fronte alla cittadinanza la necessità di una forma di controllo “dal basso”.

Un ultimo aspetto interessante riguarda la specificazione che il salario minimo andrebbe applicato non solo negli appalti per manodopera, ma anche nei casi di appalti per «servizi e forniture oggetto di appalti pubblici e concessioni». Indire un bando per servizi e forniture, anziché per manodopera, è uno dei modi che gli imprenditori usano per abbassare il costo del lavoro impiegato. Tuttavia il citare l’esistenza di questi tipi di bandi senza vincolare realmente le imprese all’applicazione dei 9 € riduce il tutto a un misero effetto comunicativo. Manca difatti una norma d’indirizzo contro l’abuso sulle tipologie di appalto, possibilmente definibile tramite un protocollo d’intesa tra Comune, Prefettura e associazioni sindacali. Certo, cercando sul sito dell’Anac[6] esce subito fuori un bando da 10.000 € circa che il Comune di Pontedera ha affidato per “servizi”, nonostante avesse come oggetto interventi manutentivi e di riparazione…[7] Tuttavia, la citazione degli appalti per servizi e forniture nel documento è un aspetto positivo e apre all’interlocuzione politica su questo punto.

  1. Rafforzare la bilateralità amministrazione-sindacati confederali

La Delibera parte da una tesi politica: l’esistenza del lavoro sottopagato è conseguenza del fatto che nei settori interessati sia «più debole il potere contrattuale delle organizzazioni sindacali». Su questo punto il Comune di Pontedera è particolarmente allineato con la politica nazionale, in particolare col DdL 957, appena approvato in Parlamento e in via di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale. Tale norma stabilisce che la retribuzione minima andrà individuata nella retribuzione indicata dai contratti maggiormente rappresentativi del settore, cancellando in tal modo la possibilità di un salario minimo universale. Dunque, oltre a un vero salario minimo a nostro parere andrebbe rivendicato anche l’inserimento di una clausola che salvaguardi la democrazia nei luoghi di lavoro aprendo al riconoscimento dei sindacati presenti in azienda a prescindere dalla loro rappresentatività nazionale.

Tornando al testo della Delibera, il rafforzamento della bilateralità fra amministrazione pubblica e sindacati viene ottenuto in vari modi:

- la lettera “A” della Delibera stabilisce che a norma di bando venga applicato il Ccnl «stipulato dalle organizzazioni datoriali e sindacali comparativamente più rappresentative, salvo restando i trattamenti di miglior favore». Di Ccnl “pirata” e che stabiliscono retribuzioni misere ve ne sono molti e, a titolo d’esempio, in un precedente lavoro ne avevamo citato uno sottoscritto dalla sola Uil[8], che aveva firmato paghe da 7,69 €/ora lorde per un 3° livello. Tale contratto viene tuttora applicato in alcuni bandi sanitari del Comune di Roma, nonostante non vi sia mai stato un rinnovo contrattuale. Inoltre bisogna ricordare che il potere ricattatorio delle imprese aggiudicatrici degli appalti nei confronti dei propri dipendenti è molto alto e che allo stesso tempo i loro margini di manovra economici sono alla fine assai stretti: questo inficia la possibilità di ottenere l’applicazione del trattamento di miglior favore dopo l’aggiudicazione dell’appalto, mentre in fase di gara in genere la stazione appaltante indica un contratto nel bando e le imprese hanno la facoltà di proporne uno equivalente, senza che nessuna delle due parti sia realmente vincolata a cercare il Ccnl «di miglior favore». Ricordiamo, infatti, che una delibera comunale è un atto amministrativo, non legislativo, in quanto l’amministrazione comunale fa parte del potere esecutivo, mentre il legislativo è in capo al Governo nazionale;

- la lettera “H” impegna l’amministrazione comunale a «organizzare incontri con le organizzazioni sindacali al fine di verificare come raggiungere l’obiettivo per l’Amministrazione Comunale che tutti i contratti in esser prevedano un trattamento economico minimo inderogabile pari a 9 euro l’ora». Ci sembra positivo che non si tratti di incontri trilaterali Comune-sindacati-imprese;

- a pagina 4 si richiama la Circolare dell'Ispettorato Nazionale del Lavoro n. 2/2020, secondo cui l’equivalenza contrattuale (che stabilisce che il contratto proposto dall’impresa possa essere applicato, in quanto “equivalente” a quello indicato nel bando) si basa sulla comparazione tra «un CCNL c.d. “leader” e i “trattamenti” garantiti da un datore di lavoro che applica altro contratto». Con ciò a nostro parere il Comune ha voluto “blindare” politicamente la contrattazione, indicando i Ccnl firmati dai sindacati “maggiormente rappresentativi” come unico orizzonte contrattuale.

A conclusione del nostro ragionamento possiamo asserire che la particolarità della Delibera del Comune di Pontedera sta proprio nell’esprimere la volontà politica di rafforzare la relazione bilaterale coi sindacati confederali. Sul resto ricalca più o meno quanto fatto già in altri comuni italiani. Per un ulteriore approfondimento rimandiamo nelle note al nostro lavoro sul salario minimo a Genova[9] e a un altro studio più generale[10].

[1] Un elemento premiale fornisce punteggio extra ai fini dell’aggiudicazione della gara.

[2] E. Gentili, F. Giusti, Salario minimo a Genova: un’analisi critica, https://diogenenotizie.com/salario-minimo-a-genova-unanalisi-critica/#:~:text=Secondo%20poi%20bisogna%20tenere%20presente,0%2C10%E2%82%AC%20per%20anno.

[3] R. Querzè, Salario minimo, i 22 contratti di Cgil, Cisl e Uil sotto i 9 euro lordi, «il Corriere della Sera», 21 Luglio 2023.

[4] Cfr. E. Gentili, F. Giusti, CNEL e salario minimo, https://www.lafionda.org/2023/10/16/cnel-e-salario-minimo/

[5] Cfr. E. Gentili, F. Giusti, S. Macera, Rapporto Oil sui salari: un bagno di realtà, https://cub.it/rapporto-oil-sui-salari-2025-26/

[6] Autorità Nazionale AntiCorruzione.

[7] https://dati.anticorruzione.it/superset/dashboard/dettaglio_cig/?cig=B80629D4CB

[8] Cfr. Ccnl SAFI, Servizi Ausiliari, Fiduciari e Integrati resi alle imprese pubbliche e private.

[9] E. Gentili, F. Giusti, Salario minimo a Genova: un’analisi critica, https://diogenenotizie.com/salario-minimo-a-genova-unanalisi-critica/#:~:text=Secondo%20poi%20bisogna%20tenere%20presente,0%2C10%E2%82%AC%20per%20anno.

[10] E. Gentili, F. Giusti, Salario Minimo: il punto della situazione, https://www.sinistrainrete.info/lavoro-e-sindacato/31218-federico-giusti-e-emiliano-gentili-salario-minimo-il-punto-della-situazione.html

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