Se un giornalista 'scomodo' fosse stato fatto a pezzi in un consolato russo, venezuelano o iraniano, cosa sarebbe successo?

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Se un giornalista 'scomodo' fosse stato fatto a pezzi in un consolato russo, venezuelano o iraniano, cosa sarebbe successo?

 

Ma cosa sarebbe successo se fosse stato fatto a pezzi un dissidente in un consolato russo, venezuelano o iraniano? Una maratona televisiva a reti unificate? Espulsione di diplomatici? Saviano e la Boldrini che si dimenano sfrenati girando intorno al fuoco? Una pronta guerra umanitaria? Non osiamo immaginarlo. E dire che la notizia l’ha diffusa il New York Times!


Francamente, appare davvero inverosimile che questo Khashoggi (“blogger dissidente che si era autoesiliato negli Stati Uniti”) sia stato fatto fuori per ordine del regnante saudita bin Salman, il quale sta spendendo miliardi di dollari per promuovere (anche tramite media italiani) l’immagine del suo regno. E non si capisce proprio perché mai - così come proclama il New York Times seguito da tutti i media – i sauditi avrebbero mandato nel loro consolato a Istanbul “uno squadrone della morte e anche un medico legale esperto di autopsie, per aiutare a smembrare il cadavere”. Molto probabilmente, invece, dietro questo omicidio c’è una faida interna alla famiglia reale e, forse, la mano dello stesso governo turco. Ci torneremo sopra.


Intanto, godiamoci lo spettacolo dei media italiani che, davanti ad un crimine così efferato, non sanno che pesci pigliare. Sanzioni all’Arabia Saudita? Neanche a parlarne. È il nostro principale acquirente di armi. Un business che con il massacro che sta conducendo nello Yemen è sempre più lucroso. Soprattutto per chi, qui da noi, ci raccatta sopra mazzette e Rolex.


Francesco Santoianni

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