Post su Facebok che rischiano di inquinare la democrazia? Nessun problema: a sradicarli ci penserà ora l’Arabia Saudita.
Post su Facebok che rischiano di inquinare la democrazia? Nessun problema: a sradicarli ci penserà ora l’Arabia Saudita. A rivelarlo una inchiesta della giornalista Katie Harbath che documenta di una davvero sconcertante partnership tra Facebook e il Digital Forensic Research Lab dell’Atlantic Council finalizzata a “neutralizzare le campagne di disinformazione in tutto il mondo”.
Ma che cos’è l’Atlantic Council? Come recita la sua brochure: “un think tank americano con sede a Washington, D.C. il cui scopo è promuovere la leadership americana e promuovere accordi internazionali basati sul ruolo centrale della comunità atlantica". Curioso che questo “think tank americano” sia, sostanzialmente, una potentissima lobby dell’Arabia Saudita (ufficialmente, spende “11 milioni di dollari per esercitare influenza diretta ai media e ai membri del Congresso USA e 1,3 milioni per le attività collaterali”). Chissà ora quanto spenderà per sradicare la “disinformazione” su Facebook.
In attesa di saperlo - sempre a proposito di lobby dell’Arabia Saudita e media - una piccola autocitazione. Quattro mesi fa su l’Antidiplomatico avevamo scritto di una strana enfatizzazione del “rinnovamento democratico in Arabia Saudita”, portata avanti da Repubblica; campagna culminata nella (per noi, una bufala) concessione della “patente alle donne”. Oggi proprio Repubblica ci riferisce che cinque attiviste saudite che si battevano per il diritto delle donne a guidare sono state messe in galera; aggiungendo, comunque, che “Fra poco più di un mese la storica svolta voluta dal principe ereditario che abolirà il divieto per le donne di mettersi al volante. Ma il blitz getta ombre sulla reale volontà di metterla in pratica.”
Peccato che del “democratico” principe ereditario Mohammed bin Salman (già distintosi per sequestrare altri scagnozzi della famiglia reale per farsi consegnare i loro averi) da un mese non si abbiano notizie. Né altro.
Francesco Santoianni