Tattica e strategia: una lettura degli indulti in Venezuela

Tattica e strategia: una lettura degli indulti in Venezuela

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di Franco Vielma - Mision Verdad
 

Il quadro politico in Venezuela sta presentando un'evoluzione accelerata in questi giorni, ora, attraverso l’indulto che il presidente Nicolás Maduro ha concesso a più di 100 leader e attivisti antichavisti che sono stati rilasciati dal carcere, o erano ricercati dalla giustizia venezuelana e persino alcuni che si sono dichiarati "perseguitati" senza procedimenti penali contro, alcuni fuggiti all'estero.

 

Dando per scontati i dettagli di questo provvedimento, è evidente che il chavismo mira ancora una volta a creare zone di distensione con gli oppositori, sotto lo slogan della "riconciliazione", ma che si pone come obiettivo di mobilitare quante più forze anti-chaviste possibili alle prossime elezioni parlamentari.

 

La replica della strategia di dialogo con gli avversari, come quella realizzata nel 2017, questa volta ha nuove peculiarità. È avvenuta dietro le quinte, ci sono fattori esterni al Paese coinvolti, nel mezzo di un blocco economico serrato e minacce di guerra frontali e la crisi dei partiti è trasversale e profonda, per una frammentazione quasi totale dell'opposizione, che rende in salita il consolidamento degli accordi con una parte di essi.

 

Il chavismo, dal suo lato, ha creato una divisione tra i suoi sostenitori. Da una parte c'è sostegno e, dall'altra, stupore e indignazione.

 

Per Maduro la scommessa è più alta e si ispira ai risultati che questa strategia ha generato negli anni precedenti, che le conferiscono fattibilità politica. Spieghiamo la questione in modo panoramico.

 

Il saldo delle distensioni precedenti

 

Nel 2017 il Venezuela era sull'orlo di una guerra civile e l'opposizione, in piena forza, prometteva di raggiungere Miraflores minacciando la stabilità nazionale e cercando di rompere il quadro istituzionale.

 

Il chavismo elesse l'Assemblea Nazionale Costituente (ANC) per preservare l'istituzionalità, ma ci sono stati dialoghi aperti e chiusi con l'opposizione. I suoi leader, trovandosi immersi in una fallita strategia golpista, dovettero manovrare il loro ritorno alla politica. Hanno chiesto che l'ANC fosse smantellata, Maduro non ha ceduto, anche se lo ha fatto su altri fronti, come il rilascio di criminali detenuti.

 

Questi dialoghi hanno pacificato il paese, sono state concordate le elezioni successive e lo scenario prebellico e altamente instabile è stato diluito nelle elezioni regionali e municipali che il chavismo ha capitalizzato senza dubbio, dando al chavismo una governance impensabile durante i primi mesi di quell’anno.

 

L'opposizione che aveva vinto formidabilmente le elezioni parlamentari del 2015 ed era stata unita nella violenza del 2017, è andata in pezzi. La catastrofe è stata principalmente narrativa, poiché hanno promesso un colpo di Stato e si sono addomesticati nei dialoghi quando hanno visto che il loro golpe era fallito. I loro sostenitori delusi li abbandonarono. Successivamente il naufragio si è tradotto in voti persi e si conoscono già i risultati.

 

Quella strategia, di dialoghi, liberazioni ed elezioni, ha avuto altri stimoli a medio e lungo termine. Il peggior risultato che hanno ottenuto è stata la loro divisione, che è perdurata, nonostante l'immaginaria incoronazione di Guaidó nel 2019.

 

Conosciamo già il resto della storia, con gli statunitensi che guidano apertamente ciò che Mike Pompeo ha dichiarato molto difficile da unire: l'opposizione venezuelana.

 

È noto che il chavismo ha dovuto calibrare i suoi costi in politica profonda, articolando strategie e applicando, contro molte probabilità, concessioni sullo scacchiere politico, sì, esercitando sempre la sua posizione dominante e rafforzandosi nel suo centro di gravità politica. Per il chavismo, il dialogo funziona come un meccanismo politico e, oggi, indiscutibilmente, continuiamo ad essere beneficiari dei risultati di quella strategia del 2017.

 

Gli elementi oggi sullo scacchiere

 

I movimenti che vediamo oggi hanno dalla parte anti-chavista Henrique Capriles, che ora si è rivelato un articolatore dei partiti e, inoltre, delle liberazioni e degli indulti che hanno avuto luogo. Questo non viene dal nulla. Capriles ha ripreso il progetto che Guaidó ha fatto congelare su ordine degli Stati Uniti, cioè la tabella di marcia da Oslo alle Barbados.

 

Nei giorni scorsi Josep Borrell, responsabile diplomazia europea, ha affermato di essere in dialogo con il chavismo e l'opposizione sulla possibilità di creare "nuove garanzie elettorali", proprio perché quella parte dell'opposizione che oggi aderisce alla strategia dell'astensione, partecipi alle elezioni.

 

Le possibilità che il G3 (il G4 senza Voluntad Popular) vada alle elezioni sono aumentate, proprio da quando la Conferenza Episcopale Venezuelana (CEV) ha invitato gli anti-chavisti ad assumere una strategia diversa dall'astensione e dalle dimissioni, strategia che si è dimostrata fallimentare nel 2005. Non è un caso, i confini tattici dell'anti-chavismo sono così profondi che il clero è ricomparso nel suo ruolo di attore politico proprio per allontanarsi da Guaidó. Tanto gli sforzi di Borrell, così come quelli del CEV, non sono affatto disgiunti.

 

Tutte queste mosse sullo scacchiere mantengono con sé un'offerta di intenzioni e interessi oltre l'apparente e le frasi vuote. Un rafforzamento degli antagonismi si verifica nell'anti-chavismo e sta avvenendo proprio ora, che l’opposizione fagocita i resti di Juan Guaidó.

 

Questi eventi avvengono attraverso Capriles che cerca di affermarsi come leader di un'opposizione prigioniera e paralizzata e, dall’altra parte, con María Corina Machado che chiude la porta in faccia a Guaidó per cercare di consolidarsi come la favorita degli statunitensi, o almeno ci ha provato prima che Elliott Abrams si riferisse al suo "realismo magico" in brevissimo tempo.

 

Nella disputa interna dell'anti-chavismo, è Capriles che ha più probabilità di prevalere. Sappiamo che da maggio ci sta lavorando. È lui che affronta la furia degli avversari arrabbiati, ne sostiene i costi, perseguendo un obiettivo più grande.

 

Ma Capriles non è ingenuo, né agisce da solo. Ha dietro le quinte il sostegno di altri anti-chavisti che non vogliono porsi come dialoganti sulla scena aperta, poiché sono fattori che ne capiscono il costo politico, ma capiscono anche il risultato imprevedibile di restare fuori dall'arena elettorale.

 

Quando gli statunitensi decisero di dichiarare nulle in anticipo le prossime elezioni in Venezuela, dichiararono che la "presidenza" di Guaidó dell’AN e, di conseguenza, del paese, sarebbe stata "a tempo indefinito". È evidente che molte forze anti-chaviste non vogliono perpetuare l'immaginaria presidenza di Guaidó, tanto meno vogliono essere comandate da Leopoldo López, che dall'ambasciata spagnola intende mantenere Guaidó come telecomando per capitanarle.

 

I confini tattici dell'anti-chavismo favoriscono anche gli interessi economici, al punto che solo un gruppo di deputati dell'entourage di Guaidó è beneficiario del pepetuarsi della situazione attuale, quella di un'opposizione che si proietta in esilio e che cattura risorse in all'estero, mentre un'opposizione interna resta relegata.

 

L'anti-chavismo conviene rispondere istericamente contro gli indulti. Lo abbiamo visto dalle reazioni di molti dei beneficiari e dal loro strapparsi le vesti. È logico che lo facciano, soprattutto quelli che dicono che ignorare la grazia significa continuare a ignorare Maduro.

 

Non vogliono esporsi in pubblico come addomesticati, né vogliono rallentare il flusso di dollari USA che mantiene in vita Guaidó. Quindi quell'altro fattore sulla scacchiera ha perfettamente senso.

 

Sono fattori che temono di essere travolti dagli anti-chavisti che andranno alle elezioni, quindi queste narrazioni devono essere intese non come attacchi unidirezionali a Maduro: sono anche attacchi a chi dialoga e scende nell'arena elettorale.

 

Tattica e strategia

 

Uno dei principi fondamentali in ogni guerra è il riconoscimento dell'avversario. Diamo un'occhiata a questa affermazione in profondità. Il riconoscimento dell'avversario non parte dal solo riconoscimento della sua esistenza e dei suoi punti di forza e di debolezza, ma delle situazioni e delle condizioni che lui e il contesto impongono. L'esercizio della politica sarebbe facilissimo se si potesse fare solo dai colpi sul tavolo e sulle viscere, e invece no. Fare politica reale (con la R maiuscola) richiede la ponderazione dei costi, a volte molto alti, per ricalibrare la scacchiera.

 

Gli indulti che hanno avuto luogo sono stati ben accolti dagli europei, che vogliono smarcarsi dell'agenda statunitense per il Venezuela. Ciò implica la rottura del consenso tra loro e gli Stati Uniti e apre maggiori possibilità di riconoscimento delle prossime elezioni.

 

Il consenso dell'opposizione, creato artificialmente intorno a Guaidó, è apertamente infranto. Di fronte a Guaidó, alle sue strategie fallite e ad un'invasione statunitense che non sta arrivando, è chiaro che un tale disastro spinge inevitabilmente diversi partiti verso la politica.

 

Il chavismo mira, tatticamente, che più settori dell'anti-chavismo partecipino alle elezioni per dargli legittimità, al fine di manovrare la loro denuncia per lo smantellamento del blocco globale contro il paese, al fine di ricostituire il quadro istituzionale e rafforzare lo spazio parlamentare come componente di governance, che sarebbero i suoi obiettivi strategici.

 

Quando Juan Requesens, che ha partecipato al tentativo di omicidio presidenziale del 2018, viene collocato ai domiciliari, è chiaro che Maduro stesso è quello che dà di più per raggiungere un obiettivo più alto. È lui che si sacrifica di più nelle sue posizioni, a scapito del proprio diritto alla giustizia, per andare a favore di una regolarizzazione del quadro politico nazionale, per raggiungere nuovi consensi e per continuare a sedimentare il blocco e i fattori avversi che cercano di smantellare la nazione dall'estero.

 

Se facciamo uno sforzo di memoria, dal 2017 sappiamo che le tensioni sono servite a guadagnare terreno, a volte cedendo "tanto", ma guadagnando molto di più. Questo ci fa supporre che potrebbero arrivare ulteriori annunci, alcuni difficili da ingoiare e ancora più difficili da digerire. Ma tutto questo fa anche parte del quadro di eccezionalità politica con cui siamo alle prese. Calcoli, eventi, tattiche e strategie sono ciò che definisce gli equilibri politici, e questi rimangono da vedere.

 

(Traduzione de l’AntiDiplomatico)

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