Tornano di moda le fake news sul caso Litvinenko. Facciamo chiarezza

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Si raschia il fondo del barile pur di accusare Putin dell’omicidio di Aleksandr Litvinenko morto a Londra, il 23 novembre 2006. Ora è la volta della Corte europea dei diritti umani che, su un ricorso della vedova Litvinenko contro la Russia, accusa dell’omicidio il Cremlino in quanto non è stato in grado di fornire i documenti dal fascicolo dell’indagine interna e per la sua incapacità di confutare il coinvolgimento dello Stato russo.

In realtà il governo russo, sin da subito, aveva dichiarato la sua completa estraneità alla morte di Litvinenko e proprio per questo non ha fatto nessuna indagine interna. “È come se noi avessimo chiesto al governo Usa una loro indagine interna sulla morte di Giulio Cesare” aveva, a suo tempo dichiarato un diplomatico russo nella speranza di spegnere sul nascere questa bufala. Che, invece, si ripropone periodicamente. Ad esempio con il ponderoso quanto insulso Rapporto Owen del 2016 o l’”inchiesta” del giornale le Monde.

Ma vediamo da vicino il caso Litvinenko che forse supera come assurdità i casi Skripal e Navalny, due avvelenamenti addebitati, anch’essi, al Cremlino.

Aleksandr Litvinenko muore a Londra, il 23 novembre 2006, ufficialmente per aver ingerito Polonio 210; la stessa sostanza che sarebbe stata usata per l’omicidio del leader palestinese Yasser Arafat. Intanto, due parole sul Polonio 210. Rarissimo in natura, viene oggi ottenuto irradiando Bismuto (209Bi) con neutroni ad alta energia in reattori nucleari collegati a speciali apparati. In tutto il mondo, ogni anno, si producono appena 100 grammi di Polonio 210 (impiegato, per lo più, in congegni usati, negli USA, dall’industria della plastica) la maggior parte proveniente dalla Russia. Esistono 25 radioisotopi di Polonio, ma il 210 è il più pericoloso di tutti; penetrato in un organismo, si diffonde rapidamente diventando gassoso mentre le sue radiazioni alfa “bruciano” ogni cellula che incontra; bastano così appena 7 miliardesimi di milligrammo di questa sostanza per uccidere, quasi subito, una persona. Se una persona, invece, ne è irradiata dall’esterno sviluppa gravi patologie, tra cui leucemia e neoplasie, che, comunque, non si manifestano immediatamente. Arafat, ad esempio, morto l’11 novembre 2004, verosimilmente per radioisotopi di Polonio nascosti nella sua poltrona, aveva cominciato a sentirsi male già il 12 ottobre. Meglio tenere a mente questi dati per capire le assurdità della ricostruzione ufficiale della morte di Aleksandr Litvinenko, ovviamente, addebitata al Cremlino.

Ma chi era Litvinenko, e perché il Cremlino avrebbe dovuto ucciderlo?

Già funzionario dei servizi segreti russi, passa nell’entourage dell’oligarca Boris Abramovich Berezovskij con il quale si trasferisce in Gran Bretagna e dove, nel 2002, pubblica una serie di libri (un flop editoriale) contro Putin accusato, tra l’altro, di avere ordito stragi e attentati.

Il 1° novembre 2006 prende, da solo, un the all’Hotel Millennium di Londra conversando con Mario Scaramella (che rivelerà di avergli sentito dire che Romano Prodi era stato al soldo di Putin), poco prima di avere incontrato lì due ex agenti KGB: Dmitry Kovtun e Andrey Lugovoy (quest’ultimo porta all’incontro anche suo figlio). Litvinenko passa poi a trovare il miliardario esule Boris Berezovsky e torna a casa. Poche ore dopo, comincia a soffrire di vomito e diarrea. Tre giorni dopo viene ricoverato al London University College Hospital dove la situazione si aggrava sempre di più fino a portarlo alla morte il 23 novembre.

Otto anni dopo, il governo britannico istituì una Commissione di indagine parlamentare sulla morte di Litvinenko, diretta dal giudice sir Robert Owen, che, dopo aver preso anche visione dei rapporti redatti da Scotland Yard e dai servizi segreti britannici, pubblicò nel 2016 un ponderoso Rapporto così sintetizzabile: i due “ex” agenti dei servizi segreti russi, Dmitry Kovtun e Andrey Lugovoy, probabilmente su incarico del Cremlino, sono gli esecutori materiali dell’omicidio commesso versando nella teiera destinata a Litvinenko di una dose enorme di Polonio 210: 10 microgrammi, con i quali si sarebbero potute uccidere almeno 200 persone.

Le prove? Intanto le accuse a Putin espresse da Litvinenko sul letto di morte. Accuse, comunque, attestate esclusivamente dal suo autonominato portavoce: il microbiologo Alex Goldfarb, che a New York dirigeva l’International Foundation for Civil Liberties di Berezovsky e già collaboratore di George Soros, nemico dichiarato di Putin. Accuse alla quali non crede affatto Maksim Litvinenko, fratello di Aleksandr, residente da anni a Rimini, il quale in almeno due occasioni ha rilasciato interviste spiegando che non solo non ritiene il governo russo colpevole dell’assassinio del fratello, ma che Aleksandr, in realtà era un infiltrato del governo russo nell’entourage di Berezovskij.

Ancora più sospetta l’altra “prova” riportata nel Rapporto della Commissione Owen; tracce dei raggi Alfa emessi dal Polonio sarebbero state rintracciate da Scotland Yard non solo sulla teiera usata da Litvinenko all’Hotel Millennium ma anche: nella camera di albergo dove alloggiavano Kovtun e Lugovoy; allo stadio Emirates a Holloway, dove Lugovoy è andato a vedere una partita dell’Arsenal; in un appartamento di Amburgo, dove Kovtun ha soggiornato alcune settimane dopo…

 Si chiede a tal riguardo il giornalista investigativo Luca Longo.

<<Possibile che la dinamica dell’assassinio sia stata così pasticciata da lasciare quantità così significative di veleno addosso agli stessi avvelenatori?  (…) Ma le tracce sono state seguite anche all’indietro. Ad esempio è risultato contaminato il night club Hey Jo frequentato da Kovtun la settimana precedente. Sono risultati contaminati aerei, auto, locali, alberghi; praticamente tutti i posti in cui è stato, anche fugacemente, Lugovoy. Ad esempio la camera 848 dell’Hotel Sheraton in cui è passato la settimana precedente sarebbe risultata contaminata in numerosi punti: sul pavimento, le pareti, il water, i cestini. Persino le poltrone degli aerei in cui ha volato (nelle settimane precedenti è arrivato ed è ripartito da Londra altre tre volte) sono risultate altamente contaminate. Possibile che l’agente incaricato di una missione così pericolosa fosse un idiota capace di sparpagliare ovunque un veleno potentissimo anziché tenerlo ben chiuso e al sicuro in una semplice fialetta fino al momento in cui avrebbe dovuto impiegarlo? Inoltre, una persona con un minimo di intelligenza avrebbe portato proprio suo figlio all’appuntamento dove, finalmente, avrebbe dovuto aprire la fialetta e versare il contenuto nella teiera col rischio di contaminare anche le persone circostanti? (...) Ma non sono solo queste le assurdità contenute nel rapporto della Commissione di indagine parlamentare. L’inchiesta avrebbe rivelato dall’analisi dei capelli di Litvinenko che il Polonio 210 è entrato nel suo corpo ben due volte a distanza di qualche settimana. La prima volta, il 16 ottobre 2006, l’ex agente segreto aveva attribuito il forte malessere proprio ad una intossicazione alimentare. Quella volta, gli assassini avevano tentato di raggiungerlo negli uffici della compagnia di sicurezza Erinys di Mayfair. È stato detto che un avvelenamento così anormale sarebbe stato scelto apposta per dare un preciso segnale: gli assassini di Litvinenko hanno accesso a uno dei più potenti veleni esistenti, sono protetti – anzi, diretti – da una potenza nucleare. Per essere precisi, sono “certamente” agenti russi. Allora perché scegliere un metodo che avrebbe potuto passare, al contrario, completamente inosservato come nel primo caso di avvelenamento?

Litvinenko, poi, è stato avvelenato da una dose enorme di Polonio 2010: 2 GBq (50 mCi) corrispondenti a 10 microgrammi di Polonio. Questa dose, che potrebbe essere nascosta in un granello di sale da cucina, rappresenta oltre 200 volte la dose letale, che si valuta attorno ai 238 µCi pari a 50 nanogrammi. Perché impiegare un dosaggio sufficiente a sterminare un’intera compagnia di soldati?>>

 Ci sarebbe, poi, da domandarsi che motivo avrebbe avuto Mosca (ad un mese dall’assassinio in Russia della giornalista Anna Politkovskaja) ad ordinare una così plateale esecuzione di un suo ex agente, (tra l’altro, di basso rango e scappato ben sei anni prima)? E, visto che ci siamo, perché mai i servizi segreti russi (che, certamente, vantano una terrificante professionalità in omicidi) avrebbero messo su una talmente sgangherata operazione?

Comunque, nonostante le sue evidentissime contraddizioni, la leggenda di Litvinenko ucciso con il Polonio 210 su ordine di Putin è diventato un dogma, servito anche a consolidare la bufala del Novichok contro gli Skripal e Navalny. Perché? Una convincente risposta è quella di Larry Beinhart (sceneggiatore di un bellissimo film, “Sesso e potere”): <<Perché si tratta di Fog Facts, Fatti sulla Nebbia. Fatti a tutti noti ma non conosciuti. Sono il capolavoro delle Fake News.>> La morte di Litvinenko è uno di questi.

Francesco Santoianni

Francesco Santoianni

Cacciatore di bufale di e per la guerra. Autore di "Fake News. Guida per smascherarle"

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