Tutti i fallimenti del Trump "pacificatore"
di Vincenzo Brandi
Fanno riflettere i due ultimi insuccessi di Trump nel tentativo di ottenere delle tregue nelle due principali guerre in corso; quella tra NATO e Russia in Ucraina e quella in corso a Gaza tra Israele e la Resistenza palestinese, che assume sempre più i caratteri di orribile genocidio. Questi insuccessi mostrano tutti i limiti delle roboanti dichiarazioni del neo.Presidente USA secondo cui sarebbe stato in grado con le sue pressioni ed il suo solo prestigio a fermare le guerre.
Nel primo caso Trump - preso atto della decisione del responsabile USA del Pentagono Colby di sospendere la fornitura di missili anti-missile all’Ucraina in quanto gli stessi depositi USA si stavano pericolosamente svuotando - ha cercato di ottenere quanto meno una tregua telefonando direttamente a Putin. Il Presidente della Federazione Russa (che i nostri giornalisti pennivendoli chiamano ormai sempre più spesso spregiativamente: lo “zar”) ha fatto notare che le richieste russe sono le stesse sempre avanzate da 11 anni a partire dal colpo di stato organizzato nel 2014 dagli USA con la collaborazione degli ultranazionalisti e nazifascisti ucraini per portare il paese in ambito NATO.
La principale richiesta della Russia è che l’Ucraina torni al suo ruolo di paese neutrale e pacifico, ponte tra Russia e Occidente, che era assicurato prima del colpo di stato di Maidan dal governo neutralista di Janucovyc eletto Presidente dagli Ucraini in regolari elezioni. Dopo la spettacolare avanzata attuata dalla NATO negli ultimi 30 anni, che ha portato questa alleanza aggressiva a minacciare direttamente i confini della Russia, il passaggio forzato alla NATO dell’Ucraina (un paese che ha fatto nei secoli sempre parte integrante della Russia) avrebbe minacciato al cuore la sicurezza della Russia e avrebbe rappresentato per la Russia una “linea rossa” da non superare.
I Russi chiedono inoltre che dopo 8 anni di sanguinosa guerra civile nel Sud-Est dell’Ucraina abitato da popolazioni russofone, e altri 3 anni di guerra aperta tra Russia e NATO (per interposta Ucraina) si tenga conto della situazione maturata sul campo di battaglia, che ha visto grandi avanzate dell’esercito russo.
Trump ignora o finge di ignorare le richieste russe e chiede tregue basate sul nulla, che servirebbero solo all’esercito ucraino a cercare di riarmarsi e rafforzare le proprie posizioni, che oggi si trovano in condizioni molto critiche per esaurimento di mezzi e soprattutto di combattenti, visto che centinaia di migliaia di Ucraini fuggono all’estero o si nascondono per non essere arruolati e mandati al macello. Il fallimento delle improvvisate telefonate a Putin è quindi inevitabile.
Una situazione analoga si ha per Gaza dopo la presentazione di un presunto piano USA per una tregua. I nostri soliti giornalisti pennivendoli hanno parlato entusiasticamente del fatto che la Resistenza palestinese avrebbe accettato le proposte trumpiane, tranne la richiesta di qualche “piccola modifica”. In realtà le differenze tra la posizione di Trump e Israele, da una parte, e la Resistenza dall’altra non sono “piccole”, ma sostanziali.
La Resistenza chiede in realtà non una tregua temporanea, ma una tregua che prepari la fine delle ostilità e il ritiro definitivo dell’esercito israeliano. Chiede inoltre che gli aiuti alla popolazione siano adeguati e affidati nuovamente a organizzazioni dell’ONU, e non all’oscena organizzazione israelo-statunitense (Gaza Humanitarian Foundation) che ha affamato la popolazione con aiuti inadeguati, fatto da esca per massacri mirati di civili e addirittura fornito farina inquinata da una droga micidiale: l’ossicodone.
Trump è riuscito nel recente passato a far terminare la guerra di 12 giorni con l’Iran, ma solo perché Israele si trovava in gravi difficoltà per aver sottovalutato la potenza della reazione iraniana all’attacco. I missili iraniani avevano bucato con relativa facilità le difese anti-missile israeliane, rimaste oltre tutto a corto di missili. Trump ha potuto quindi vantarsi di aver ottenuto la pace (salvando Israele). Tuttavia i limiti della sua politica di mostrare i muscoli per impressionare l’avversario sono evidenti.
Nel prossimo futuro è sempre più probabile un progressivo sganciamento degli USA dallo scacchiere ucraino, lasciato agli stupidi “sherpa” europei, mentre in Medio Oriente si cercherà di coinvolgere monarchie arabe moderate, paesi-fantoccio come la nuova Siria dopo l’insediamento al potere dei terroristi, e qualche vecchia cariatide dei collaborazionisti dell’ANP. Intanto, però, il genocidio a Gaza e la colonizzazione della Cisgiordania non si fermano. Il cammino dei Palestinesi verso la libertà appare ancora complicato e irto di ostacoli e sacrifici, ma non si arresta e crea nuove contraddizioni nell’entità sionista e tra i suoi sostenitori statunitensi ed europei.
Roma, 6 luglio 2025, Vincenzo Brandi