Un tribunale britannico nega al governo venezuelano l'accesso all'oro depositato presso la Banca d'Inghilterra
Londra, ove mai ve ne fosse ancora bisogno, ha confermato la sua attitudine imperialista, piratesca e in definitiva di rapina delle risorse altrui.
La magistratura britannica si è infatti pronunciata a favore della "direttiva ad hoc" della Banca Centrale del Venezuela, nominata dall'ex deputato dell'opposizione Juan Guaidó, negando allo Stato venezuelano l'accesso alle proprie 32 tonnellate d'oro che rimangono bloccate presso la Banca d'Inghilterra.
La decisione è stata presa dal giudice Sara Cockerill dell'Alta Corte di Londra, che dopo un processo di quattro giorni, conclusosi il 18 luglio, ha stabilito di non considerare valide le risoluzioni della Corte Suprema del Venezuela (TSJ) che hanno dichiarato nulla la nomina del consiglio di amministrazione parallelo della BCV nominato da Guaidó, perché nel Regno Unito non esiste una base legale per farlo.
Cockerill non ha autorizzato il team dell'ex deputato dell'opposizione, che si è proclamato incostituzionalmente "presidente in carica" nel 2019, ad accedere alle riserve auree, nonostante il consiglio di amministrazione nominato dall'ex deputato sia considerato in carica e lui sia riconosciuto dal governo britannico come presidente legittimo. Tuttavia, si attende un'ulteriore udienza per stabilire se possono mettere le mani sull'oro del popolo venezuelano.
Sebbene Caracas non abbia ancora commentato, si prevede che la difesa della BCV ricorrerà in appello contro la sentenza, che arriva dopo che l'Alta Corte britannica ha rinviato il caso al Tribunale commerciale nel dicembre 2021 per decidere a chi debba essere concesso l'accesso alle 31 tonnellate di metallo prezioso depositate presso la Banca d'Inghilterra.
Con questo appoggio, Guaidó ha chiesto alla Banca d'Inghilterra di non consentire al governo di Nicolás Maduro l'accesso all'oro e ha nominato una "direttiva ad hoc" della BCV per assumere il controllo di queste risorse. Pertanto, Cockerill doveva decidere se ammettere o meno la validità della risoluzione del TSJ che dichiarava nulla la nomina di questa giunta "direttiva" parallela.
Nella sua sentenza, il giudice ha stabilito che, sebbene le sentenze della Corte Suprema invalidino le nomine di Guaidó, quest'ultimo non ha alcuna base nella sua giurisdizione per accettarle. Ha inoltre affermato che, pur potendo essere riconosciuti, ciò sarebbe "in conflitto" con la dottrina britannica "One Voice", che obbliga gli organismi statali a procedere allo stesso modo in politica estera.
Questa battaglia legale risale al 2018, quando il governo venezuelano ha richiesto l'accesso alle sue riserve per onorare i suoi impegni finanziari, nel contesto delle sanzioni statunitensi, e gli è stato negato. Successivamente, nel 2019, ha presentato una nuova richiesta per l’oro e c'è stato un altro rifiuto da parte della Banca d'Inghilterra, che ha sostenuto che l'allora primo ministro britannico, Boris Johnson, riconosceva esclusivamente Guaidó come presidente legittimo.
Insomma, nulla è cambiato dall’anno scorso quando il presidente venezuelano Maduro denunciava la “pirateria del XXI secolo” di Regno Unito e golpisti e venezuelani che tentano di appropriarsi dell’oro di Caracas.
"Stanno rubando le riserve auree del Venezuela, che appartengono alla Banca Centrale del Venezuela, non appartengono al Governo, appartengono a un istituto autonomo (...) Più di 2 miliardi di dollari in oro, i lingotti d'oro depositati nella Banca d'Inghilterra”, spiegava il leader venezuelano.
Provando inoltre a tenere in vita un governo farsa come quello ‘presieduto’ dal golpista Guaidò: “Inventano un governo di Narnia, di fantasia, per rubare le nostre aziende, i nostri soldi, i nostri conti e per rubare l'oro del Venezuela”.