Usa-Cuba. Dichiarazione MINREX: “Un passo limitato nella giusta direzione” 

Usa-Cuba. Dichiarazione MINREX: “Un passo limitato nella giusta direzione” 

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L’amministrazione Biden, lunedì, ha reso pubblica l’intenzione di voler modificare alcune restrizioni che fanno parte dell’infinita lista di misure coercitive del blocco economico commerciale e finanziario contro Cuba. Le modifiche di queste misure – e non la loro eliminazione – riguardano poche cose e sono di portata limitata e, come pubblicato sul sito del Ministero degli Esteri di Cuba, riguardano “visti, migrazione regolare, voli verso le province, rimesse e adeguamenti dei regolamenti per le transazioni con il settore non statale”.

Certamente qualsiasi allentamento del ‘Bloqueo’, se pur minimo, viene accolto con positività dalle autorità cubane, ma finché resta in essere l’insensato inserimento di Cuba nella lista degli “Stati sponsor del terrorismo”, qualsiasi modifica, e perfino l’eliminazione di alcune misure coercitive, non inciderà più di tanto a far uscire il Paese caraibico dalla profonda depressione economica in cui si trova dopo sessanta anni di blocco, con la recente crisi mondiale causata dal Covid che ha maggiormente esasperato le forti criticità che la popolazione sta vivendo.

Barack Obama aveva tolto Cuba da questa lista nel 2015 (ci si trovava dal 1982), quando sembrava che gli Usa, per perseguire i loro interessi, volessero intraprendere una politica più morbida nei confronti del governo cubano, avendo capito che la linea dura, perseguita per quasi sei decadi, non aveva portato loro i risultati sperati.

La “linea morbida” intrapresa da Obama non era certo per lasciare libera Cuba nel decidere del proprio futuro e nel rimanere un Paese sovrano e libero da qualsiasi ingerenza degli Stai Uniti, come lo è stata dall’inizio della Rivoluzione ad oggi, tanto è che in una sua dichiarazione pubblica del 2014, che anticipava le sue prime aperture diplomatiche, Obama disse:

«Oggi gli Stati Uniti stanno cambiando le proprie relazioni con il popolo di Cuba. Nel più significativo cambio politico degli ultimi 50 anni metteremo fine a un antiquato metodo che per decenni è stato fallimentare, non riuscendo a raggiungere i nostri interessi. Invece noi cominceremo a normalizzare le relazioni tra i due paesi».

Obama non diceva che “l'antiquato metodo” adottato per decenni è stato ingiusto e crudele verso il popolo cubano e illegittimo verso un Paese sovrano, ma affermava che “è stato fallimentare per i nostri interessi” e quindi bisognava intraprendere un nuovo percorso per riuscire a ottenerli.

Sappiamo poi che con l’amministrazione Trump si è deciso di ritornare alla linea dura, con 242 misure coercitive aggiunte a quelle già esistenti nel ‘Bloqueo’ e inserendo nuovamente Cuba nella lista degli Stati “sponsor del terrorismo”, dove sono presenti anche Corea del Nord, Iran e Siria. E questo lo ha fatto solo a pochi giorni dalla fine del suo mandato, tanto per pagare il suo debito elettorale con la comunità anticastrista di Miami.

Trovarsi in questa lista significa dover subire una infinità di restrizioni, soprattutto nei rapporti commerciali e finanziari, non potendo effettuare liberamente transazioni bancarie internazionali con altri paesi.

Come si può capire, anche oggi con Biden, a piccoli passi, forse si cerca di cambiare nuovamente strategia, ma non bisogna farsi troppe illusioni, perché il fine è sempre lo stesso: “i loro interessi”.

In una delle note dell’amministrazione Usa si legge: "Cuba sta affrontando una crisi umanitaria senza precedenti e la nostra politica continuerà a concentrarsi sulla responsabilizzazione del popolo cubano per aiutarlo a creare un futuro libero dalla repressione e dalla sofferenza economica".

Aiutare il popolo cubano, per gli Stati Uniti, significa continuare a finanziare tutte quelle associazioni, quotidiani on line, movimenti dei “diritti umani”, Ong, e molto altro da loro creato ad hoc che, apparentemente per l’opinione pubblica mondiale, rappresenterebbe la società civile cubana in opposizione al “regime oppressivo” che governa l’Isola.

Queste, anche se insignificanti all’interno del Paese, per ogni loro piccola iniziativa antigovernativa che mettono in atto, ricevono un enorme risonanza mediatica a livello internazionale promossa dai media compiacenti a Washington, da farla apparire agli occhi dell’opinione pubblica mondiale enormemente più eclatante di quello che realmente è.

Si rimane poi sconcertati nel leggere, nella nota prima citata, che per gli Usa "Cuba sta affrontando una crisi umanitaria senza precedenti”, quando si è consapevoli che sono proprio gli Stati Uniti i principali responsabili di quella “sofferenza economica” che ne è la causa.

Invece per quanto riguarda il “creare un futuro libero dalla repressione”, il popolo cubano ha già risposto in modo inequivocabile (il popolo cubano e non le citate organizzazioni create ad hoc), facendo capire, a chi avesse ancora dei dubbi, se sia vero o meno che stia subendo una “dittatura repressiva” da parte del proprio governo.

Questo, i cubani, lo hanno dimostrato nella Festa del 1° maggio[1], riempiendo le strade dell’Isola con circa cinque milioni di persone su una popolazione di 11.300.000 individui, in sostegno del proprio sistema e contro qualsiasi ingerenza esterna; consapevoli del loro malessere economico e delle sofferenze che ne conseguono, ma orgogliosi della loro autonomia politica, indipendenza e sovranità nazionale.

La stessa attitudine del popolo cubano in qualche modo si percepisce anche nella dichiarazione pubblicata sul sito del “Ministerio de Relaciones Exteriores” di Cuba, in risposta all’annuncio dell’amministrazione Biden riguardo le timide modifiche sul blocco.

 

Dichiarazione MINREX: “Un passo limitato nella giusta direzione.” 

 

 

«L'Avana, 16 maggio 2022. Il governo degli Stati Uniti ha annunciato oggi diverse misure, positive ma di portata molto limitata, nei confronti di Cuba in termini di visti, migrazione regolare, voli verso le province, rimesse e adeguamenti dei regolamenti per le transazioni con il settore non statale.

Per sua natura, è possibile identificare alcune delle promesse fatte dal presidente Biden durante la campagna elettorale del 2020 per alleviare le decisioni disumane prese dall'amministrazione Trump, che ha inasprito il blocco a livelli senza precedenti e la politica di "massima pressione" da allora applicata contro il nostro paese.

Gli annunci non modificano in alcun modo il blocco, né le principali misure di accerchiamento economico adottate da Trump, come l’elenco delle entità soggette a misure coercitive addizionali, né eliminano i divieti di viaggio per gli statunitensi.

Non cancella l'inclusione arbitraria e fraudolenta di Cuba nella lista del Dipartimento di Stato dei paesi che presumibilmente sono sponsor del terrorismo, una delle principali cause delle difficoltà che Cuba incontra per le sue transazioni commerciali e finanziarie in molte parti del mondo.

Si tratta, tuttavia, di un passo limitato nella giusta direzione, una risposta alla denuncia del popolo e del governo cubano. Risponde anche ai richiami della società statunitense e dei cubani residenti in quel paese.

Questa è stata una richiesta della Comunità degli Stati dell'America Latina e dei Caraibi e di quasi tutti gli Stati membri delle Nazioni Unite, espressa nel voto schiacciante contro il blocco. Sono richieste giuste che sono state ignorate dal governo degli Stati Uniti a un costo molto alto per la nostra popolazione.

Dal 2019 il blocco è stato intensificato fino all’estremo, approfittando opportunisticamente del contesto della pandemia di Covid 19, della crisi internazionale e della conseguente depressione economica. Senza esagerare, le conseguenze di questo assedio possono essere descritte come devastanti. L'aumento dei flussi migratori ne è la prova.

Nel compiere questi limitati passi, il Dipartimento di Stato utilizza un linguaggio apertamente ostile, accompagnato dalle solite calunnie e nuove menzogne, ormai di moda negli ultimi mesi, dimostrando che gli obiettivi della politica degli Stati Uniti contro Cuba non sono cambiati, e nemmeno i suoi principali strumenti.

Per conoscere la reale portata di questo annuncio, bisognerà attendere la pubblicazione delle regole che lo implementano.

Il Governo di Cuba ribadisce la sua disponibilità ad avviare un dialogo rispettoso su un piano di parità con il Governo degli Stati Uniti, basato sulla Carta delle Nazioni Unite, senza ingerenze negli affari interni e nel pieno rispetto dell'indipendenza e della sovranità.»

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[1] Articolo sull’immensa partecipazione popolare al 1° maggio cubano: “Cuba. C’erano stati l'11 luglio e il 15 novembre, e poi è arrivato il 1° maggio

Roberto Cursi

Roberto Cursi

Sono nato a Roma nel 1965, passando la mia infanzia in un grande cortile di un quartiere popolare. Sin da adolescente mi sono avvicinato alla politica, ma lontano dai partiti. A vent'anni il mio primo viaggio intercontinentale in Messico; a ventitré apro in società uno studio di grafica; a ventiquattro decido di andare a vivere da solo. Affascinato dall'esperienza messicana seguiranno altri viaggi in solitaria in terre lontane: Vietnam, Guatemala, deserto del Sahara, Belize, Laos... fino a Cuba.

Il rapporto consolidato negli anni con l'isola caraibica mi induce maggiormente a interessarmi della complessa realtà cubana.

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