Wang Yi, la visione complessiva della diplomazia cinese

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Wang Yi, la visione complessiva della diplomazia cinese


di Leonardo Sinigaglia


In un recente articolo apparso su Qiushi, bimestrale teorico del Comitato Centrale del Partito Comunista Cinese, il ministro Wang Yi ha riassunto ed esposto i risultati della Conferenza Centrale di Lavoro relativa agli affari esteri, tenutasi a fine dicembre 2023. Ne emerge una visione complessiva della diplomazia cinese, dei suoi principi e delle sue direttrici d’azione che dimostra la piena consapevolezza da parte della dirigenza del Partito degli enormi compiti che, in questa fase di profonde trasformazioni, ricadono su di essa e su tutto il paese. Per questo motivo è utile analizzare e commentare questo testo d’indubbia importanza teorica.

Dopo un periodo di chiusura durante la Rivoluzione Culturale, la diplomazia cinese riprese con l’inizio della stagione di Riforme e apertura a giocare un ruolo fondamentale in campo internazionale, ruolo enormemente rafforzato dal presidente Xi Jinping. Sotto la sua direzione, la diplomazia cinese ha ottenuto risultati storici, promuovendo ovunque nel mondo la cooperazione, il rispetto della sovranità nazionale, la risoluzione pacifica delle controversie e la costruzione di una comunità umana dal futuro condiviso. Il ministro Wang Yi nel suo articolo sottolinea come, per comprendere questo percorso, che, basandosi sulla millenaria cultura cinese, inizia con la conferenza di Bandung del 1955 e che vediamo avanzare quotidianamente in maniera inarrestabile,  sia necessario tener conto del “filo conduttore” che ha permesso di raggiungere questi risultati. Di questo, la linea guida fondamentale è rappresentata dal Pensiero di Xi Jinping sulla diplomazia, “brillante esempio di applicazione dei principi fondamentali del marxismo alla pratica della diplomazia cinese e alla raffinata cultura tradizionale cinese”, frutto di una profonda riflessione strategica e strumento al passo con i tempi. Il ruolo centrale di Xi Jinping all’interno del Comitato Centrale e il ruolo guida del Partito Comunista Cinese hanno permesso di dotare l’azione diplomatica dello strumento fondamentale della diplomazia tra capi di Stato, della quale la piena importanza è immediatamente percepibile pensando agli incontri tra il presidente cinese e Vladimir Putin,  e assicurarle forti garanzie politiche e organizzative, capaci, tra le altre cose, di proporre la costruzione di una comunità umana dal futuro condiviso, frutto di una grande comprensione “delle tendenze prevalenti e delle leggi che governano l’evoluzione della società umana”, nucleo fondamentale del Pensiero di Xi Jinping sulla diplomazia che “riflette l’elevata coerenza dell’aspirazione originale e della missione del PCC con la tendenza dei nostri tempi e incarna le più ampie aspettative comuni delle persone di tutto il pianeta per un mondo migliore”.

 Il successo dell’azione estera della Cina, la crescita della sua influenza e la capacità di assicurare al paese un “ruolo guida” nello sviluppo del mondo sono fondati su questi elementi.

L’esame dei risultati ottenuti, riporta Wang Yi, la conferenza ha individuato “sei imperativi” caratteristici dell’azione diplomatica cinese passata e futura:

 

1-“Attorno alle importanti questioni su ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, è imperativo sostenere i principi”

La Cina, in quanto Stato socialista guidato dal Partito Comunista Cinese, riconosce la necessità di schierarsi dalla “parte progressiva della storia e dalla parte dell’equità e della giustizia”, lavorando attivamente per “soddisfare le aspirazioni comuni e le legittime preoccupazioni delle persone di tutti i paesi”. Un tale approccio ha garantito alle iniziative sostegno autorevolezza e considerazione ormai inarrivabili da parte delle cancellerie occidentali. Se, tra accordi non rispettati e tradimenti, la parola degli Stati Uniti, e per estensione dei loro alleati, è considerata internazionalmente di scarsissimo valore, al contrario quella di Pechino rappresenta un modello di coerenza e correttezza, in primo luogo per i paesi in via di sviluppo e del cosiddetto Sud del mondo. L’ipocrisia dell’Occidente, il suo uso strumentale e parziale del diritto internazionale e il totale disconoscimento di questo se in contrasto con gli interessi del sistema imperialista sono una realtà materialmente evidente alla stragrande maggioranza dell’Umanità perché quotidianamente percepita. Dalla Russia all’Africa, dalle terre arabe al Sud America non esiste un solo continente, un solo paese in cui l’azione dell’Occidente non sia caratterizzata da una nauseante ipocrisia, dalla pretesa di una “superiorità morale” sempre pronta a puntare il dito, a emettere condanne, a ergersi a censore che stride potentemente con le milizie nazista armate dalle mani dell’Occidente, con i colpi di Stato organizzati con la regia dei servizi segreti occidentali, con le unilaterali e illegali sanzioni ordinate dai governi occidentali, con i civili di Gaza massacrati da bombe benedette, se non fornite, dall’Occidente.

Davanti a questa manifestazione dell’egemonia di un impero che, ubriaco d’assolutismo, pretenderebbe sia di varare la norma, sia di poter vivere al di sopra di essa, la Repubblica Popolare Cinese risponde con una politica equilibrata, capace di prendere in considerazione la complessità dei processi e la pluralità dei diritti e delle visioni, una prospettiva che si fonda sul rispetto di principi fondamentali non negoziabili, tra i quali svettano i Cinque principi della coesistenza pacifica, fondamento della diplomazia della Nuova Cina sin dalla sua fondazione: rispetto reciproco della sovranità e dell'integrità territoriale, non aggressione reciproca, reciproca non ingerenza in tutti gli affari interni, uguaglianza e vantaggio reciproco,  coesistenza pacifica. Su questa base la Cina è stata capace di raccogliere le simpatie e l’ammirazione di tutto il Sud del mondo, fornendo una prova materiale di come possano essere costruite sane relazioni internazionali volendo evitare il dannoso modello occidentale, fondato sulle ingerenze, sulla predazione e sulla subordinazione agli interessi del “miliardo d’oro”.

 

2-“Nel promuovere lo sviluppo pacifico, è imperativo assumersi la responsabilità della natura della Cina come grande Paese”

Il poderoso cammino iniziato l’indomani della vittoria nella guerra di liberazione ha portato la Cina a trasformarsi in un paese povero, arretrato, diviso e controllato dagli imperialisti in un paese relativamente prospero, avanzato, unito e pienamente indipendente. Ciò ha permesso alla Cina di ritornare dopo la parentesi del Secolo dell’umiliazione uno dei più grandi e influenti paesi al mondo. Da ciò ne derivano però precise responsabilità, acuite dalla turbolenza delle trasformazioni in atto, tra cui quelle di “essere un fermo difensore della pace mondiale e un campione dello sviluppo globale”. E’ proprio nel campo dello sviluppo, visto dai cinesi come un vero e proprio diritto umano[1], che l’azione della Repubblica Popolare rivela l’altro suo aspetto fondamentale, non solo attraverso i fruttuosi partenariati e accordi, ma anche attraverso la proposta di un esempio, quello della modernizzazione cinese, che non richiede l’adesione a rigidi paradigmi veicolo di subordinazione, come nel caso del Washington Consensus, ma che invita ogni paese ad avere fiducia in se stesso e nelle proprie potenzialità, a fondare il proprio sviluppo sull’indipendenza e la sovranità, senza però rinnegare facendo ciò l’apertura al mondo e una piena partecipazione all’economia globale. La Cina si dichiara pronta “a sostenere gli sforzi di altri paesi in via di sviluppo che vogliano raggiungere lo sviluppo preservando la propria indipendenza, in modo che tutti i paesi siano in grado di intraprendere la giusta strada verso la modernizzazione attraverso lo sviluppo pacifico”. Un sostegno già riscontrabile in Africa, in Asia e in Sud America, che ha saputo unire la preservazione dell’indipendenza degli Stati allo sviluppo delle forze produttive.

 

3-Nel definire strategie e politiche, è imperativo applicare il pensiero sistemico.

Il PCC, un partito marxista armato delle teorie del materialismo dialettico e storico, dovrebbe sapere come analizzare, studiare e valutare la situazione internazionale con la consapevolezza che le cose sono universalmente connesse e in continua evoluzione. Dovremmo essere in grado di vedere il presente da una prospettiva storica e guardare oltre la superficie per arrivare al nocciolo delle questioni, in modo da discernere e analizzare accuratamente le leggi e la direzione di un mondo in profondo cambiamento, e formulare solide politiche estere”: alla base dei risultati ottenuti dalla diplomazia cinese, dal Partito e dallo Stato vi è lo strumento dell’analisi marxista, che permette, grazie al materialismo dialettico e storico, di cogliere la molteplicità e l’interconnessione dei processi, rifuggendo da prospettive monodimensionali e deformanti. Il marxismo è ciò che ha permesso alla dirigenza comunista cinese di comprendere le leggi che governano lo sviluppo sociale e storico, e quindi di governarle. Al contrario, l’Occidente ha fatto propria ormai da decenni  l’ideologia postmoderna, logico e decadente termine dell’idealismo borghese, affermando che non esista una verità oggettiva, ma una molteplicità di “verità” soggettive, fluide, parimenti valide e quindi irriducibili a una sistematizzazione e completamente divorziate dall’oggettività materiale.

 

4-Per fare progressi sia nella teorica che nella pratica, è imperativo sostenere i principi fondamentali e aprire nuove strade.

La capacità di coniugare la conformità alla “missione originaria” del Partito alla costante opera di innovazione e di adeguamento alla realtà materiale è il tratto caratteristico del PCC, manifestazione della profonda comprensione del marxismo da parte di questo. La postura internazionale della Cina seppe farsi promotrice del modello di relazioni internazionali basato sul mutuo rispetto e sulla cooperazione delineato dai punti di Bandung, seppe cogliere l’evoluzione dei tempi proponendo la visione dei “tre mondi”, ed è arrivata nei nostri giorni, avendo rilevato le irresistibili tendenze internazionali alla multipolarizzazione e alla globalizzazione, a delineare la proposta della costruzione di una comunità umana dal futuro condiviso: “I fatti hanno dimostrato che il carattere eccezionale e la caratteristica distintiva della diplomazia cinese sono quelli di avanzare al passo con i tempi e aprire nuove strade sostenendo i principi fondamentali”.

 

5-Nell’affrontare rischi e sfide, è imperativo portare avanti il nostro spirito combattivo.

Soprattutto a partire dal Pivot to Asia obamiano, la Cina è stata sottoposta ad una crescente pressione internazionale. Dai vari tentativi di destabilizzazione alla guerra economica, tutto ciò non ha fatto arretrare Pechino, che anzi ha saputo rispondere ad ogni sfida rafforzandosi ed eliminando i suoi punti deboli. “Il PCC non è mai stato scoraggiato dalle intimidazioni, influenzato da fallacie o intimidito dalle pressioni. Solo con il coraggio e la capacità di portare avanti la nostra lotta potremo superare diverse difficoltà e ostacoli”: la dirigenza comunista cinese continua a fare proprio l’invito di Mao Zedong a “gettar via le illusioni e prepararsi alla lotta”, fortificando il proprio spirito combattivo, lo stesso che ha permesso, nonostante la guerra economica, enormi avanzamenti nel campo dello sviluppo tecnologico, tanto da poter far parlare oggi di “nuove forze produttive di alta qualità”, riferendosi a quei campi d’importanza strategica dell’alta tecnologia in cui la RPC primeggia, dal 5G all’intelligenza artificiale.

 

6-Per quanto riguarda il rafforzamento del coordinamento, è imperativo sfruttare i nostri punti di forza istituzionali.

La più grande forza del sistema del socialismo con caratteristiche cinesi è il ruolo guida del PCC”: ciò è vero anche per quanto riguarda le attività diplomatiche della RPC. Il Comitato Centrale, attraverso una gestione coerente e centralizzata del lavoro estero del paese, garantisce una ferma direzione strategica che si è rivelata alla prova dei fatti lungimirante ed efficace.

 

La Conferenza ha riconosciuto come ci si trovi davanti a un’accelerazione delle grandi trasformazioni che stanno attraversando il pianeta, ma che la direzione complessiva dello sviluppo umano non è mutata, e la costruzione di una comunità umana dal futuro condiviso continua ad essere la tendenza internazionale prevalente, come dimostrano i cambiamenti in atto nei rapporti di forza globali. Proprio attorno alla costruzione di una comunità umana dal futuro condiviso, l’ultimo decennio di prassi ed elaborazione teorica hanno gettato la base per una sua definizione come sistema scientifico, avente come obiettivo “costruire un mondo aperto, inclusivo, pulito e bello, caratterizzato da una pace duratura, da una sicurezza universale e da una prosperità condivisa; il percorso sta promuovendo la governance globale che prevede un’ampia consultazione e un contributo congiunto per un vantaggio condiviso”, guidato strategicamente dalle tre iniziative globali cinesi, quella per lo sviluppo, quella per la sicurezza e quella per le civiltà, e avente come piattaforma d’azione la cooperazione ad alta qualità fondata sulla Via della Seta.

Dall’alba della nuova era, la costruzione di una comunità umana dal futuro condiviso si è sviluppata da un’iniziativa cinese a un consenso internazionale, da una visione promettente ad azioni sostanziali e da una proposta concettuale a un sistema scientifico. È servita come bandiera gloriosa che guida il progresso dei tempi”: sotto la dirigenza di Xi Jinping decine di paesi e regioni sono entrati in accordi di partenariato per avanzare nella costruzione di una comunità umana dal futuro condiviso. Questa proposta, che raccoglie le aspirazioni universali dell’umanità per lo sviluppo, la pace e la cooperazione, offre  una direzione concreta al cammino della nostra specie, un orizzonte strategico che guidi le trasformazioni globali in atto.

Per dare alla costruzione di una comunità umana dal futuro condiviso solide fondamenta è necessario portare avanti la transizione verso un mondo multipolare “equo e ordinato” e promuovere una globalizzazione economica “universalmente vantaggiosa e inclusiva”.

La multipolarità è la tendenza generale del mondo oggi. Una grande trasformazione sta accelerando in tutto il mondo. Gli equilibri di potere internazionali stanno subendo un profondo riallineamento. Il Sud del mondo sta guadagnando uno slancio più forte, plasmando in modo profondo la traiettoria della storia mondiale. La stragrande maggioranza dei membri della comunità internazionale, grandi o piccoli che siano, sono tutti a favore di un mondo multipolare e rifiutano il vecchio percorso dello scontro tra blocchi e della competizione a somma zero, e tanto più il ripetersi di guerre e conflitti. Tuttavia, deve ancora emergere un consenso su come far avanzare il processo multipolare in un mondo in drastico cambiamento e in che modo i paesi debbano partecipare e facilitare questo processo. Proprio in questo frangente storico la proposta della Cina ha tracciato la rotta per l’avanzamento di un mondo multipolare”: il mondo multipolare proposto dalla Cina si fonda sull’eguaglianza di tutti i paesi, ossia sul principio per il quale ogni paese venga trattato allo sesso modo, rifiutando nettamente l’egemonismo e le politiche di potenza. Allo stesso tempo vengono condannate anche le antistoriche visioni fondate sul ritorno ad una visione della politica internazionale come governata da una manciata di “potenze” in perenne lotta. Questa prospettiva, che vede nel multipolarismo unicamente una riproposizione dello status quo antecedente alle due guerre mondiali, risente dell’incapacità di cogliere le caratteristiche peculiari della nostra epoca. L’attuale egemonia degli Stati Uniti non rappresenta una particolare e transitoria configurazione dei rapporti di forza in seno al sistema imperialista, ma la manifestazione di una trasformazione strutturale attraversata da questo nel corso del XX Secolo: alla pluralità degli imperialismi, sconvolta dai conflitti mondiali e dalla progressiva centralizzazione del capitale e del potere nelle mani dei settori più rapaci e avanzati della grande borghesia statunitense, si è sostituito un imperialismo unico rappresentato economicamente, politicamente, militarmente, ideologicamente e culturalmente dagli Stati Uniti d’America, avente sotto di sé, non come contendenti, ma come paria, come stretti subordinati, i resti dei sistemi capitalisti avanzati d’Europa e Asia, dalla Francia al Giappone, dalla Corea meridionale all’Inghilterra, gerarchizzati secondo i vari gradi di relativa autonomia. La precedente fase imperialista fu una precisa tappa dell’evoluzione storica del sistema capitalista. Essa ha dialetticamente creato la sua antitesi, ponendo le basi sia per la Rivoluzione d’Ottobre, che ha inaugurato a livello mondiale l’inizio della fase della costruzione del socialismo, sia per il superamento degli “imperialismi” in senso egemonico da parte degli Stati Uniti, già avviati da fine XIX Secolo a un più rapido sviluppo rispetto alle altre grandi potenze coeve. La fase dell’unipolarismo, risultato della progressiva estensione del controllo imperialista statunitense sulla stragrande maggioranza del globo, ha a sua volta gettato le basi per il suo superamento dialettico, unificando la stragrande maggioranza del mondo nella decisa ostilità all’egemonia americana e mostrando come le esigenze di pace, sviluppo e cooperazione siano antitetiche rispetto a questa. Il multipolarismo nasce quindi come negazione dell’unipolarismo, una negazione che è però non semplice opposizione, ma superamento dialettico destinato a portare alla creazione di una comunità umana dal futuro condiviso. Qualsiasi “ritorno al passato” è materialmente impossibile, e il Partito Comunista Cinese dimostra, comprendendo ciò, di  padroneggiare la teoria marxista.

Accanto al principio di eguaglianza, il sistema multipolare sostenuto dalla Cina è fondato sull’ordine e sul diritto internazionale: “Ogni paese o gruppo di paesi dovrebbe avere il suo posto nel sistema multipolare e il mito convenzionale secondo cui la multipolarità sarebbe il monopolio di poche grandi potenze dovrebbe essere sfatato. Il multipolarismo promosso dalla Cina è basato sull’ordine. Ciò significa che il progresso verso una maggiore multipolarità dovrebbe essere generalmente stabile e costruttivo. Dovrebbe essere un processo storico in cui i paesi scelgono la solidarietà anziché la divisione, la comunicazione anziché il confronto e la cooperazione anziché il conflitto. Se tutti i paesi riuscissero a rispettare gli scopi e i principi della Carta delle Nazioni Unite, a sostenere le norme fondamentali universalmente riconosciute che governano le relazioni internazionali e a praticare un vero multilateralismo, il multipolarismo non porterà a turbolenze o disordini”. Davanti all’anarchia e al diritto del più forte, veri fondamenti del cosiddetto “ordine internazionale basato sulle regole” sostenuto da Washington, la Cina si fa portatrice dell’esigenza di rifondare le relazioni internazionali sulla Carta delle Nazioni Unite, governando la trasformazione in senso multipolare del mondo attraverso cercando il più possibile di evitare grandi sconvolgimenti lesivi degli interessi delle masse, in primis l’esplosione di nuovi conflitti in larga scala.

Al fine di accelerare la transizione in senso progressivo degli attuali rapporti socio-economici internazionali la Repubblica Popolare Cinese riconosce come fondamentale un ulteriore passo nella liberazione delle forze produttive, con una riconfigurazione della globalizzazione economica. Lo sviluppo delle forze produttive, ciò che determina i rapporti di produzione, è la base di ogni futuro avanzamento dell’umanità, ed è ormai entrato manifestamente in conflitto con  i rapporti sociali e internazionali propri dell’attuale fase imperialista. La globalizzazione, “risultato naturale del progresso scientifico e tecnologico”, non può essere rinnegata all’insegna di un velleitario e antistorico “ritorno al passato”, ma deve essere riconosciuta come “un requisito intrinseco dello sviluppo delle forze produttive”, “un percorso sicuro verso il progresso umano” e, soprattutto, “una tendenza irreversibile dei tempi”. Per procedere alla costruzione di un’economia globale maggiormente integrata e per garantire la stabilità delle catene del valore e di fornitura è però necessario superare il modello di globalizzazione a trazione statunitense, che, pur garantendo un marcato sviluppo della produzione, ha diffuso miseria, polarizzazione economica, sfruttamento  e relazioni neocoloniali. La globalizzazione economica proposta dalla Cina è “universalmente vantaggiosa”, poiché si fonda sul soddisfacimento delle esigenze di tutti i paesi, in particolare di quelli in via di sviluppo, affrontando gli squilibri dello sviluppo e nell’allocazione delle risorse. Essa è anche inclusiva, perché, lontana dall’imposizione coatta di un Washington Consensus lesivo e umiliante, si fonda sul perseguire “percorsi di sviluppo adeguati alle rispettive realtà nazionali”, cercando l’unione per lo sviluppo comune dell’intera umanità.

La Conferenza, ribadendo il ruolo guida del Pensiero di Xi Jinping sulla diplomazia, ha individuato sulla base dell’analisi degli anni passati e dei compiti futuri, quattro principi fondamentali da seguire servendo l’obiettivo della modernizzazione cinese:

-”Il principio della fiducia in se stessi e del fare affidamento sulle proprie forze sottolinea l’imperativo di rafforzare la nostra fiducia nel nostro percorso, nella nostra teoria, nel nostro sistema sistema e nella nostra cultura, di avere una ferma convinzione nella causa del socialismo con caratteristiche cinesi e di rimanere impegnati nell’ideale di costruire una comunità umana dal futuro condiviso”

-”Il principio di apertura e inclusività sottolinea l’imperativo di tenere conto delle dinamiche sia nazionali che internazionali, sostenere la politica statale di base di apertura al mondo esterno, adottare misure proattive per l’apertura, contribuire alla costruzione di un’economia globale aperta e offrire maggiori benefici al popolo cinese e a quelli di tutto il mondo.

-”Il principio di equità e giustizia sottolinea l’imperativo di determinare sempre la nostra posizione e politica in base al merito del problema in questione quando si trattano affari internazionali, di rispettare le norme fondamentali delle relazioni internazionali e di salvaguardare i diritti e gli interessi legittimi di tutti i paesi, soprattutto i paesi in via di sviluppo”.

-”Il principio della cooperazione vantaggiosa per tutti sottolinea l’imperativo di perseguire attivamente interessi convergenti, sfruttare i rispettivi punti di forza, portare avanti una cooperazione reciprocamente vantaggiosa e consentire il successo reciproco.

Questi principi rappresentano la sintesi della teoria e della pratica diplomatica cinese sin dalla creazione della Nuova Cina nel 1949, riflettono i lasciti culturali della plurimillenaria civiltà cinese e racchiudono i più recenti sviluppi teorici e operativi della Repubblica Popolare Cinese in campo dello sviluppo dell’analisi del mondo e del lavoro estero, e testimoniano come questa abbia preso pienamente coscienza dei propri obiettivi strategici, unendo in essi non solo la prosecuzione di quel cammino di liberazione nazionale iniziato dal Partito Comunista Cinese più di un secolo fa, ma anche quella del più generale percorso dell’emancipazione umana.

[1] https://english.www.gov.cn/archive/white_paper/2016/12/01/content_281475505407672.htm

Leonardo Sinigaglia

Leonardo Sinigaglia

Nato a Genova il 24 maggio 1999, si è laureato in Storia all'università della stessa città nel 2022. Militante politico, ha partecipato e collaborato a numerose iniziative sia a livello cittadino che nazionale.

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