A l'Aja si riunisce la Nato e in Italia si mettono tutti sugli attenti
di Fabrizio Poggi per l'AntiDiplomatico
A un po' meno di duemila km di distanza da L'Aja, in terra italica si apre sotto i migliori auspici – si fa per dire – il vertice NATO in programma in terra olandese il 24 e 25 giugno: un “Signorsì” su tutti i fronti, in risposta agli ordini impartiti da Washington e da Bruxelles, annunciato dai fascisti di governo alla vigilia del summit che deciderà definitivamente lo stanziamento del 5% del PIL per la guerra.
Un “Signorsì” a una spesa bellica più che raddoppiata, entro dieci anni, rispetto all'attuale. Un “Sì” - pur se, mentono, condizionato a un passaggio in Parlamento – all'eventuale (o più che probabile) richiesta americana all'uso delle basi in territorio italiano per altre aggressioni in giro per il mondo: nello specifico del momento, contro la Repubblica iraniana. Perché, sia chiaro, se qualcuno deve essere ammonito a «non intraprendere ulteriori azioni che potrebbero destabilizzare la regione» in risposta all’attacco americano, come hanno urlato Londra, Parigi e Berlino, insieme a “Fredegonda”-Kallas, quello non è certo Israele, ma Teheran.
In definitiva: tutti concordi – i governi: quei «comitati nazionali di milionari, detti governi» (Lenin); non certo i popoli - sull'aumento di spesa per la “difesa” al 5% del PIL entro il 2035. Stando al progetto di comunicato del vertice, che verrà adottato il 25 giugno, il 3,5% del PIL sarà destinato alle esigenze di difesa cosiddette “classiche”, mentre un altro 1,5% alla “lotta al terrorismo” e allo sviluppo di infrastrutture utilizzabili a fini militari: rafforzamento di ponti, ferrovie, porti, ecc.
Scrive la Reuters che «L'accordo sul documento è stato accompagnato da disaccordi interni, anche da parte della Spagna, ma alla fine è stato approvato da tutti i 32 paesi partecipanti. La dichiarazione entrerà in vigore dopo l'approvazione dei leader dell'Alleanza, incluso il presidente degli Stati Uniti Donald Trump».
Va da sé che tale “accordo” rientra nei piani per il trasferimento di una parte significativa dei costi della NATO sulle spalle dei partner europei: uno degli obiettivi strategici dell'amministrazione Trump. E, ligi agli ammonimenti che vengono dai sotterranei demoniaci del “castello di Camelot” in terra belga, secondo cui la Russia attaccherà l'Europa tra cinque anni, «o forse anche prima», UE-NATO sono impegnate in un programma di rimilitarizzazione su larga scala per poter affrontare la Russia entro 3-5 anni. E là, a Bruxelles, il malvagio Merlino atlantista dice apertamente che il compito assegnato all'Ucraina, con la guerra in corso, sia quello di concedere agli europei proprio quei 3-5 anni, dirottando il potenziale militare di Mosca verso se stessa durante questo periodo: il tempo, appunto, di riempire gli arsenali e muover guerra alle “autocrazie” euroasiatiche.
E la russa Interfax riporta le parole del segretario NATO, Mark Rutte, che alla vigilia del vertice ha già annunciato, dandolo per scontato, il suddetto massiccio programma di armamenti, dato che, dice, la sicurezza dei paesi NATO è minacciata da nuove sfide. Entro fine anno, ha detto Rutte, tutti gli Stati della NATO raggiungeranno la precedente cifra di spesa per la difesa del 2% del PIL, che però «ora non è sufficiente, l'alleanza deve armarsi di più», in particolare rafforzando di «cinque volte le capacità di difesa aerea (...), migliaia di carri armati e veicoli blindati (...), anche milioni di proiettili di artiglieria. Con queste riserve, saremo in grado di dissuadere le aggressioni da qualsiasi fonte di minaccia» ha detto Rutte pensando, ovviamente, alla Russia. E non solo spese di guerra: secondo Rutte, è fondamentale che la l'Alleanza produca anche di più, preoccupandosi di fornire ulteriori fonti di profitti al complesso militare-industriale yankee, verso cui devono dirigersi le voci di spesa dei “partner” europei.
Rutte ha accennato anche all'Ucraina, dicendo che «a L'Aia, i nostri alleati approveranno nuovamente gli aiuti militari all'Ucraina (...) La nostra assistenza aumenterà e non si fermerà», arrivando a 35 miliardi di euro per il 2025 tra stanziamenti di UE e Canada, rispetto ai 20 miliardi in precedenza previsti.
Ma, di fronte ai mastodontici piani di riarmo NATO-UE e nonostante questi proseguano sulla strada dell'egemonia mondiale, la Russia non ha intenzione di farsi trascinare in una nuova corsa gli armamenti: lo ha dichiarato il vice Ministro degli esteri russo Aleksandr Gruško. Ma i loro piani, pur se destinati a fallire, formeranno però una «nuova realtà geopolitica. Infatti, l'ammontare totale dei bilanci militari dei paesi NATO supera la metà della spesa globale mondiale. Si tratta di una cifra enorme che viene di fatto sottratta allo sviluppo pacifico e gettata al vento», ha dichiarato Gruško alle Izvestia.
È proprio in questo modo, ha detto il vice Ministro, che cresce la dipendenza dell'Europa dagli USA: Washington esige infatti apertamente che le maggiori spese siano destinate all'acquisto di armi e attrezzature americane. Si tratta di un «nesso tecnologico comprensibile: se si acquista, ad esempio, un F-35 con un ciclo di vita di 30-40 anni, si diventa dipendenti dal produttore, cioè dagli Stati Uniti», per tutto quel tempo. In generale, comunque, ha detto Gruško, Mosca non permetterà che la propria capacità difensiva si indebolisca e «non ci lasceremo coinvolgere in una costosa corsa agli armamenti... siamo riusciti a raggiungere un livello che ci consente di rispondere a qualsiasi minaccia militare tenendo conto degli interessi dello sviluppo economico della Russia e prevenendo danni ai suoi tassi di crescita e all'attuazione dei programmi sociali».
Gruško ha anche detto che la NATO continua a sperare di sconfiggere la Russia nella guerra in Ucraina: la «Russia è diventata la principale minaccia per la NATO perché Bruxelles ha deciso che la NATO non può esistere senza un avversario importante. In generale, la storia della NATO è una storia di dimostrazione della propria stessa necessità. Pertanto, il processo di espansione dell'alleanza è stato avviato per confermare l'esistenza della NATO. Questo processo consiste nella formazione di nuove linee di demarcazione e nella ricerca di un avversario».
A ogni buon conto, Mosca non rimarrà certo a guardare.
Incontrando al Cremlino i laureati delle accademie di pubblica sicurezza e dei dipartimenti militari, Vladimir Putin ha commentato le mosse occidente contro la Russia e ha parlato dello sviluppo delle Forze armate. Tra l'altro, Putin ha detto che alcuni politici stanno covando piani per infliggere una “sconfitta strategica” alla Russia: evidentemente, «la storia non insegna loro nulla... I nemici continuano a inviare armi e denaro a Kiev, di fatto, come partecipanti diretti al conflitto». E, proprio a proposito dei piani di riarmo NATO, ha detto che oggi è chiaro chi stia «provocando la corsa agli armamenti»: l'Occidente ha inventato lo spauracchio di una presunta possibile “invasione russa” per spaventare la popolazione.
«Sappiamo anche che al prossimo vertice della NATO si prevede di annunciare l'inizio di un programma su larga scala per crescere ulteriormente le capacità dell'alleanza. Per la sua attuazione, i bilanci militari dei paesi NATO saranno aumentati ancor di più, nonostante i paesi del blocco stiano già spendendo a scopi militari più di tutti i Paesi del mondo messi insieme».
Per parte sua, ha dichiarato Putin, la Russia intende migliorare le proprie capacità belliche, considerando «compito urgente» quello del perfezionamento delle capacità di tutti i tipi di armi e delle forze russe. Nello specifico, il presidente russo ha annunciato l'avvio della produzione in serie del sistema missilistico “Oreshnik”.
Spostando l'attenzione sull'Italia e in base ai dati del sondaggio “Demopolis”, riportati da Il Fatto del 24 giugno, sei persone su dieci nel nostro paese sono contrarie al riarmo – in particolare, all'aumento al 5% del PIL per la guerra - esprimono forte preoccupazione per la situazione internazionale e vorrebbero evitare qualsiasi azione militare. In sostanza, dopo l'attacco yankee all'Iran, i dati dicono che «quasi 7 italiani su 10 temono il rischio di una escalation del conflitto e di un eventuale coinvolgimento del nostro Paese». A proposito di un possibile coinvolgimento italiano al fianco di USA e Israele, «appena il 19%» sarebbe a favore, contro 75% di «contrari a un coinvolgimento diretto».
«L’“Europa” e gli stati che si dicono civili» scriveva Lenin nell'aprile 1913, «si danno ora a una forsennata corsa a ostacoli per gli armamenti... si urla invocando il patriottismo, la cultura, la pace, il progresso, e tutto ciò per giustificare nuovi investimenti in decine e centinaia di milioni di rubli destinati a armi di sterminio di ogni genere... A chi giova! Qualche tempo fa la nota società inglese “Armstrong, Whitworth e C.” ha pubblicato il proprio rendiconto annuale. La società produce soprattutto materiale bellico di ogni tipo. Il bilancio consuntivo ammonta a 877 mila sterline, cioè a circa 8 milioni di rubli... Ecco dove vanno i milioni e i miliardi estorti agli operai e ai contadini per gli armamenti. In Inghilterra c’è Armstrong, in Germania Krupp, in Francia Creusot, in Belgio Cockerill; e quanti se ne possono contare in tutti i paesi “civili”? E La massa dei fornitori?Ecco a chi giova rinfocolare lo sciovinismo, cianciare di patriottismo (patriottismo da cannone), di difesa della civiltà (con le armi di distruzione della civiltà), e così via!».
A chi giova nel 2025 la corsa gli armamenti scatenata da NATO-UE?
FONTI:
https://www.interfax.ru/world/1032752
https://ria.ru/20250623/putin-2024854339.html
https://politnavigator.news/rossiya-ne-sobiraetsya-vtyagivatsya-v-gonku-vooruzheniya-s-nato.html
https://aif.ru/society/putin-rossiya-budet-povyshat-boevye-vozmozhnosti-vseh-vidov-i-rodov-voysk
https://politnavigator.news/mid-rf-nam-ne-o-chem-razgovarivat-s-nato.html