Afghanistan, la Chimera Qatar-Taleban

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Afghanistan, la Chimera Qatar-Taleban

 

La cruda e brutale realtà odierna in Afghanistan ha dato un colpo secco a Doha: chi tratta con i Taleban finirà solo per perdere la faccia.

 Per Al-Mayadeen English

[questo saggio è stato tradotto dal tedesco in italiano da Nora Hoppe]

Il governo del Qatar ha chiarito che non appena "sentirà" che la sua cooperazione con i Taleban non sarà nell'interesse del popolo afghano, smetterà di fare da mediatore.

Sembra che i qatarini si siano resi conto solo ora con chi hanno avuto a che fare negli ultimi anni. Perché ora stanno assaggiando l'umiliazione... O almeno questo è il modo in cui stanno attualmente esprimendo i loro "sentimenti". Ma come si è arrivati a questo? Come è stato possibile che il Qatar, che non aveva riconosciuto il primo governo talebano nel 1996, si sarebbe improvvisamente piegato e avrebbe accettato di farsi coinvolgere dai Taleban? E come ha fatto il Qatar ad arrivare a questo (tardivo) sentimento?

Nel 2010, gli Stati Uniti avevano iniziato a cercare un modo conveniente per impegnarsi con i Taleban. A quel tempo, un soldato americano di nome Beaudry Bergdahl era stato fatto prigioniero dai Taleban, che speravano di scambiarlo con alcuni dei loro prigionieri a Guantánamo. A quel punto il Mullah Akhtar Mohammad Mansour, un vicecomandante dei Taleban, si offrì di tenere dei colloqui.

Secondo alcune fonti, ci sono stati tre incontri tra lui e i rappresentanti dell'Afghanistan e della NATO. Si dice anche che abbia incontrato personalmente Karzai nel suo palazzo a Kabul, ma Karzai ha poi smentito. Non appena i servizi segreti afghani e statunitensi hanno pagato al Mullah Akhtar Mohammad Mansour diverse centinaia di migliaia di dollari, egli è… scomparso... per non essere mai più visto. Si è scoperto che si spacciava per il Mullah Akhtar Mohammad Mansour e non era nemmeno un membro dei Taleban. Si dice che fosse un semplice (ma furbo) negoziante della città pakistana di Quetta... o, secondo altri, un agente dell'agenzia di intelligence pakistana, l'ISI. Mentre Karzai e i suoi zii della NATO si nascondevano dai giornalisti per evitare domande imbarazzanti su questo fiasco, i Taleban e certamente i funzionari dell'ISI si spaccavano i fianchi dalle risate.

"Gli americani e i loro alleati sono totalmente ottusi e possono essere ingannati da chiunque", ha dichiarato all'epoca un portavoce talebano.

Ma fu proprio questa umiliante gaffe a dare il via alla carriera del Qatar come mediatore tra gli Stati Uniti e i Taleban. Per gli Stati Uniti, gli Stati del Pakistan, dell'Arabia Saudita e degli Emirati Arabi Uniti erano fuori questione come mediatori - per mancanza di fiducia nei loro confronti, tra le altre ragioni. Così il Qatar è entrato in scena come opzione.

Il Qatar non aveva riconosciuto il primo regime talebano (1996-2001) e aveva dimostrato negli anni di essere un partner affidabile e disponibile degli Stati Uniti. Inoltre, il Qatar si era già guadagnato una buona reputazione nella mediazione in Sudan, Yemen e Libano negli anni Novanta. Questa volta, trattando con i Taleban, il Qatar sarebbe stato in grado di fare una buona impressione sugli Stati Uniti e di attirare il loro favore. E i Taleban, che hanno sempre sognato di avere un dipartimento di rappresentanza all'estero, erano anche propensi ad averlo in Qatar. A loro sarebbe stato dato solo un ufficio, cioè un indirizzo politico, dove poterli trovare e avvicinare in caso di necessità.

L'ufficio è stato aperto a Doha il 18 giugno 2013. Questo è stato il primo passo per dare ai Taleban un'aura di legittimità e di esistenza politica. Due anni dopo, il soldato statunitense Bergdahl è stato scambiato con cinque prigionieri Taleban negli Stati Uniti. Ora si era instaurata una certa fiducia tra gli Stati Uniti e i Taleban, che potevano fare affari insieme (legalmente!).

Nel 2017 c'è stato un blocco del Qatar da parte di Arabia Saudita, Bahrein, Emirati Arabi Uniti ed Egitto. Il Qatar era diventato eccessivamente coinvolto nel sostegno ai gruppi terroristici in "Medio Oriente" (soprattutto in Siria), cosa che fino ad allora non aveva preoccupato nessuno a Washington. Poi è arrivato Trump e ha detto che "non si può più finanziare l'ideologia radicale". Gli Stati del Golfo, tutti devoti vassalli degli USA, hanno gridato all'unisono "non siamo stati noi, sono stati loro!" e hanno indicato il Qatar.

Ciò ha suscitato grande perplessità a Doha. Dove hanno sbagliato - si sono chiesti. Ma non c'è da preoccuparsi... perché avevano ancora una buona carta in mano: i Taleban. Inoltre, hanno pagato decine di milioni di dollari ai lobbisti di Washington per riguadagnare il favore dei loro grandi maestri - mentre espellevano senza pietà dal Paese i lavoratori ospiti che protestavano, senza pagare loro il dovuto. Ma questa è un'altra storia...

La loro buona carta ha avuto la meglio e gli Stati Uniti e i Taleban si sono recati a Doha, dove è stato finalmente firmato l'accordo del 2020 sul ritiro delle truppe statunitensi. Quello che è successo dopo è risaputo.

In realtà, il Qatar ha fatto tutto "bene" e ha solo aiutato il suo Gran Maestro a realizzare i suoi piani in Afghanistan. Allora perché ora sono delusi e perché si "sentono" così umiliati?

Già in precedenza (a partire dal 2010), a causa dei Taleban, il Qatar era stato accusato (ad esempio dagli Emirati Arabi Uniti) di sponsorizzare il terrorismo. Da quando gli USA/NATO hanno battuto la loro famigerata ritirata precipitosa, con il conseguente collasso dello Stato afghano e le circostanze catastrofiche di Kabul, gli Stati Uniti hanno cercato capri espiatori e li hanno trovati:

"È stato il Qatar a coordinare questo sfacelo, dall'ospitare un'ambasciata talebana a fornire il quadro per i colloqui, a marcare i Taleban come più 'moderati'. Non c'è nessun 'emergente' qui. Questo disastro è stato un'operazione del Qatar" un messaggio su Twitter di Jonathan Schanzer, vicepresidente senior della ricerca della Foundation for Defense of Democracies (FDD).

Forse non è stato del tutto corretto nei confronti del Qatar, che non aveva nulla a che fare con il disastro di Kabul, almeno non direttamente.

L'apertura dell'ufficio talebano, l'accoglienza dei rappresentanti Taleban a Doha, la mediazione durante i colloqui e infine l'accordo: tutto questo è stato fatto per compiacere gli Stati Uniti. A Doha c'è un senso di orgoglio per il fatto che il coinvolgimento del Qatar ha contribuito a porre fine alla più lunga guerra degli Stati Uniti e a portare pace e sicurezza in Afghanistan. È un grande risultato per un piccolo Paese.

Certo, Doha ha anche contribuito a diffondere la favola dei "Taleban moderati". Ma il Qatar ha finito per farsi ingannare dai Taleban - sia quelli che hanno trascorso tutti gli ultimi anni a Doha sia quelli che facevano i pendolari da e per Doha - per i quali ha condotto i negoziati. Questi rappresentanti Taleban hanno iniziato a sperimentare il mondo "moderno" al di là delle montagne e dei deserti dell'Afghanistan e delle caotiche città del Pakistan. Inoltre, in Qatar hanno ricevuto un addestramento da parte di allenatori tedeschi e norvegesi per essere in grado di condurre negoziati politici.

Questi membri dei Taleban sembravano, a tutti gli effetti, essere diventati "moderati" e "ragionevoli". Tuttavia, non si sa ancora se questi manipoli di Taleban fossero o siano effettivamente "moderati", o se stessero solo fingendo. In ogni caso, se i moderati esistono, il loro numero non è abbastanza alto da avere un'influenza positiva sul resto sfrenato.

I Taleban non sono un gruppo omogeneo. Al loro interno sono afflitti da lotte intestine. C'è la rete Haqqâni, che ha legami molto stretti con l'ISI e incarna il fanatismo religioso unito allo sciovinismo pashtun. Ci sono anche persone "moderne" e "profane" che propagano una forma fascista di supremazia pashtun e hanno una forte influenza sui Taleban. Ci sono persino gli ex membri della fazione Khalq del PDPA (Partito Democratico del Popolo dell'Afghanistan, al potere dal 1978 al 1994) che erano ritenuti comunisti, ma che sono ricaduti nelle mani delle loro tribù dopo la caduta del governo Najibullah. Forse coloro che vedono una varietà diversa di Taleban ("un Talebano 2.0 che vorrebbe governare in modo più moderno..."  come ha descritto il generale britannico Nick Carter), si riferiscono a queste due ultime fazioni citate.

E infine, ci sono i ranghi inferiori, totalmente sottoposti a lavaggio del cervello, e i soldati semplici che sono nati e cresciuti in guerra. I combattenti stranieri dei gruppi terroristici islamici in attesa di essere impiegati e i Taleban pakistani non fanno che complicare ulteriormente la situazione.

I Taleban hanno dimostrato, durante il loro governo di un anno, di non essere in grado di governare un Paese come l'Afghanistan. Finora non c'è stato alcun segno di un Taleb moderato. Un cambiamento nella loro ideologia e mentalità porterebbe inevitabilmente e naturalmente alla disintegrazione della loro struttura interna e al crollo del loro potere. In termini del loro Pashtunismo, sono i conquistatori e i "proprietari" dell'Afghanistan e, in termini di fede, sono i "veri" musulmani. Si sentono chiamati da Dio a convertire il resto della popolazione afghana al vero Islam e al Pashtunismo. Anche il desiderio di islamizzare il mondo intero non è estraneo a loro (di tanto in tanto questo sfugge dalle loro bocche durante i sermoni). Questa è anche la base della loro coesione con Al-Qaeda e altri gruppi islamisti. Da questo punto di vista, c'è poca differenza tra i Taleban e DAESH, e l'inimicizia tra i due non è altro che la lotta tra due rivali in competizione. (Inoltre: i Taleban sono tutti afghani, mentre DAESH è un'organizzazione internazionale – un'"Internazionale islamista").

Qualche mese fa, Maulawi Mahdi, un comandante talebano di etnia hazara sciita, si è sollevato con i suoi sostenitori contro i Taleban. La sua rivolta è stata brutalmente stroncata e lui stesso è stato catturato e immediatamente fucilato mentre fuggiva in Iran.

In questo momento, nelle tortuose valli del Panjshir e dell'Andarab, nel nord-est dell'Afghanistan, infuria una battaglia spietata tra i Taleban e il cosiddetto "Fronte di resistenza nazionale" guidato da Ahmad Massoud, il figlio di Ahmadshah Massoud che ha combattuto contro il primo regime talebano (1996-2001).

In Afghanistan l'economia è in rovina. Disoccupazione, fame e povertà estrema dilagano. Le esplosioni di bombe si verificano regolarmente, con vittime soprattutto tra i civili. Donne e ragazze sono agli arresti domiciliari. Le molestie quotidiane, i pestaggi e l'umiliazione della popolazione urbana da parte delle guardie del "Ministero per la Virtù e la Prevenzione del Vizio", insieme ai frequenti disastri naturali - che vengono interpretati dai Taleban come una punizione di Dio - sono l'ultima goccia. L'elenco dei disastri è infinito.

Nessuno al mondo ha voluto, potuto o osato riconoscere i Taleban fino ad ora.

In queste circostanze, è comprensibile che il Qatar, che aveva esercitato troppe pressioni a favore dei Taleban, si senta ora ingannato e umiliato. Inoltre, la sconfitta del Qatar nell'affare della gara per l'aeroporto afghano (si veda il mio precedente articolo) e infine la vicenda di Al-Zawahri potrebbero aver giocato un ruolo anche in questo caso.

Quando nel 2010 il Qatar si candidò al ruolo di mediatore tra i Taleban e gli Stati Uniti, dopo l'imbarazzante episodio del falso Mullah Mansour, lo sceicco Hamad bin Khalifa Al-Thani, l'Amir del Qatar, avrebbe detto agli americani che "loro [i Taleban] possono avervi ingannato, ma con tutto il rispetto, i Taleban non sono nella posizione di ingannare me".

La cruda e brutale realtà odierna in Afghanistan ha dato un colpo secco a Doha: chi tratta con i Taleban finirà solo per perdere la faccia... naturalmente con l'eccezione del Pakistan - non bisogna dimenticare che le redini dei Taleban sono nelle mani dell'ISI, e le redini dell'ISI sono nelle mani di Regno Unito e Stati Uniti.

Alcuni riferimenti:

https://www.middleeasteye.net/opinion/afghanistan-qatar-uae-taliban-haqqani-trumped-how

https://www.vice.com/en/article/jgp5kk/taliban-afghanistan-factions

https://www.middleeasteye.net/news/qatar-us-taliban-how-became-mediator-talks

https://www.bbc.com/news/world-south-asia-11818583

https://www.nytimes.com/2010/11/23/world/asia/23kabul.html

https://www.vice.com/en/article/k7wmjw/taliban-female-news-anchors-masks

 

Tariq Marzbaan

Tariq Marzbaan

 

Nato a Kabul nel 1959, dove ha vissuto fino al 1982 quando si è rifugiato con parte della sua famiglia a Peshawar in Pakistan, poi in Germania dove ha ottenuto la cittadinanza anni dopo. Attualmente risiede nell'Asia sudorientale. Ha conseguito un master in letteratura persiana e filologia tedesca, oltre a continui studi indipendenti sulla geopolitica, la storia e il colonialismo. Ha lavorato come fumettista politico, artista, ricercatore e traduttore di notizie, montatore cinematografico, sceneggiatore. Ha prodotto e diretto il suo film documentario-saggio sull'esilio "The Storm Bird", che è stato presentato nei festival internazionali. Editorialista per Al Mayadeen English.

"Il Waste Land è la terra del non-spazio e del non-tempo, la visione di un luogo di nessuno, che con la sua oscurità infrange ogni speranza, in cui gli abitanti si dibattono in un clima di disperazione e soffocamento."

- Angelo De Sio, nella sua analisi de 'La terra desolata', poema di T.S. Eliot

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