Alberto Negri - Prima le guerre economiche, poi quelle vere

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di Alberto Negri* - Quotidiano del Sud


Le guerre guerreggiate di solito vengono precedute da guerre commerciali e sanzioni. E’ stato così nel periodo tra le due guerre mondiali e anche in anni recenti. Dopo che l’Iraq invase il Kuwait nell’agosto del 1990 furono imposte a Baghdad durissime sanzioni che isolarono il Paese dal mondo per oltre 12 anni. Chi scrive ha visto per un decennio il dramma di un Paese prostrato, affamato, di scuole senza le matite, di ospedali senza medicine, mentre Saddam Hussein continuava dominare le vite degli iracheni. Eppure proprio il raìs iracheno era stato foraggiato della monarchie del Golfo e dall’Occidente per invadere l’Iran in una guerra durata otto anni con un milione di morti. A Saddam avevamo dato armi, soldi e licenza di uccidere.


Non stiamo parlando di preistoria, purtroppo le leadership mondiali, soprattutto negli Usa, tendono a dimenticare o a fare finta di nulla: di errori nel passato recente ne sono stati commessi di clamorosi e si manifesta la coazione a ripeterli.


Ma come facciamo ancora a credere agli Stati Uniti, dopo le clamorose balle sulle armi distruzione di massa di Saddam che portarono alla guerra del 2003?


Gli Usa oggi impongono sanzioni alla Russia, all’Iran e al Venezuela. Ma anche l’innalzamento dei dazi alla Cina e la collocazione in lista nera della Huawei non sono molto diverse da vere e proprie sanzioni. Ogni giorno Donald Trump pensa di metter qualcuno in lista nera e appare disposto a negoziare soltanto con Kim Jong un, il leader nordcoreano con l’atomica che forse un giorno vorrebbe usare contro Pechino. L’Iran l’atomica non ce l’ha ma le sanzioni vengono imposte lo stesso, agli iraniani ma anche alle aziende occidentali. E’ ovvio che l’Iran reagisca e sospenda una parte dell’accordo sul nucleare del 2015. Stupisce, ma non troppo, l’insipienza europea: l’Unione europea dovrebbe reagire e anche il nostro governo, visto che con le sanzioni all’Iran ci rimettiamo 27 miliardi di euro di commesse.


Ma gli Usa vanno per al loro strada: vogliono strangolare Teheran impedendo anche le esportazioni di greggio. Risultato: i cinesi, già impegnati in duri negoziati commerciali con Washington, disertano le aste dei Bot americani (ne posseggono per oltre 800 miliardi) giusto per dare un segnale agli Stati Uniti: guardate che di questo passo rischiamo di rimetterci tutti.


Gli europei però, invece di farsi coraggio, ritirano le truppe dall’Iraq perché gli Usa intendono mettere sotto pressione uno degli alleati più stretti di Teheran, visto che il governo di Baghdad è a maggioranza sciita e le milizie dei pasdaran iraniani sono state decisive per sostenere l’urto del Califfato che nel 2015 aveva occupato Mosul, la seconda città del Paese, e minacciava anche la capitale.


Guerre economiche e guerre vere vanno dunque quasi di pari passo e di solito i conflitti commerciali e le sanzioni precedono nuovi conflitti che dopo qualche tempo appaiono inevitabili. Ma di inevitabile non c’è nulla se non la preoccupante incapacità degli Stati Uniti di gestire le crisi internazionali. Peccato che queste guerre si svolgano alle porte di casa nostra e provochino disastri epocali: i profughi siriani in Turchia sono tre milioni, un milione nel piccolo Libano, in Iran ci sono altri due milioni e mezzo di rifugiati afghani mentre l’Africa preme sulle sponde del Mediterraneo. Ma questi drammi sono lontani migliaia di chilometri da Washington che continua a non capire il mondo, se non quando si sottomette a una superiore forza militare che per altro finora non ha vinto, come sappiamo bene, nessuna guerra e ha provocato il caos intorno a noi.


*Pubblichiamo su gentile concessione dell'Autore

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