Armi chimiche e Siria, tutto quello che devi sapere sul nuovo rapporto bufala dell'OPCW

Armi chimiche e Siria, tutto quello che devi sapere sul nuovo rapporto bufala dell'OPCW

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di Francesco Santoianni


In piena emergenza Coronavirus, rischia di passare sotto silenzio l’escalation diplomatica e mediatica contro la Siria concretizzatasi nella, davvero abominevole, richiesta dell’Unione Europea di inasprire sanzioni, che, insieme ad una guerra per procura condotta da otto anni dall’Occidente e dalle Petromonarchie, hanno già prodotto innumerevoli morti e sofferenze. Cuore di questa escalation il Rapporto First Report by The OPCW Investigation and Identification Team - realizzato da una agenzia dell’ONU (OPCW - Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche) ormai allo sbando - che accusa il governo di Damasco di avere, nel 2017, utilizzato gas tossici in tre bombardamenti su aree occupate da “ribelli”.

Un rapporto nel quale gli allegati che dovrebbero documentare le prove si riducono a:

sette fotografie (pagg. 75-79) di frammenti di presunte bombe dell’Aeronautica militare siriana (frammenti, si badi bene, che non sono stati trovati dagli ispettori dell’OPCW; si veda, ad esempio, la seguente affermazione a pag. 36 del Rapporto:  “On 19 February 2018,74 the FFM received metal fragments retrieved from the crater as remnants of munition parts related to the incident of 24 March 2017”);

una foto di Google Earth (pag. 80), come se della Siria mancassero ben più pregnanti foto satellitari ed aeree);
una pagina bianca (pag. 81) sormontata dalla dicitura “CHEMICAL ANALYSIS (SARIN) This Annex has been classified as “OPCW Highly Protected” and is available to all States Parties in document IIT/HP/001, dated 8 April 2020” e cioè questo allegato è qui censurato (…).

una pagina bianca (pag. 82) sormontata dalla dicitura REDACTED PARAGRAPHS come il precedente allegato, censurato.
 

Ma distogliamo lo sguardo da questa sconfortante “documentazione” e occupiamoci dei tre casi in esame, così sintetizzati, a pag. 2, dal Rapporto:
 

  • Verso le 6:00 del 24 marzo 2017, un aereo militare Su-22 appartenente alla 50a brigata della 22a divisione aerea dell'aeronautica militare araba siriana, in partenza dalla base aerea di Shayrat, lanciò una bomba aerea M4000 contenente sarin nella Ltamenah meridionale, colpendo almeno 16 persone.
  • Alle 15:00 circa del 25 marzo 2017, un elicottero dell'aeronautica militare araba siriana, in partenza dalla base aerea di Hama, lasciò cadere un cilindro nell'ospedale di Ltamenah; il cilindro, sfondato il tetto dell’ospedale, si è rotto rilasciando cloro che ha colpito almeno 30 persone.
  • Verso le 6:00 del 30 marzo 2017, un aereo militare Su-22 appartenente alla 50a brigata della 22a divisione aerea dell'aeronautica militare araba siriana, in partenza dalla base aerea di Shayrat, lanciò una bomba aerea M4000 contenente sarin nella Ltamenah meridionale, colpendo almeno 60 persone.
 
Ovviamente, considerando la “documentazione” delle prove, le suddette affermazioni vanno prese come Atto di Fede anche se il Rapporto (punto 5, pag. 2) assicura che l’Investigation Team (IT) è giunto alle sue conclusioni attraverso: interviste condotte direttamente dall’IT; informazioni ottenute da non meglio precisati “Stati e altre entità”; consulenze di esperti e istituti forensi; analisi di munizioni ed altri pertinenti materiali. Documentazione – assicura il Rapporto – “valutata in modo olistico ed esaminando attentamente il suo valore probatorio attraverso una metodologia ampiamente condivisa in conformità con le migliori pratiche degli organismi d'inchiesta internazionali e commissioni d'inchiesta”.

Peccato, comunque che, come dichiara il Rapporto al punto 7, pagina 2 (The challenges faced by the IIT included its inability to access the site of the incidents as well as persons and information located in the Syrian Arab Republic) questo altisonante Investigation Team non abbia fatto NESSUN SOPRALLUOGO nelle aree bersaglio dei suddetti attacchi, né tantomeno, abbia potuto giovarsi di informazioni provenienti dalla Repubblica araba della Siria.

Ma allora, queste sbandierate “prove” chi le ha fornite? Sorge l’atroce sospetto che, così come avvenuto per un'altra sbracata “indagine” dell’OPWC (quella, del 2013 sul Sarin di Assad a Ghouta) questi blasonati Ispettori dell’ONU si siano limitati a prendere come Vangelo le dichiarazioni di qualche tizio e come oro colato ogni rottame che esibiva. Certo, l’OPWC – nel Rapporto si rammarica che l’accesso ai luoghi oggetto di “indagine” “non sia stato concesso dal governo di Damasco”, ma perché mai il Governo di Damasco (che, per anni, ha messo a repentaglio la vita dei suoi soldati scortando in lungo e largo gli ispettori dell’ONU ricevendone sempre Rapporti farlocchi) li avrebbe, ancora una volta, dovuto accompagnare in aree che non pochi giornalisti occidentali riescono, comunque, a raggiungere mettendosi d’accordo con la Turchia o, direttamente, con i tagliagole dell’ISIS?

Incredibile, davvero, che l’Unione Europea si appresti a rendere ancora più atroci le sanzioni alla Siria sulla base di un Rapporto così sbracato. Rapporto che, ci auguriamo, qualcuno alla Farnesina stia leggendo attentamente. Anche per questo sarà il caso di ritornarci con un più dettagliato articolo.
 

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