Autorità di vigilanza e i monopoli: l'errore di fondo nell'UE e negli Usa
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di Alessandro Volpi
C'è un errore di fondo nel modo in cui operano le Autorità di vigilanza contro i monopoli, sia nell'Unione Europea, dove esiste un Commissario alla concorrenza, sia negli Stati Uniti, dove opera la Federal Trade Commission.
Tale errore è individuabile nella decisa preminenza assegnata da tali organi ad una presunta tutela del "consumatore" che per anni si è tradotta nella difesa dei prezzi più bassi. In altre parole, per tali autorità è tutto lecito in termini economici se il risultato finale è un abbassamento dei prezzi per i consumatori.
In base a questo principio si è giustificata la delocalizzazione produttiva in zone dove i salari erano più bassi perché così i prodotti costavano meno; si è consentita la deregolamentazione del "mercato del lavoro" con la moltiplicazione delle fattispecie contrattuali e del precariato; si è permessa la costruzione di giganti in settori strategici, a partire dalle telecomunicazioni e dell'energia, perché gli uenti avrebbero pagato meno; si è consentita la finanziarizzazione nelle mani di pochissimi grandi fondi e grandi banche per far sì che gli utenti pagassero meno tali servizi.
In estrema sintesi la "tutela" del consumatore ha favorito la deindustrializzazione in larghe parti del mondo capitalistico, ha facilitato, in maniera paradossale, la creazione di monopoli e, negli ultimi anni, non è riuscita neppure a contrastare l'inflazione.
Forse questo modello andrebbe radiclamente ripensato proprio a partire dall'idea stessa di consumatore inteso come un organismo asettico e fuori da ogni contesto, il cui obiettivo è soltanto quello di spendere meno; l'assolutizzazione del consumatore è stato lo strumento per la creazione dei monopoli e al contempo per la distruzione del mondo del lavoro.
Tale errore è individuabile nella decisa preminenza assegnata da tali organi ad una presunta tutela del "consumatore" che per anni si è tradotta nella difesa dei prezzi più bassi. In altre parole, per tali autorità è tutto lecito in termini economici se il risultato finale è un abbassamento dei prezzi per i consumatori.
In base a questo principio si è giustificata la delocalizzazione produttiva in zone dove i salari erano più bassi perché così i prodotti costavano meno; si è consentita la deregolamentazione del "mercato del lavoro" con la moltiplicazione delle fattispecie contrattuali e del precariato; si è permessa la costruzione di giganti in settori strategici, a partire dalle telecomunicazioni e dell'energia, perché gli uenti avrebbero pagato meno; si è consentita la finanziarizzazione nelle mani di pochissimi grandi fondi e grandi banche per far sì che gli utenti pagassero meno tali servizi.
In estrema sintesi la "tutela" del consumatore ha favorito la deindustrializzazione in larghe parti del mondo capitalistico, ha facilitato, in maniera paradossale, la creazione di monopoli e, negli ultimi anni, non è riuscita neppure a contrastare l'inflazione.
Forse questo modello andrebbe radiclamente ripensato proprio a partire dall'idea stessa di consumatore inteso come un organismo asettico e fuori da ogni contesto, il cui obiettivo è soltanto quello di spendere meno; l'assolutizzazione del consumatore è stato lo strumento per la creazione dei monopoli e al contempo per la distruzione del mondo del lavoro.