Bolivia, la storia di Patricia Arce: l'anno scorso rapita e picchiata dai golpisti oggi eletta senatrice col MAS

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Bolivia, la storia di Patricia Arce: l'anno scorso rapita e picchiata dai golpisti oggi eletta senatrice col MAS


di Fabrizio Verde
 

C’è una storia in Bolivia che vale la pena raccontare. Circa un anno dopo essere stata rapita, aggredita e umiliata pubblicamente dagli oppositori golpisti di Evo Morales, Patricia Arce, sindaco del comune di Vinto a Cochabamba, è stata eletta senatrice nelle fila del Movimento per il Socialismo (MAS). Partito che ha battuto il golpe sponsorizzato dagli USA nelle urne. Lucho Arce, già ministro dell’Economia nei governi di Evo Morales, sarà il nuovo presidente. 

 

Ma torniamo alla storia di Patricia Arce. La neoeletta senatrice del MAS divenne nota a livello internazionale (meno in Italia) lo scorso anno, dopo che il 6 novembre del 2019, durante le proteste violente scoppiate in Bolivia e organizzate da settori golpisti decisi a non riconoscere la netta vittoria di Morales nelle elezioni del 20 ottobre, veniva rapita mentre si trovava nell’edificio comunale.

 

I golpisti trascinavano via a forza Arce dal suo ufficio costringendola a camminare a piedi nudi tra pietre e vetri, per più di sette chilometri. Lungo questo percorso, un vero e proprio calvario, l’esponente socialista subiva la rasatura dei capelli mentre il suo corpo veniva marchiato con vernice rossa. Solo dopo molte ore interveniva la polizia - che poi avrà un ruolo determinante nel golpe - liberando Arce e trasportandola in ospedale. 

 

“Mi hanno tagliato i i capelli, picchiato, ma le mie idee sono ancora intatte", diceva Arce poche settimane dopo, al suo ritorno alla guida del comune di Vinto.

 

La repressione nei suoi confronti non si è però fermata. Nell'aprile di quest'anno, durante il governo golpista di Jeanine Áñez, salita al potere dopo il colpo di Stato contro Morales, Arce è stata arrestata, insieme ai suoi cinque figli, accusati di aver organizzato una festa e consumato bevande alcoliche durante la quarantena obbligatoria per la pandemia di coronavirus.

 

Il test dell'etilometro dava però esito negativo. Patricia Arce denunciava quindi la "persecuzione politica" del governo golpista nei suoi confronti. 

 

Neanche questa volte Arce si è fatta intimidire e non si è arresa. Ha deciso di candidarsi al Senato con il MAS e gli elettori l’hanno premiata. “"Con il lavoro, l'umiltà e il sostegno del popolo boliviano, recuperiamo il nostro Paese, per tutti, con unità e coraggio. Voglio ringraziare i fratelli e le sorelle che hanno creduto in questo progetto che recupererà lo Stato dopo questo colpo di Stato, grazie mille”, ha scritto la senatrice su Twitter. 

 

Sulla storia di Patricia Arce in Italia dobbiamo registrare silenzio assoluto. Le varie Boldrini, Quartapelle, Bonino, il Partito Democratico. Nessuno ha detto una parola ho espresso indignazione per quanto veniva fatto contro Patricia Arce. I suoi diritti umani potevano essere violati solo perché socialista?

 

Proviamo a immaginare se Patricia Arce fosse stata bielorussa, iraniana, turca, russa, venezuelana. Provate a immaginare i vari esponenti liberali stracciarsi le vesti a reti unificate per denunciare il dittatore di turno - ovviamente socialista o antimperialista - che calpesta ogni diritto umano. Invocando al contempo invasioni, sanzioni e ogni tipo di ingerenza imperiale. 

 

Invece nel caso di Patricia Arce nessuno si è indignato. Quando ad agire sono gli scagnozzi di Washington non c’è femminismo o liberalismo che tenga.  

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