La manovra (ir)responsabile. Una legge di bilancio per i ricchi e senza visione per il futuro

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La manovra (ir)responsabile. Una legge di bilancio per i ricchi e senza visione per il futuro

 

di Giuseppe Giannini

La legge di bilancio presentata dal governo è in perfetta continuità con le precedenti politiche austeritarie. Andando ad analizzare i provvedimenti economici c'è poco da sorridere. La manovra avrà un impatto quasi nullo, sia sulla tenuta dei conti, ma soprattutto sulle tante questioni sociali, che da troppo tempo reclamano una svolta.

Di certo non appartiene al dna delle destre la preoccupazione per gli impoveriti ed in via di sparizione (la classe media). Il rigore dei conti è il dogma intoccabile, in conformità al Nuovo Patto di Stabilità e Crescita. L'avanzo primario attesta le maggiori entrate rispetto alle spese, ma che derivano dal prelievo verso i soliti noti: i redditi medio-bassi del lavoro dipendente e dei pensionati. Il 40% delle entrate tributarie proviene da lì (il 75% dai lavoratori dipendenti e solo il 5% dai redditi da capitale, che pure contano per il 40% del Pil).[1] Sono previsti aumenti ridicoli e, insieme alla riduzione dell'aliquota Irpef, del tutto inadeguati. Questa passerà dal 35% al 33% per i redditi fra i 28 mila e i 50 mila euro.

I benefici saranno risicati: 1,70 euro al mese per chi guadagna 29 mila euro; 36 euro per chi ne guadagna 50 mila; premiando chi guadagna di più e poco o niente per chi sta sotto la soglia. Per quanto riguarda le pensioni solo quelle al minimo avranno un aumento di 4 euro. Spariranno Quota 103 e Opzione Donna, prorogata l'Ape Sociale. E' questo il modo di compensare gli ultimi anni in cui l'inflazione crescente si è abbattuta come una scure sulle fasce più deboli della popolazione? Inoltre, è previsto l'allungamento dell'età pensionabile (ricordiamo che l'Italia è tra i paesi con i lavoratori più anziani) malgrado la difficoltà che grava su più generazioni a mantenere la continuità lavorativa e contributiva. E che sbugiarda lo stesso Salvini, che da un decennio basa i suoi proclami sull'attacco della Riforma Fornero.

Lavoratori e pensionati, invece di usufruire del maggior gettito fiscale, 50 miliardi derivanti da più Irpef gonfiata dai valori nominali delle paghe, risentono della mancata indicizzazione a causa di un'inflazione che impatta pesantemente sui salari, che hanno perso potere d'acquisto. Lo stesso vale per i mancati rinnovi contrattuali. Fine dei bonus energetici, aiuti pensati per tamponare il caro bollette e i tagli delle accise sui carburanti causati dall'impennata spropositata dei prezzi e dalle speculazioni, che sono figli dell'ostracismo verso la Russia. In base ai dati ISTAT ed OCSE l'Italia negli ultimi anni è fra i Paesi che hanno registrato aumenti maggiori dei prezzi e contemporanea bassa crescita dei salari. Nemmeno la mole di stanziamenti provenienti dai fondi del PNRR (l'Italia ha ricevuto più soldi di tutti) è servita a dare quel cambiamento - investimenti in infrastrutture e personale – necessario ad un Paese che vuole guardare con fiducia al futuro. Le garanzie pubbliche al sistema bancario risultano inefficaci nel mobilitare risorse, che sono destinate al solo settore edilizio, ma che richiederebbero di finanziare le imprese di media e piccola dimensione rappresentanti la maggioranza del totale. E di conseguenza ne risenterà la produzione industriale. Il governo, però, proroga il cuneo fiscale, nonostante l'aumento dei profitti delle imprese, addossandosi i costi datoriali. Dall'altra parte i lavoratori italiani sono fra i più precari con salari inferiori alla media UE e che non crescono da trent'anni.

La povertà tocca 5,7 milioni di persone e 1,3 milioni di minori. Aver abolito il Reddito di Cittadinanza, anche se nella versione del Movimento Cinquestelle rappresentava una forma di workfare, e dopo anni e anni di crisi, ha significato fare della povertà una colpa. Infatti, i fondi previsti per combattere la povertà sono stati decurtati e così le altre misure di sostegno al reddito o destinate ai comuni per i programmi di formazione ed inclusione sociale. Comuni, che rappresentano gli enti di prossimità verso i cittadini, ma che tra le varie incombenze finanziarie hanno difficoltà a trovare le risorse necessarie per dare risposte e servizi. L'aumento della tassa di soggiorno per i turisti diventa quindi un modo per fare cassa. I provvedimenti del governo inaspriscono le diseguaglianze: il 10% dei ricchi detiene il 50% della ricchezza nazionale. E' una manovra striminzita da 18 miliardi, che prevede: tagli ai ministeri (i più colpiti saranno quello dei Trasporti di Salvini e quello della Cultura di Giuli); l'ennesima sanatoria per le cartelle esattoriali; l'aumento della pressione fiscale, in crescita da un triennio (non era la sinistra che aumentava le tasse?), ed intorno al 42% del Pil. La sanità, che rappresenta la voce di spesa più impegnativa per le casse statali e regionali, avrà lo stanziamento di circa 6 miliardi (2 miliardi per tre anni fino al 2028), ma si tratta, più che altro, di somme derivanti dal PNRR e non di nuovi investimenti.

La crescita del fondo risulta incapace di coprire l'inflazione, l'aumento dei costi energetici, dei farmaci e gli approvvigionamenti. Per le Regioni servirebbero 10 miliardi solo per il 2026. In mancanza di risorse, vista la cronica assenza di personale e la migrazione nel privato, le liste di attesa, inevitabilmente, subiranno un ulteriore allungamento. E cosa ne è stato delle famose Case della Comunità, che avrebbero dovuto rinforzare la sanità territoriale? Altro capitolo doloroso è quello della scuola. Qui sono previsti aumenti solo per il personale di ruolo. I fondi sono in calo ed avranno ricadute sul taglio del numero di insegnanti e del personale ATA. Nel bilancio di previsione per i prossimi anni è contemplato un incremento di spesa, relativo a quelle militari, rinviato a giugno quando il governo dovrebbe uscire dalla procedura di disavanzo eccessivo, e quindi potrà aumentarle. Adesso sono intorno al 1,5% (31 miliardi) del Pil, l'obiettivo è di portarle al 2%; l'intenzione della NATO è il 5% del Pil! Questo comporterà un indebitamento per i prossimi anni, ma per il quale sarà richiesta la flessibilità nel Patto di Stabilità: prestiti da ripagare a tassi convenienti. In sostanza, drenaggio di risorse dal welfare. Vi sono infine le questioni irrisolte con i partner di governo: c'è chi chiede un impegno da parte delle banche, e chi tergiversa sulla cedolare secca relativa agli affitti brevi on line.

Gli orientamenti sono quelli di far pagare i detentori di piccoli capitali ed i piccoli proprietari. Mentre non si toccano i grandi gruppi e le piattaforme digitali (Airbnb e Booking tassate allo stesso modo di chi affitta una sola stanza), per non scontentare Trump (l'impatto dei giganti del web sulla bilancia dei pagamenti americana). E per quanto riguarda le banche è un'anticipazione di imposte future, al solo fine di far quadrare il bilancio.[2]Rimane una economia ferma. La povertà aumenta anche fra chi lavora ed il Paese non si riprende. Il debito pubblico, cresciuto vertiginosamente durante gli anni del covid (era al 154,9% nel 2020) è iniziato a scendere (134,6% nel 2023) anche grazie alla liquidità proveniente dal Recovery Fund della UE. Però, in questi anni di stagnazione dell'economia, ha ripreso la risalita (135,3% nel 2024, 136,6% nel 2025), e così pure gli interessi (90 miliardi annui).[3]Finita la pioggia di soldi del PNRR, in considerazione anche degli enormi impegni di spesa sottoscritti per i prossimi anni dall'esecutivo, quale futuro ci aspetterà?

 

[1]Infoaut - Manovra 2026: La "responsabile" Meloni, atto terzo

[2]Infoaut - Manovra 2026: La "responsabile" Meloni, atto terzo

[3]Infoaut - Manovra 2026: La "responsabile" Meloni, atto terzo

 

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