Bolivia, lettera e surreale video ad Almagro dell'ex golpista Áñez. Lo “show politico-mediatico” continua

Bolivia, lettera e surreale video ad Almagro dell'ex golpista Áñez. Lo “show politico-mediatico” continua

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«I miei carcerieri vogliono che muoia in questa prigione dalla quale le sto scrivendo oggi, e a volte penso che sia la soluzione migliore». Con queste parole su Twitter, il 10 settembre, la ex presidente della Bolivia, Jeanine Áñez, introduce una sua 'disperata' lettera indirizzata a Luis Almagro, presidente della 'OEA' (Organización de los Estados Americanos). In un altro tweet, con un video pubblicato il 13 settembre, racconta la sua breve parabola da presidente ad interim fino al suo arresto. Ovviamente la narrazione appare alquanto 'surreale' a chi conosce almeno un po' quello che è accaduto in Bolivia nelle elezioni del novembre 2019, e di come poi, tramite il Colpo di Stato, hanno portato alla presidenza proprio Jeanine Áñez. 

Nel precedente articolo[1], pubblicato pochi giorni fa, ho scritto dello “show politico-madiatico” che sta mettendo in atto la ex presidente denunciando le “dure condizioni carcerarie” alle quale viene sottoposta. Ho poi aggiunto come le altre detenute sostengano il contrario, manifestando il loro malcontento per il privilegiato trattamento che le viene riservato, tanto è che il loro slogan nelle proteste è stato: “Jeanine, non mentire, tu vivi come una regina!”

Nel primo tweet indirizzato a Luis Almagro la signora Áñez pubblica anche le foto della sua lettera autografa; lettera che la figlia, Carolina Ribera, è andata a consegnare personalmente a Washington al Presidente della 'OEA'.

Lo scopo è sollecitare la stessa 'Organizzazione' nell'attivarsi politicamente e mediaticamente per la liberazione di sua madre, adducendo che il processo nei suoi confronti non è altro che un “processo politico” messo in piedi da false accuse, dato che la giustizia boliviana è completamente soggiogata dal governo del Presidente Arce.

Nei primi mesi di detenzione la signora Áñez ha visto che molti di quelli che l'avevano convinta a ricoprire la carica di presidente ad interim non stavano impegnandosi poi così tanto per “alleggerire” la sua posizione davanti alle accuse che le venivano contestate. Non stiamo certo parlando di amici intimi con cui si va a cena la sera, ma di alcuni ambasciatori che rappresentano gli interessi dei loro rispettivi Paesi; segretari generali di organizzazioni come la 'OEA', sempre servile ai comandi degli Stati Uniti; rappresentanti di importanti imprese straniere, soprattutto di quelle interessate al litio – il cosiddetto 'oro bianco' – di cui la Bolivia è al secondo posto al mondo come giacimenti e, sui quali, già da anni si sta combattendo una “guerra” per chi riuscirà a metterci le mani sopra, cosa che con il governo di Evo Morales sarebbe stato impossibile riuscirci.

Rendendosi conto della poca attenzione riservatale, la signora Jeanine Áñez ha scelto di continuare la narrazione dello “show politico-mediatico”, vestendo il ruolo della vittima sacrificale, e accusando Evo Morales, i dirigenti del suo partito (il 'MAS', Movimento al Socialismo) e l'intero governo di Luis Arce di vendicarsi su di lei, violando i più elementari diritti umani per la dura e ingiusta carcerazione.

Già passati sei mesi di carcerazione preventiva, Jeanine Áñez ha paura che la sua posizione si aggravi di molto, da quando la Commissione interamericana per i diritti umani (IACHR) ha consegnato al nuovo presidente della Bolivia, Luis Arce, il 'Rapporto' sui massacri di Sacaba e di Senkata. Ora le accuse che si sommano sono tante: “genocidio, terrorismo, sedizione e cospirazione, associazione a delinquere, 'delibere' contrarie alla Costituzione”.

Proprio per la quasi certezza di vedersi davanti un percorso giudiziario che la porterebbe a pesanti condanne ha deciso di scrivere una lettera al Segretario Generale della OEA, Luis Almagro. La lettera è andata a consegnargliela personalmente la figlia. Almagro è uno dei personaggi più influenti tra quelli che hanno spianato la strada al Colpo di Stato in Bolivia, legittimando poi la Senatrice Áñez alla presidenza del Paese andino.

Alcuni dei passaggi più significativi della lettera:

 

«Caro Luis Almagro.

Mentre il mio carceriere mi osserva, approfitto di queste poche righe…

Sig. Almagro, grido alla comunità internazionale che deve venire in Bolivia e vedere cosa sta succedendo con la giustizia e i prigionieri politici.

La mia richiesta di sollevare clamore e di aiuto non è per me, ma per un Paese che è stato completamente distrutto giudizialmente e che il suo Potere Giudiziario si è prostituito al governo di turno.

Sig. Almagro e Comunità internazionale, questo è il momento in cui dovete venire in Bolivia e fermare i protettori del potere guidati da Luis Arce Catacora ed Evo Morales insieme all'intera élite masista [élite del partito MAS. N.d.T.].

Dio ti benedica e ti illumini in quello che farai.»

Ma la signora Áñez non si ferma a richiamare l'attenzione di Luis Almagro e della 'Comunità internazionale' perché, il 13 settembre, nel suo account Twitter, pubblica un surreale video dove riassume la sua breve parabola (da presidente ad interim fino al suo arresto), ovviamente dal suo punto di vista.

Devo dire che il riassunto riportato nel video non si discosta affatto da quello che, si dall'inizio, la OEA ha dichiarato per voce del suo Segretario Generale, e che l'informazione mainstream ha subito diffuso con ogni mezzo per confermare i brogli elettorali da parte del 'MAS', brogli che nei mesi seguenti Luis Almagro non è mai riuscito a dimostrare, confermando la sua malafede nel riportare dichiarazioni che avevano il solo scopo di legittimare quello che si è rivelato un Colpo si Stato.

È evidente che con questo video, Jeanine Áñez, voglia far intendere agli organismi internazionali che lei si è mossa all'interno del perimetro che la OEA dichiarava legittimo, con l'avvallo degli Stati Uniti, della UE e di tutti gli altri Paesi che da subito l'hanno riconosciuta come Presidente della Repubblica, ma allo stesso tempo è chiaro anche che voglia far sentire tutta la responsabilità del suo stato detentivo a coloro che l'hanno usata per i propri interessi e adesso fanno finta di dimenticarsene.

Sono passati quasi due anni dal novembre 2019 e forse non tutti hanno seguito da vicino gli eventi che hanno portato a quel Colpo di Stato, e per questo ricordo solo due cose delle molte che si possono contestare al video pubblicato da Jeanine Áñez.

Per la prima approfitto di un lungo e dettagliato articolo pubblicato da 'DiEM25'[2] appena una settimana dopo le elezioni del 20 ottobre, dove si smentisce la grande menzogna che a suo tempo, il Segretario Luis Almagro e i media mainstream, imposero come verità all'opinione pubblica mondiale; e mi scuso con l'autore se aggiungo o cambio qualche parola, ma mi è necessario per sintetizzare al meglio il contenuto che ripropongo:

“È consuetudine che per lo spoglio, il Tribunale elettorale boliviano, intraprenda due conteggi paralleli: uno ufficiale e uno ‘veloce’ (chiamato TREP). Quello veloce è per consentire alle testate giornalistiche di riportare in tempi celeri una prima stima degli esiti delle elezioni.

Quando il conteggio veloce aveva raggiunto l’83,85% dello scrutinio l’autorità elettorale boliviana, in una conferenza stampa, ha comunicato quei risultati parziali ai giornalisti, e da quel momento ha fermato il conteggio veloce iniziando a prendere a riferimento il conteggio ufficiale.

Quando si è fermato il conteggio veloce Morales aveva il 45,7%, seguito da Mesa al 37,8%, con un distacco del 7,9%. Se quello fosse stato il risultato definitivo, Morales non avrebbe vinto al primo turno e avrebbero dovuto affrontare il secondo turno.

Ricordiamo che in Bolivia per vincere al primo turno si deve ottenere più del 50% dei voti o, in alternativa, almeno il 40% con un distacco minimo del 10%.

A quel punto, senza che ce ne fosse il motivo, è partita una copertura mediatica di false dichiarazioni, che affermavano con certezza che non c'era un vincitore e solo al secondo turno si sarebbe eletto il prossimo Presidente della Bolivia; cosa non vera, perché solo alla fine del conteggio ufficiale dei voti si poteva sapere questo.

La decisione di fermare il conteggio veloce, aggiunta al fatto che quello ufficiale andava a rilento (nelle zone più remote è difficile far pervenire velocemente i risultati del voto) ha scaturito la diffusione delle false accuse secondo cui le elezioni sarebbero state falsate da brogli.

Si consideri anche che nelle aree più remote, quelle rurali e indigene, è molto più elevato l’appoggio al presidente “indios” Evo Morales, e questo avrebbe di certo aumentato la sua percentuale di voti, come in effetti è accaduto alla fine dello scrutinio ufficiale, con i risultati che sanciranno la vittoria di Morales con un margine del 10,5% dal secondo classificato Carlos Mesa, attribuendo così all’esponente del MAS la legittima vittoria al primo turno.

L’aumento di voti per Morales registrato alla fine del conteggio ufficiale ha subito fatto partire le accuse di brogli da parte della OEA per essersi garantito la vittoria ricorrendo ad azioni illecite.

Le stesse accuse gli verranno da lì a poco attribuite anche dai principali attori internazionali, in primis dagli Stati Uniti e dall’Unione Europea.

Le conclusioni del rapporto OEA (che falsamente confermavano i brogli) verranno successivamente smentite e contraddette dal rapporto sulle elezioni in Bolivia del CEPR (Center for Economic and Policy Research). Quest’ultimo, al contrario, ricco di evidenza empirica e di dettagliate analisi, ha dimostrato che nessuna irregolarità ha compromesso le elezioni del 20 ottobre in Bolivia.

Ciononostante, a causa dell’insostenibile pressione internazionale e di un’escalation di violenza nel Paese, Evo Morales si è subito reso disponibile a ripetere le elezioni, anche sotto sorveglianza internazionale.

L’ennesima prova di trasparenza del Presidente 'indios', che tuttavia non è bastata per spodestarlo illegittimamente e con qualsiasi mezzo disponibile.”

Come si capisce, le cose andarono in modo diverso da come raccontate nel video.

La seconda cosa che voglio precisare è molto più veloce e riguarda le dimissioni date da Evo Morales. Dimissioni da lui stesso annunciate, ma certamente non per sua volontà. A parte la pressione degli Stati Uniti, Unione Europea e OSA, la decisione l’ha presa solo quando, a reti unificate, il Comandante in Capo delle Forze Armate, Generale Williams Kaliman Romero, lo invitava a farsi da parte, certificando così quel Colpo di Stato che ancora in molti si ostinano a negare.

Il video che segue è tratto da un Tg di ‘teleSUR’, l’unica grande emittente internazionale che, come l’evento richiedeva, ha titolato il servizio: “Colpo di Stato contro Evo Morales”.

Anche se lo show politico-mediatico dell'ex Presidente Jeanine Áñez continua, penso che il Segretario Generale della OEA possa ormai fare ben poco per lei, perché il 18 di questo mese, a Città del Messico, si terrà il VI vertice 'CELAC' (Comunità di Stati Latinoamericani e dei Caraibi) e le decisioni che dovrebbero essere prese in quell'occasione non lasciano molta speranza a Luis Almagro.

Il presidente messicano Andrés Manuel López Obrador, il passato luglio, ha dichiarato pubblicamente che al 'Vertice' sottoporrà a tutti i rappresentanti di Stato un'alternativa alla OEA e al suo contestatissimo Segretario, proponendo: «un altro organismo di solidarietà regionale che sia veramente autonomo e non lacchè di qualcun altro [Usa]» perché «l'influenza della politica estera degli Stati Uniti è predominante in America […] Washington non ha mai smesso di condurre operazioni aperte o segrete contro i Paesi indipendenti a sud del Rio Grande […] Diciamo addio a imposizioni, ingerenze, sanzioni, esclusioni e blocchi.»

Le premesse sono con i botti, speriamo almeno che domani il 'rumore' sia forte.

[1] Articolo precedente: “lo 'show politico-mediatico' di Jeanine Áñez” https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-bolivia_lo_show_politicomediatico_dellex_presidente_jeanine_ez/42370_42984/

 

[2] Articolo sulle elezioni boliviane pubblicato da «DiEM25»

https://diem25.org/il-colpo-di-stato-contro-evo-morales-non-serve-la-volonta-popolare-ma-gli-interessi-della-destra-xenofoba-e-del-capitale/

Roberto Cursi

Roberto Cursi

Sono nato a Roma nel 1965, passando la mia infanzia in un grande cortile di un quartiere popolare. Sin da adolescente mi sono avvicinato alla politica, ma lontano dai partiti. A vent'anni il mio primo viaggio intercontinentale in Messico; a ventitré apro in società uno studio di grafica; a ventiquattro decido di andare a vivere da solo. Affascinato dall'esperienza messicana seguiranno altri viaggi in solitaria in terre lontane: Vietnam, Guatemala, deserto del Sahara, Belize, Laos... fino a Cuba.

Il rapporto consolidato negli anni con l'isola caraibica mi induce maggiormente a interessarmi della complessa realtà cubana.

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