Carlo Rovelli: "Perché nessuno risponde sulla portaerei inviata per sfidare la Cina?"

Carlo Rovelli: "Perché nessuno risponde sulla portaerei inviata per sfidare la Cina?"

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di Carlo Rovelli*

Evidentemente il mio intervento del primo maggio ha dato fastidio: sono piovuti articoli di critica veementissima (Il ministro della Difesa deve avere fatto telefonate molto concitate, chiedendo di essere difeso.) 

Ho letto con stupore estese analisi di un presunto “Rovelli pensiero”, che mi attribuiscono ogni sorta di idee che certo non sono mie, e che rispondono più che altro a frasi fatte e insulti.  Per esempio sul sito di Repubblica

Ma sul merito delle cose concrete di cui effettivamente ho provato a parlare il primo maggio, nessuno dei critici dice una parola.

Prima di tutto sulla portaerei.

Provo allora a tornare sull’argomento, con qualche dettaglio. Il 22 Aprile, con il titolo “Messaggio a Pechino: le navi militari italiane in rotta per il Pacifico”, proprio Repubblica informa che “Gli Stati Uniti chiedono aiuto all’Italia per dissuadere la Cina dalle velleità di invadere Taiwan e in generale per frenare l’espansionismo di Pechino” (suona un po’ ridicolo che la superpotenza ‘chieda aiuto all’Italia’ per fare fronte all’altra superpotenza, ma così c’era scritto).

Quello che conta è il seguito: L’Ammiraglio Giuseppe Berutti, al vertice della Marina, ha annunciato il 14 marzo da Milano che “tra fine 2023 e inizio del 2024, la nostra Marina invierà una squadra portaerei nella regione dell’Indo-Pacifico per operare con gli alleati. La formazione comprenderà la portaerei Cavour, un cacciatorpediniere, una fregata e un rifornitore di squadra”.

Senza consultare il Paese, cioè, il governo sta impegnando l’Italia in una sfida alla Cina che prima o poi rischia davvero di finire male. 

Questa non è una missione di routine, tanto meno un impegno preso dall’Italia precedentemente.  In un momento in cui le tensioni del mondo si stanno infiammando, e si rischia seriamente uno scontro militare USA-Cina, il nostro governo manda un’intera flotta davanti alle coste della Cina, a sfidare e provocare la Cina.

Di questo ho parlato il primo maggio. Perché nessuno risponde a questo?  L’opposizione è d’accordo?

Ho anche parlato di un’altra cosa.  Lo stesso articolo di Repubblica continua così: “Queste missioni, oltre al valore strategico, ne hanno anche uno industriale, per mostrare ai vari Paesi i prodotti italiani che potrebbero comprare.”  Andiamo a sfidare la Cina sotto casa sua per fare i piazzisti di armi.   

Ora, il ministro della difesa, che oramai tutti sappiamo  viene dall’industria bellica, se l’è tanto presa perché l’ho chiamato “piazzista di armi, che sono strumenti di morte“. (Non l’ho certo chiamato“piazzista di morte”, come spudoratamente e perfidamente ha scritto il mio stesso giornale, il Corriere

Quindi: un personaggio importante dell’industria bellica diventa nostro ministro della difesa, e manda un’intera flotta italiana nel Pacifico (con i soldi nostri; il costo operativo di una portaerei in missione arriva a diversi milioni al giorno) per mostrare ai vari Paesi i prodotti italiani che potrebbero comprare.

E lo fa in un momento in cui la tensione internazionale è altissima e il mondo paventa uno scontro USA-Cina.

Invece di contribuire a smorzare i toni, a cercare soluzioni ragionevoli, fare politica internazionale alta, l’Italia si lancia nella avventura folle di fare il galletto davanti alla Cina. “Attenzione Cina, stai buona, che se no te la facciamo vedere noi Italiani“. E lo fa anche per vendere armi.

Secondo me gli Italiani non sono d’accordo.  Questo ho detto il primo maggio.  Ho invitato i giovani a considerare queste cose, riflettere, e impegnarsi su queste questioni, che rischiano seriamente di rovinare la loro vita futura.

Nessuna delle valanghe di parole di critica che ho ricevuto fa cenno a quanto ho effettivamente detto.  Forse hanno paura del fatto che gli Italiani, di fare i guerrafondai e mandare una flotta nel mare della Cina… magari non sono d’accordo?


*Post Facebook del 6 maggio 2023

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