Come lo Smart Working aiuta il capitale industriale (sulla pelle dei lavoratori)
A conferma che il capitale industriale si sta riprendendo dopo decenni il suo ruolo storico di fonte di valore, come scritto un anno fa e confermato dai dati della produzione industriale di aprile, resi noti il 10 giugno, oggi interviene un'analisi condotta da Milano Finanza sui ricavi delle società quotate industriali alla Borsa di Milano. Quelle società che vedono come missione la fornitura di componenti (B2B), semilavorati ecc. nel primo trimestre sono esplose superando gli stessi livelli del 2019 (ricordiamo che nel 2020, a partire da marzo c'è stato il lockdown).
Queste società sono strapiene di commesse e hanno dififcoltà ad evadere gli ordini per le strozzature logistiche, per il boom dei prezzi delle materie prime e per la forte domanda mondiale. I produttori di elettronica hanno un boom vero e proprio, come Stm, partecipata dallo stato italiano. Ma quel che occorre specificare è che nel corso del 2020, approfittando delle chiusure, queste aziende hanno operato forti tagli sui costi e, attraverso la digitalizzazione, hanno abbattuto le spese, a tal punto che la redditività nel primo trimestre 2021 è pari a +70%.
In questo contesto conta moltissimo lo smart working, che ha intensificato i ritmi lavorativi e spesso aumentato l'orario di lavoro non pagato, fatto da casa. In aggiunta ai tagli salariali. Il fattore lavoro risulta determinante quindi per le performance di redditività di queste aziende, ma credo di tutte, a cui non corrispondono normative a tutela delle lavoratrici e dei lavoratori in smart working.
La produttività acquisita va tutta a favore delle imprese, ma questo sta succedendo anche in enti pubblici economici italiani. Rimane lo slogan di sempre: lavorare meno per lavorare tutti.