Con il governo Meloni aumentano le disuguaglianze

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Con il governo Meloni aumentano le disuguaglianze

 

di Michele Blanco

Il Governo Meloni non  ha mantenuto nessuna, a parte l'abolizione  del reddito  di cittadinanza,  delle promesse fatte in campagna elettorale: dal «blocco navale» contro i migranti all’abolizione della Legge Fornero, fino alla cancellazione delle accise sui carburanti, che sul diesel sono addirittura  aumentate. Solo un impegno solenne è stato mantenuto: il centrodestra aveva garantito una stretta ai sussidi contro la povertà, e stretta  effettivamente è stata, con il grande aumento delle persone in povertà assoluta e relativa. Meloni e il suo governo sono passati, letteralmente,  dalle parole ai fatti e hanno dichiarato guerra totale ai poveri. Stanno effettivamente  rovinando la vita a milioni di persone  indifese e non tutelate da nessuno. 
 
Tutto questo è  certificato dall’Istat, che da circa un anno è presieduto dall’economista Francesco Maria Chelli, nominato su indicazione del ministro della Pubblica Amministrazione Paolo Zangrillo e quindi certamente in nessun modo tacciabile di avversione nei confronti dell’esecutivo.
 
Secondo l’ultimo rapporto dell’Istituto nazionale di statistica italiano sulla redistribuzione del reddito in Italia, le politiche del Governo hanno allargato grandemente le disparità economiche nel nostro Paese: l’indice Gini, utilizzato a livello internazionale per misurare la disuguaglianza nella distribuzione del reddito, è aumentato dal 30,25% del 2023 al 30,40% del 2024, che significa, al di la dei freddi numeri, un grande  aumento  de disuguaglianza  con tutti gli effetti  negativi  che ne conseguono.
 
Infatti anche se «Le modifiche al sistema di tasse e benefici introdotte nel corso del 2024 diminuiscono in lieve misura l’equità della distribuzione dei redditi disponibili delle famiglie», si legge nel rapporto. E a incidere profondamente in negativo è stata, in particolare, la revisione delle politiche di contrasto alla povertà.
 
Questo perché dal primo gennaio 2024, il Governo ha abolito del tutto il Reddito di cittadinanza. Prima se il Reddito di cittadinanza raggiungeva in media tra gli 1 e gli 1,5 milioni di nuclei familiari, l’Assegno di inclusione, introdotto  dal governo  Meloni, arriva a poco meno di 760mila nuclei, a cui vanno sommati i circa 100mila individui che hanno diritto al Supporto per la Formazione e il Lavoro.
 
Quindi secondo i calcoli dell’Istat la sostituzione del Rdc con l’accoppiata Adi-Sfl ha comportato un peggioramento dei redditi disponibili per circa 850mila famiglie, pari al 3,2% delle famiglie residenti in Italia. La perdita media per questi nuclei è stata di 2.664 euro nel 2024 e ha interessato esclusivamente la fascia più povera della popolazione.
 
«Le modifiche al sistema di tasse e benefici introdotte nel corso del 2024 diminuiscono in lieve misura l’equità della distribuzione dei redditi disponibili delle famiglie», si legge nel rapporto. E a incidere in negativo è stata, in particolare, la revisione delle politiche di contrasto alla povertà.
 
L’esecutivo ha previsto che chi rimane tagliato fuori dall’Adi, se non arriva a 6mila euro di Isee, può richiedere il Supporto per la Formazione e il Lavoro (Sfl): un contributo di 350 euro mensili – salito a 500 euro dal 2025 – che tuttavia si può percepire per un massimo di dodici mesi non rinnovabili e a condizione di iscriversi a programmi di politiche attive del lavoro.
 
Ebbene, se il Reddito di cittadinanza raggiungeva in media tra gli 1 e gli 1,5 milioni di nuclei familiari, l’Assegno di inclusione arriva a poco meno di 760mila nuclei, a cui vanno sommati i circa 100mila individui che hanno diritto al Supporto per la Formazione e il Lavoro. Più precisamente, secondo i calcoli dell’Istat la sostituzione del Rdc con l’accoppiata Adi-Sfl ha comportato un peggioramento dei redditi disponibili per circa 850mila famiglie, pari al 3,2% delle famiglie residenti in Italia. La perdita media per questi nuclei è stata di 2.664 euro nel 2024 e ha interessato quasi esclusivamente la fascia più povera della popolazione.
 
 
In tre quarti dei casi (620mila famiglie) il nucleo familiare ha totalmente perso il diritto al sussidio, mentre il restante quarto di nuclei (230mila) è risultato svantaggiato dal nuovo metodo di calcolo del sostegno economico. 
 
 Il rapporto Istat sulle disuguaglianze analizza in particolare gli effetti della Legge di Bilancio 2024, dimostrando che in valori assoluti, ci hanno guadagnato maggiormente le fasce della popolazione più benestanti: il quinto più ricco delle famiglie si è messo in tasca 866 euro in più. In valori percentuali, invece, il quinto più ricco ha visto migliorare il proprio reddito dello 0,9%.
 
Quindi l’effetto combinato della riforma dell’Irpef e del taglio contributivo ha peggiorato i redditi disponibili per circa 300mila famiglie (l’1,2% dei nuclei residenti in Italia). Per queste, la perdita annua è stata in media di 426 euro, riconducibile in larga parte al venir meno del diritto al trattamento integrativo dei redditi da lavoro dipendente (il cosiddetto “Bonus Irpef”).
 
Per 1,2 milioni di nuclei famigliari, si è  registrato una perdita, che è stata pari in media a circa 2mila euro. La totalità di questi nuclei rientra nel quinto più povero della popolazione italiana, che ci ha rimesso oltre il 23% del proprio reddito.
 
Adottando i parametri di Eurostat, istituto europeo di ricerca,  l’Italia è il terzo Paese nell’Unione europea con il maggior livello di disuguaglianza, dietro solo a Bulgaria e Lettonia.

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