Dimissioni di Yermak: un colpo a Zelensky e lo scenario “Regina d’Inghilterra”

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Dimissioni di Yermak: un colpo a Zelensky e lo scenario “Regina d’Inghilterra”


di Clara Statello per l'AntiDiplomatico

 

Con le dimissioni di Andriy Yermak dall’incarico di capo dell’Ufficio del presidente, Volodymyr Zelensky rischia uno scenario “Regina di Inghilterra”, più volte evocato dagli analisti internazionali come soluzione indolore alla crisi politica provocata dallo scandalo Mida.

Ciò significa che Zekensky resta presidente con un ruolo puramente simbolico, senza potere effettivo. Yermak era una figura chiave, da molti considerato l’eminenza grigia di Bankova. Era stato lui a costruire abilmente l’architettura di potere su cui si reggeva la presidenza.

Il Richelieu ucraino

Il rapporto tra Zelensky e Yermak era basato prima di tutto su una lunga amicizia e collaborazione. I due si erano conosciuti nel 2011, quando entrambi lavoravano nel settore cinematografico. Ma il loro sodalizio si è rafforzato in ambito politico. Dopo l’elezione nel 2019, durante la prima grossa crisi di governo, Zelensky aveva detto di Yermak: “è venuto con me, se ne andrà con me”. 

La stampa internazionale ha raccontato che nei primi giorni di guerra, Zelensky e Yermak vivevano assieme in un bunker, dormivano vicini e giocano a ping pong per scaricare lo stress.

A poco a poco, però, il capo dell’ufficio presidenziale aveva iniziato ad accentrare i poteri su di sé. Abilmente era riuscito ad isolare i suoi rivali politici e neutralizzarli. Una delle sue più importanti vittime è stato l’ex ministro degli Esteri Kuleba, rimosso l’hanno scorso senza apparente motivo e sostituito con un uomo di fiducia di Yermak, Andriy Sibiha.

Persino il capo del GUR, l’intelligence militare ucraina, Kirill Budanov ha dovuto ridimensionare le sue ambizioni, per poter mantenere l’incarico.

Il nodo della successione

Le dimissioni di Andriy Yermak non resteranno senza conseguenze. Secondo la rivista ucraina Strana, porteranno alla perdita del controllo di Zelensky sulla maggioranza parlamentare e sul governo, nonché alla perdita del controllo politico sull'Ufficio del Procuratore Generale, sulla SBU ( i servizi di Sicurezza interni) e sul GBR, l’ufficio di investigazione dell’Ucraina. Era Yermak a coordinare la parte politica del lavoro di queste strutture, anche contro il NABU.

Inoltre, si avvia la lotta per la successione. Assegnare l’incarico a qualcuno di fiducia potrebbe non garantire a Zelensky il mantenimento del controllo sulla verticale di potere. La favorita sembra essere il primo ministro Yulia Sviridenko, vicina a Yermak.

Tuttavia, Sviridenko  dovrebbe dimettersi dal suo attuale incarico per diventare capo dell’Ufficio del presidente, provocando le dimissioni dell'intero governo, in base alla costituzione ucraina. Tutti i ministri diventerebbero facenti funzione. Il primo ministro facente funzione diventerebbe l'attuale primo vicepresidente Mihail Fedorov, con cui Yermak non è un buoni rapporti.

Strana riporta anche che, oltre la Sviridenko, nei circoli politici si propongono i nomi dello stesso Fedorov, di Budanov, del ministro della Difesa Denys Shmyhal e del vice capo dell'Ufficio del Presidente Pavlo Palisa. Quest’ultimo è considerato vicino a Yermak, mentre Shmyhal si è recentemente distanziato e si è avvicinato a Fedorov.

 

Un colpo a Zelensky

Yermak non è stato deposto dal suo capo (Zelensky) ma dal NABU. Zelensky ha accettato le dimissioni del suo più stretto collaboratore prima che questi fosse raggiunto da un mandato di arresto o avviso di indagine. Sono stati sufficienti il clamore mediatico e le pressione interne ed esterne provocate da una perquisizione.

Zelensky non è più in grado di coprire i suoi, chi lo sostiene perde lo status di intoccabile. Questo è un segnale fortissimo per le burocrazie ucraine. Potrebbe non essere in grado di coprire se stesso.

In molti, ormai sono convinti che né Mindich o Galushenko o Yermak o le persone coinvolte nello scandalo corruzione potessero gestire il giro di tangenti e di potere senza la conoscenza, il consenso o addirittura la partecipazione diretta del presidente.

E anche Zelensky potrebbe essere accusato di corruzione, soprattutto se gli indagati inizieranno a parlare. Un colpo a Yermak è un colpo contro di lui.

E’ possibile dunque che alcuni personaggi chiave si allontanino dal presidente, che inizierà dunque a perdere la sua influenza e il controllo delle strutture di potere.

Le conseguenze sui negoziati

Dalle dimissioni di Yermak, Zelensky ne esce fortemente indebolito, in un momento chiave dei colloqui per la fine della guerra, mentre il suo consenso crolla ai minimi storici.

Ciò lo mette all’angolo con gli americani, che adesso hanno più leve negoziali per costringerlo ad accettare punti chiavi dell’accordo di pace finora considerate linee rosse, come il ritiro dalle regioni del Donbass o la neutralità.

Secondo Strana, ciò aumenterebbe anche la probabilità di uno scenario in cui, in condizioni di crescente pressione, Zelensky potrebbe decidere di dimettersi lasciando le trattative finali per la firma dell'accordo al presidente del parlamento Stefanishin, che diventerebbe presidente ad interim.

Ciò andrebbe nella direzione richiesta da Mosca, che non riconosce la legittimità di Zelensky e chiede che gli accordi siano firmati da una figura istituzionale legittimata dal voto, come appunto Stenishin. Ad ogni modo, da un lato Zelensky ha sempre negato la possibilità di lasciare il proprio incarico. Dall’altro lo scenario “Regina d’Inghilterra” con un presidente senza potere effettivo, converrebbe ai partner dell’Ucraina che ambiscono alla prosecuzione della guerra o alla conduzione della ricostruzione post-bellica. 

 

Clara Statello

Clara Statello

Clara Statello, laureata in Economia Politica, ha lavorato come corrispondente e autrice per Sputnik Italia, occupandosi principalmente di Sicilia, Mezzogiorno, Mediterraneo, lavoro, mafia, antimafia e militarizzazione del territorio. Appassionata di politica internazionale, collabora con L'Antidiplomatico, Pressenza e Marx21, con l'obiettivo di mostrare quella pluralità di voci, visioni e fatti che non trovano spazio nella stampa mainstream e nella "libera informazione".

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