“Dove arriva lo stivale yankee finisce la pace”. Intervista al politologo Zerik Aragort

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“Dove arriva lo stivale yankee finisce la pace”. Intervista al politologo Zerik Aragort

 

di Carlos Aznárez, Geraldina Colotti


Con Zerik Aragort, politologo e analista internazionale in materia di sicurezza nazionale, militante del Psuv, abbiamo parlato nel nostro programma settimanale Abre Brecha Venezuela. Qui vi presentiamo una versione ampliata dell'intervista sulla situazione di assedio che il paese sta vivendo ora.



L'INTERVISTA:

Benvenuto, grazie per questa intervista. Sappiamo che in questo momento tutti voi siete molto impegnati con il tema della minaccia di aggressione. A questo proposito, vorremmo un suo commento su una notizia di Reuters, secondo cui gli Stati Uniti hanno aumentato l'invio di navi nel Mar dei Caraibi per la loro presunta lotta al narcotraffico. Qual è la situazione?

È importante sottolineare che gli Stati Uniti, sempre ricorrendo alla loro dottrina Monroe e al loro carattere espansionista, come diceva il nostro liberatore più di 200 anni fa, “sembrano destinati dalla Provvidenza a piagare l'America di miseria”. Ora, nel contesto dell'invio di navi contro il narcotraffico, noi lo consideriamo un altro capitolo della minaccia costante  verso il governo venezuelano, verso la Rivoluzione Bolivariana e, naturalmente, verso la pace nella regione del Sud America.

Loro parlano di una lotta contro il narcotraffico, ma non c'è maggior narcotrafficante della DEA. Da quando il nostro comandante Chávez ha espulso la DEA dal Venezuela, il livello di traffico di droga in Venezuela è diminuito del 70, 80, 90%. Ieri sono stati abbattuti due aerei carichi di droga. Questo dimostra che, anche secondo il rapporto appena pubblicato dell'ONU, in Venezuela non si traffica droga né per aria, né per acqua, né per terra. Inoltre, non c'è nessun luogo nel nostro territorio dove si coltivi o si processi cocaina. Questo è il doppio discorso degli Stati Uniti, soprattutto in questo momento, perché chi è il maggior consumatore di droga al mondo? Gli Stati Uniti.

Reuters, AFP e altri media che mancano di veridicità quando informano, fanno parte di una campagna mediatica iniziata nuovamente contro il Venezuela. Prima era la dittatura del "narco-regime", e quando non ha funzionato, hanno creato il "Tren de Aragua" negli Stati Uniti. Ora tornano con la narrativa del "Cartel de los Soles", che esiste solo nella loro immaginazione, con l'intenzione di trovare un modo per sconfiggere un governo legittimamente eletto. È successo in Libia, in Siria, in Afghanistan, in Palestina. Dove arriva lo stivale yankee finisce la pace e arriva la morte. Dove sono le armi di distruzione di massa? Non sono mai apparse. Dov'è tutto quel contesto propagandistico che hanno lanciato con la Libia? Hanno distrutto un paese che viveva in pace, che aveva le maggiori riserve economiche del mondo, istruzione gratuita, case e sanità per tutti.

Sono contesti diversi in termini di distribuzione della ricchezza, sia in Libia che in Venezuela, ma la narrativa militare, ideologica e mediatica è la stessa. In Venezuela, ci stiamo preparando da molti anni, come diceva il comandante Chávez. Per noi è un onore che l'imperialismo nordamericano tenti di contaminare il nostro territorio, la nostra patria e la nostra pace, perché cento anni fa non lo ha potuto fare, come invece ha fatto in altri paesi, in quanto i militari di quell'epoca erano asserviti all'impero. Ma noi siamo decisi a essere liberi, indipendenti e sovrani. Il Venezuela è e continuerà a essere inespugnabile. Come più di 200 anni fa abbiamo espulso l'impero spagnolo, se oggi ci toccherà, il Venezuela sarà un inferno per gli Stati Uniti. Saremo il Vietnam del Sud America. Siamo determinati, con la piena convinzione di garantire la nostra sovranità a ogni costo.

Nel mezzo di tutta questa offensiva, che anche io concordo sia soprattutto mediatica, bisogna stare attenti, come direbbe Chávez: perché così come il regime sionista fa ciò che vuole, superando tutte le linee rosse, anche gli yankees si sentono autorizzati a fare ciò che vogliono e possono invadere sul serio. Ci sono però delle varianti nelle risposte fornite a questa situazione fuori dal Venezuela. Gustavo Petro, ad esempio, dalla Colombia, ha detto con onestà che pianificare l'invasione del Venezuela, è un atto di barbarie. All'opposto, la premier di Trinidad e Tobago ha offerto agli Stati Uniti il suo territorio per attaccare il Venezuela. Come vedete queste due facce della presenza internazionale di fronte a un futuro conflitto con gli Stati Uniti?

Petro ha mantenuto una posizione piuttosto ferma in questi ultimi giorni riguardo a una possibile aggressione da parte degli Stati Uniti. Anche se, va detto che, a causa dell'uragano, le navi sono tornate negli Stati Uniti. Un'indagine ha mostrato che le navi non erano nemmeno nel Mar dei Caraibi, di fronte alle coste del Venezuela. Tutti pensavano che fossero di fronte a La Guaira. No, c'è un limite territoriale. Tuttavia, abbiamo visto che la premier di Trinidad e Tobago ha fatto una dichiarazione a favore degli Stati Uniti e contro il Venezuela. Questo fa parte del piano di tutti i burattini e dei cagnolini da grembo degli Stati Uniti. Purtroppo, questa signora ha avuto un atteggiamento piuttosto servile e strisciante.

Con il discorso di Petro, la situazione migliorerebbe solo se anche il Brasile prendesse una posizione forte, ma il Brasile sembra un po' addormentato, come se il compagno Lula fosse tenuto sotto controllo per ogni cosa che dichiara sul Venezuela. Abbiamo una situazione in Bolivia in cui non c'è stato un accordo politico, e questo attiene anche al manicheismo che gli Stati Uniti hanno esercitato. Abbiamo perso l'Ecuador, siamo vicini a perdere la Bolivia, abbiamo il Paraguay contro, l'Argentina è un disastro con un cittadino paranoico, dissociato e pazzoide.

Oggi ci stiamo preparando e continueremo a farlo, perché siamo in guerra da 26 anni. Non si tratta di una guerra con le bombe, ma di una guerra mediatica, psicologica e cognitiva. L'abbiamo vista approfondirsi con il sequestro di oltre 66 bambini venezuelani negli Stati Uniti, lì vengono tolti i bambini ai genitori quando questi vengono rimpatriati. Questo è un tipo di guerra psicologica per colpire il popolo venezuelano, perché l’imperialismo è così: si vanta di difendere i diritti umani, di essere liberal e di avere la migliore democrazia, ma quando gli fa comodo bombarda un paese, come a Hiroshima e Nagasaki. Per loro, il diritto internazionale e i diritti umani sono solo plastilina. Non gli importa. Per questo fanno ciò che vogliono.

È qui che dobbiamo unire la forza dei paesi del Sud, affinché tutti i popoli che hanno deciso di essere liberi, indipendenti e sovrani si uniscano in un'unica voce. Il presidente Nicolás Maduro ha rafforzato la sua leadership internazionale, soprattutto prendendo una posizione in difesa della Palestina. Però esiste il diritto di veto, che dovrebbe scomparire, perché la maggioranza dei Paesi dell'ONU può dire di riconoscere la Palestina come Stato, ma se gli Stati Uniti si oppongono, lo Stato palestinese non esiste. Questo perché le Nazioni Unite sono state create al servizio degli Stati Uniti, dell'imperialismo brutale e fascista.

A breve, si terrà un congresso straordinario del Partito socialista unito del Venezuela. È vero, come dice la destra, che ci sono divisioni interne al PSUV, e gravi conflitti con i partiti alleati del Gran Polo Patriótico?

Dal mio punto di vista, il congresso straordinario porterà a nuove trasformazioni per continuare a rafforzare il lavoro di base, le leadership di base, e a garantire che le strutture del partito siano vigili sulla gestione pubblica, oltre a ringiovanire i volti nella direzione del Partito Socialista Unito del Venezuela, il nostro glorioso partito. Il Gran Polo Patriótico va di pari passo, come si è visto durante le ultime elezioni. Questa grande alleanza ci permette di avanzare nel consolidamento della leadership nel potere popolare e, ovviamente, ci garantisce la direzione del nostro presidente Nicolás Maduro.

È totalmente falso che ci sia una divisione tra governo, Stato e partito. Qui è più che dimostrato che chi è più divisa è l'opposizione venezuelana, e per fortuna c'è stato un netto allontanamento di quella parte dell'opposizione patriottica, come ha detto il presidente dell'Assemblea Nazionale, Jorge Rodríguez, da quell'opposizione fascista. Oggi c'è una differenza totale. Ci sono quelli che, pur con posizioni diverse dalle nostre, hanno scelto di porsi dalla parte giusta della storia, ossia di difendere gli interessi della patria, e gli altri che difendono i propri interessi economici e particolari. Questi ultimi, appartengono  alla destra fascista, che vuole imporsi con la violenza. Ma non passeranno.

Geraldina Colotti

Geraldina Colotti

Giornalista e scrittrice, cura la versione italiana del mensile di politica internazionale Le Monde diplomatique. Esperta di America Latina, scrive per diversi quotidiani e riviste internazionali. È corrispondente per l’Europa di Resumen Latinoamericano e del Cuatro F, la rivista del Partito Socialista Unito del Venezuela (PSUV). Fa parte della segreteria internazionale del Consejo Nacional y Internacional de la comunicación Popular (CONAICOP), delle Brigate Internazionali della Comunicazione Solidale (BRICS-PSUV), della Rete Europea di Solidarietà con la Rivoluzione Bolivariana e della Rete degli Intellettuali in difesa dell’Umanità.

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