"Effetto Letta"? Che pagliacciata la politica-gossip

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"Effetto Letta"? Che pagliacciata la politica-gossip

Che pagliacciata la politica-gossip, quella centrata sulle celebrity (ossia su personaggi selezionati e mandati al potere non dal popolo ma dai media) e ossessionata dai sondaggi: l’effetto Zingaretti, l’effetto Conte, l’effetto Letta, 2% in meno che la settimana seguente diventa uno e mezzo in più, poi lo 0,3% in meno, nel migliore dei casi tutte ipotesi decontestualizzate e inverificabili, nel peggiore (e più probabile) manipolazioni e propaganda. Le elezioni vere, contrariamente a ciò che credono i pentastellati e gli altri profeti della democrazia diretta, non si possono improvvisare: richiedono tempo, controlli, programmazione (tutti e tre concetti invisi ai liberisti comunque travestiti) e richiedono informazione, dunque campagne elettorali; hanno luogo ogni cinque anni e non ogni cinque giorni per permettere ai politici di fare politica e venire giudicati in base al lavoro svolto e ai risultati ottenuti invece che fare talk show e venire giudicati per le chiacchiere o le insolenze diffuse in quelle occasioni e amplificate dai giornalisti.
 
Mi pare giusto che un partito commissioni sondaggi segreti per anticipare il possibile effetto di specifiche tattiche e strategie e che una compagnia ne commissioni prima di lanciare un prodotto. Ma non è più questo lo scopo dei sondaggi. Le decisioni economiche e politiche vengono infatti prese prima e da pochi miliardari, al solo scopo di aumentare i loro immensi capitali e il loro controllo del pianeta e di non essere chiamati a rendere conto dei loro crimini. I sondaggi, come del resto le breaking news e tutto ciò che viene mostrato in televisione o dalla stampa, sono pubblicità, solo pubblicità. Servono a vendere quelle decisioni alla gente, allarmandola, eccitandola, indignandola, annoiandola, dandole l’illusione di contare qualcosa o viceversa spingendola alla rassegnazione del tanto sono tutti uguali.
 
C’è modo di uscirne? Ovviamente ed è anche facile. Basterebbe, da parte dello Stato, l’imposizione di norme che proibiscano le menzogne e le cazzate e che puniscano penalmente i responsabili e proprietari dei giornali e canali televisivi che ne facciano spaccio. Nel caso dei sondaggi basterebbe, per ciascuno di essi, un mese di galera senza sconti e, chessò, 100mila euro di multa per ogni punto percentuale attribuito in più o in meno rispetto al risultato poi realmente ottenuto da quel partito alle successive elezioni. Mi dite che da qui al 2023 (o quando saranno) possono accadere troppi eventi imprevedibili? Appunto: mentono sapendo di mentire e una società che legittima la menzogna è destinata a franare nell’abuso. Mi dite che si tratta di censura? Ah, il mito liberista della libera espressione personale: dire e fare quello che pare a ciascuno, senza alcuna preoccupazione morale, senza rigore, preparazione, responsabilità, perché tanto la società non esiste, come diceva Thatcher, ed esistono solo gli individui, soprattutto quelli avidi ed egoisti, che se ne fregano delle conseguenze.
 
In sé un divieto di pubblicazione dei sondaggi e in generale delle cazzate sarebbe un piccolo passo, insufficiente; significativo però, come segnale di un’inversione di tendenza e di un desiderio di ritorno alle regole dopo l’ubriacatura di deregulation voluta dalla destra liberista e dalla sinistra liberal per favorire gli stronzi, i ricchi e i potenti. Sempre che qualcuno lo voglia: non di certo i tanti connazionali ormai interessati solo all’edonismo e al consumismo quasi fossero degli americani qualsiasi; si tratta dunque di verificare se ancora ci siano italiani di un altro tipo.

Francesco Erspamer

Francesco Erspamer

 

Professore di studi italiani e romanzi a Harvard; in precedenza ha insegnato alla II Università di Roma e alla New York University, e come visiting professor alla Arizona State University, alla University of Toronto, a UCLA, a Johns Hopkins e a McGill

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