Idlib e le maschere anti-gas con i bicchieri. La propaganda di Repubblica ha davvero toccato il fondo
Si raschia il fondo del barile con i “reportage” da Idlib. E, verosimilmente, sgominate dall’esercito siriano o russo le troupe cinematografiche, già in azione nell’area di Douma, che avrebbero dovuto “documentare” le “carneficine prodotte dai gas di Assad”, non rimane ai media occidentali che diffondere foto-fake – scattate da fotografi più o meno “ufficiali” degli White Helmets come Muhammad Haj Kadour o Khalil Ashawi - che riprendono famigliole che sarebbero intente a “proteggersi” dagli imminenti gas con barattoli e bicchieri poggiati sulla faccia. E sono queste le uniche foto che corredano il, davvero incredibile, reportage di Repubblica “L’ultima preghiera di Idlib: non lasciateci morire".
E qui, è necessario un inciso. Per scongiurare un ennesimo bagno di sangue, l’esercito siriano ad Aleppo e in tutte le altre città siriane assediate e poi liberate, ha garantito un corridoio umanitario dove, sotto la protezione della Croce Rossa Internazionale, persino i più efferati jihadisti hanno avuto modo di mettersi in salvo con le loro famiglie. Per Idlib il problema è che - essendo questa l’ultima roccaforte dei “ribelli” e tagliagole varie - il corridoio umanitario può sfociare soltanto nella vicina Turchia; nazione che, da anni, arma e finanzia questi tagliagole, ma che, al recente vertice di Teheran si è detta indisponibile, ad accogliere sul proprio territorio (a meno che l’Europa non si faccia carico di ospitarne una parte). Una impasse che sta rallentando la liberazione di Idlib dove, per anni, nell’assoluto disinteresse di sedicenti “difensori di diritto umani”, l’occupazione da parte dei jihadisti si è tradotta in una feroce oppressione costellata di decapitazioni.
Considerando che l’inviato di Repubblica si sarebbe trovato ad Idlib, ci si sarebbe aspettato di leggere nel “reportage” anche le testimonianze dei tanti cittadini di Idlib, da anni principali vittime di questa guerra. Così non è stato, considerato che il “reportage” si basa solo sulla testimonianza di un tizio – tale Mahmoud, sedicente ex ingegnere – che non si capisce proprio come faccia, ogni mattina, ad “allontanarsi (con la sua vecchia Peugeot) per insegnare in una scuola di Maarat al-Numan, cittadina a una trentina di chilometri dal capoluogo Idlib”. Ogni mattina si allontanava da Idlib per una trentina di chilometri? Un privilegio davvero insolito per i cittadini di Idlib. Ma non è che questo Mahmoud è uno dei tanti tagliagole che spadroneggiava ad Idlib? Forse, sarebbe stato meglio scriverlo nel “reportage”.
Francesco Santoianni