Il fumettista Costantini su Assange: "Non smetteremo mai di chiedere la sua liberazione"

Il fumettista Costantini su Assange: "Non smetteremo mai di chiedere la sua liberazione"

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In occasione dei 50 anni di Julian Assange rinchiuso in un carcere di massima sicurezza di Londra rischiando l'estradizione negli Usa dove è accusato di spionaggio per aver rivelato i crimini di guerra di Washington in Iraq e Afghanistan, Cristina Mirra ha intervistato Gianluca Costantini fumettista italiano, noto per alcune opere di graphic journalism, storie a fumetti con una impostazione giornalistica. Uno dei suoi lavori è dedicato proprio al fondatore di Wikileaks.

Perché secondo te, in Italia si parla spesso di Patrick Zaki tenuto prigioniero dall’Egitto e non si parla mai di Julian Assange torturato, secondo il referente alla tortura delle Nazioni Unite Nils Melzer, e imprigionato da Stati Uniti e Gran Bretagna?

Sono due casi molto diversi, prima di tutto Patrick è uno studente egiziano che studia in Italia e che è amato da tutte le comunità universitarie in cui ha studiato mentre Julian è un australiano adulto, e soprattutto è stata fatta nei suoi confronti una campagna denigratoria atta a farlo risultare una persona egocentrica e antipatica.

 

 

Julian è affetto da autismo e purtroppo è stata data di lui un’immagine che lo ha allontanato dalla rappresentazione reale, quella di un uomo che ha sacrificato la sua vita per denunciare i crimini compiuti dal governo a stelle e strisce e dai suoi militari come è emerso, tanto per fare un esempio, dal documento che Manning ha inviato ad Assange e all’organizzazione da lui creata Wikileaks, Collateral Murder.

La storia di Patrick risulta alle persone e agli attivisti semplice e molto chiara, quella di un ragazzo a cui è impedito di esprimersi liberamente quella di Julian di un uomo che ha fatto emergere documenti dai quali si evincono crimini compiuti da governi occidentali, governi che la politica italiana considera alleati e amici. Tutti e due sono in carcere ma mentre Patrick era un personaggio sconosciuto Julian era famosissimo prima di essere arrestato.

Ho realizzato nel 2011 una graphic novel su Julian Assange e mentre io ero completamente affascinato da quello che lui faceva e diceva mi accorsi che per la maggior parte delle persone la storia di Julian risultava lontana dalle loro vite mentre per Patrick l’empatia avviene appena vedi il suo sguardo. Oltretutto il fenomeno civile su Patrick credo che sia una cosa unica e speciale nel mondo, un movimento così forte e popolare e veramente incredibile ma solo in Italia mentre per Julian c’è un movimento più piccolo ma trasnazionale che continua ormai da molti anni ed insiste sulla sua liberazione. Aiuto spesso gruppi americani, inglesi, tedeschi e australiani nella loro attività per Julian e credo che sia molto importante la loro perseveranza.

E’ facile rimanere liberi di esprimersi senza condizioni per un artista ed esperto di grafica come te, in una società, quella italiana, che si trova al quarantesimo posto nella classifica della libertà di stampa?

In Italia la situazione è ancora molto libera, soprattutto per quanto riguarda l’espressione artistica, tutto cambia se si lavora sulla malavita italiana, Mafia, Camorra ecc… Ma non è lo stato che ti censura ma questo secondo stato malavitoso. Per quanto mi riguarda non sono mai stato censurato in Italia mentre sono stato accusato di terrorismo dal governo turco oppure accusato di antisemitismo dalla destra radicale americana e di conseguenza licenziato da CNN.

Io, per ora, vivo in uno stato libero che mi fa dire quello che voglio e proprio per questo posso parlare per chi vive in paesi in cui questo non è più permesso. Posso essere la loro voce.

Se dovessi immaginare una o più vignette che raffigurano lo stato dell’informazione italiana, come le descriveresti?

Lavorerei sicuramente sulla intromissione politica nella stampa italiana, e dell’indifferenza che i giornalisti e i lettori italiani hanno sulle notizie estere. Il continuo accentramento, il guardarsi il proprio ombelico senza mai alzare lo sguardo. La difficoltà di prendere una posizione ecc…

Ritornando ad Assange, ha reso pubblici, lui come altri giornalisti, crimini di guerra commessi dagli Stati Uniti e dai suoi militari e per questo motivo si trova in carcere. Cosa pensi dei politici e giornalisti italiani che coprono la vicenda perché non si sappia e quindi che non si conoscano anche i crimini di Stato come abbiamo visto per esempio, in Collateral Murder?

Collateral Murder è stata forse la pubblicazione giornalistica più importante di questo nuovo millennio, ha scoperchiato una verità che tutti sapevano ma che veniva sempre etichettata come complottismo. Allo stesso tempo però quando è stato pubblicato il video, che era di una verità sconvolgente non è successo niente. Quando la verità è così assoluta tutti sembrano immobilizzarsi e sembrano non sapere più che fare e dire. Non solo i governi ma anche le persone normali. Tutte le verità pubblicate da Wikileaks oppure anche da Snowden sono come in un limbo e si aspetta solo che vengano dimenticate. Per quanto riguarda i giornalisti è un’etichetta troppo vaga, ci sono giornalisti eccezionali indipendenti e altri che eseguono ordini.

Quanto è importante la libertà di espressione per chi fa il tuo lavoro? Non si ha paura che ad altri possa accadere lo stesso?

È fondamentale, lottiamo proprio perché questa libertà rimanga tale. Libertà di espressione, di movimento, il rispetto dei diritti umani sono la libertà. Non potrei mai vivere in un paese autoritario me ne andrei prima possibile. Ricordiamoci che tutto può cambiare in una notte, quando qualcuno vuole tutti i poteri, quando si vuole imporre una visione di una sola parte la libertà finisce. Ho visto tanti artisti censurati, messi a tacere oppure incarcerati.

Julian è in carcere secondo l’Espionage Act, una legge del 1916 che riguarda i cittadini americani, ma lui è australiano quindi è imprigionato in maniera totalmente illegale, i giudici a Londra hanno stabilito che non debba essere estradato per il rischio di suicidio e non perché la sua detenzione è arbitraria. Cosa diresti a Biden, che ha fatto ricorso per l’estradizione?

Prima di tutto non bisogna dimenticare dell’importanza che hanno le relazioni tra Stati Uniti e Australia, basta vedere alcune serie come Pine Gap oppure Secret City per farsene un’idea. L’Australia non farebbe mai nulla che possa infastidire il governo americano. Poi per Julian non esiste quasi un movimento australiano per la sua liberazione se non piccolissimi gruppi di attivisti. Neppure Obama ha fatto nulla per Assange, perché dovrebbe fare qualcosa Biden la cui politica estera è quasi uguale a quella di Trump? Stati Uniti, Inghilterra e Australia sono quasi un’unica entità.

 

Tutto questo orrore ci ha fatto conoscere due storie bellissime, una storia d’amore quella con Stella Moris che presto sposerà Julian in carcere e di amicizia con Tara Cleary sua amica fraterna che vive lottando per la sua liberazione. Se dal carcere Julian ti ascoltasse cosa gli diresti? Oggi compirà 50.

Si, sono belle storie, commoventi. Gli direi che qui fuori non è stato dimenticato e che in tanti ci operiamo perché lui non venga dimenticato e soprattutto continuiamo a chiedere la sua liberazione. Sono parole u po’ scontante ma è quello che veramente penso.

È molto importante il tuo lavoro, raccontare il mondo attraverso le vignette. E’ un lavoro che serve ad informare ma con l’arte della tua fantasia e della tua capacità di farcelo vedere su un foglio di carta. Che valore pensi abbia quello che fai?

Cerco di parlare per chi non può e aiutare chi viene privato delle sue primarie libertà. Quasi tutti i giorni disegno per qualcuno e ormai posso ritenere che il mio lavoro sia utile a molte persone e questo mi rende felice e ostinato.

 

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