Il messaggio subliminale delle disuguaglianze accettabili

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Il messaggio subliminale delle disuguaglianze accettabili

 

di Federico Giusti

Le disuguaglianze sono soprattutto di natura economica e in costante aumento, tra le cause la erosione del potere di acquisto, la perdita di una occupazione, pur mal pagata e di qualche fonte di reddito (pensiamo al reddito di cittadinanza), la crescita del costo della vita a partire dal caro tariffe e affitti. E Invece quali saranno le conseguenze? Minore domanda per incapacità di spesa, morosità incolpevole, indebitamento familiari, sfratti esecutivi, perdita della casa e disgregazione familiare.

Quadro generico riassunto tuttavia in termini reali, un vecchio sindacalista scriveva tanti anni or sono che la perdita del lavoro determina il nomadismo abitativo e precarietà sociale da cui inizia la disgregazione familiare con innumerevoli malattie e dipendenze.

Le molteplici cause delle disuguaglianze sono da tempo oggetto di studio e di analisi se non fosse che le cause economiche di questi processi sono sempre e comunque ridimensionati, preferibile per gli analisti indagare la scarsa mobilità sociale o le questioni di genere.

E quando parliamo di disuguaglianza economica la nostra mente va a una società nella quale si concentrano le ricchezze nelle mani di pochi con l’inesorabile depotenziamento del pubblico (dalla scuola alla sanità per intenderci). 

La causa della disuguaglianza economica è intrinseca al modo di produzione capitalista e alle dinamiche della attuale fase economica, in altri termini potremmo ricordare quel lungo periodo neoliberista (meno stato, più mercato, privatizzazioni e liberalizzazioni) interrotto in parte con l’avvento della pandemia che almeno ha rimesso in gioco parte della spesa pubblica oggi invece proiettata verso il Riarmo dei paesi Ue e Nato.

 Le conseguenze della povertà, relativa e assoluta che poi riguardano fasce differenti della popolazione, sono rappresentate non solo dagli scenari sociali tipici della disuguaglianza economica ma anche dalla scarsa mobilità sociale (una società ferma è solitamente in crisi anche per il depotenziamento del ruolo e della funzione statale) che a detta di alcuni rappresenterebbe il fattore scatenante delle disparità di trattamento e di un quadro sociale sostanzialmente fermo nel quale il figlio dell’operaio svolgerà lo stesso lavoro del padre.

Esiste agli occhi di gran parte della popolazione una soglia di miseria e di disuguaglianza accettabile, quando non determina contraddizioni sociali particolarmente violente e dirompenti, ci si accorge solo oggi di oltre 40 anni di lenta erosione del potere di acquisto, una situazione giustificata sotto molteplici forme, ad esempio, sventolando la tesi della lotta alla inflazione del contenimento del debito pubblico.

Ma altri paesi, pur avendo contenuto il debito, presentano un aumento dei salari decisamente maggiore del nostro, hanno recuperato potere di acquisto, per dirla tutta la dinamica salariale italica è in fase recessiva dai primi anni Ottanta del secolo scorso e questo dato mostra la debolezza strutturale del capitalismo di casa nostra.

Rispetto al passato l’attenzione verso la lotta alle disuguaglianze si è affievolita (anni di libero mercato e cultura del merito hanno effetti devastanti sul piano culturale ed ideologico) eppure in alcuni paesi, ne abbiamo già parlato in precedenti articoli, le disparità economiche sono cresciute visibilmente, il dato nuovo è rappresentato dall’idea che si debba tuttavia convivere con qualche disuguaglianza in più rispetto a 20 o 40 anni or sono.

La tollerabilità della disuguaglianza dipende a nostro avviso dal fatto che non si guarda al modo di produzione capitalistico come causa principale delle disparità, siamo ormai abituati alla convivenza con lo status quo senza porci criticamente il tema dell’alternativa sistemica, prova ne sia che il tema delle disuguaglianze risulta tra i più dibattuti sui giornali e nei convegni ma senza mai costruire un argine o dei percorsi conflittuali rispetto alle disparità dilaganti.

 Perfino l’Onu parla di “ridurre le disuguaglianze” mettendo insieme tutte le disparità, dal genere all’ età, dall’economico alla disabilità ma così operando l’attenzione si allontana dal modo di produzione capitalistico e la critica assume i connotati di un discorso generico, parziale e in sostanza di mera giustificazione dell’esistente. Il messaggio trasmesso è quello della inutilità dei processi radicali di cambiamento sociale ed economico oltre alla tacita accettazione delle disuguaglianze che risulterebbero ineluttabili. Del resto, qualcuno scriveva, anni or sono, che le grandi disparità economiche e sociali vedevano una fascia ristretta arricchirsi esponenzialmente lasciando qualche briciola ai meno abbienti. E il messaggio, per chi non lo avesse capito, è assai eloquente: accontentatevi delle briciole e state buoni, non protestate contro le grandi ingiustizie o contro i genocidi dei popoli, pensate che sotto le bombe gestite dall’intelligenza artificiale potreste trovarvi voi stessi.

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