Khaby Lame "il re di Tik Tok" si unisce alla crociata contro Cuba

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Khaby Lame "il re di Tik Tok"  si unisce alla crociata contro Cuba

Scendono in campo i “pezzi forti” nell’operazione di attacco alla sovranità e indipendenza di Cuba. Dai presunti intellettuali abituati ad anni di servilismo a servizio dell’imperialismo statunitense - su cui veramente non vogliamo tornare più - ai nuovi arrivati, i cosiddetti “influencer”, come Khaby Lame, divenuto il re di Tik Tok che ha avuto la brillante idea di porre la sua notorietà acquisita per la destabilizzazione di uno stato sovrano.

Ecco qui l’italo-senegalese che pubblica una delle sue classiche foto corredata dall’hashtag #FREECUBA.

 

 

 

 

Quello che Khaby ignora, perché in malafede o perché mal consigliato non sappiamo, è che Cuba è già libera. Precisamente dal gennaio del 1959 quando giunse a compimento quell’epica impresa rivoluzionaria iniziata con l’assalto alla Caserma Moncada il 26 di luglio del 1953. Dalla vittoria dei rivoluzionari Cuba smise di essere il bordello d’America dove negli anni il dittatore Fulgencio Batista - marionetta in mano agli USA - aveva compiuto «un furto di 400 milioni di dollari ai danni del popolo» cubano, come ebbe a denunciare Fidel Castro.

Sulla presunta mancanza di libertà a Cuba, Fidel Castro in un discorso del giugno 1959 affermava: «Abbiamo parlato di libertà di espressione di pensiero, di riunione e libertà di vivere. E quelli che violano la libertà di vivere? E chi non vuole che i bambini vengano educati, che i bambini vengano nutriti, che l'uomo viva? Che non gli importa che una donna che può vivere 70 anni ne viva 30 o 35; che i bambini che possono crescere fino a sette piedi rimangono a cinque e mezzo o sei; con i bambini sdentati e vittima di attacchi parassitari, le donne ammalate e scarne, gli uomini impossibilitati a lavorare? Non riesco a concepire un uomo più rassegnato e sacrificato del contadino, che non beve mai latte né mangia carne, lavora 10 ore, lavora scalzo e senza altri incentivi morali che arrivare a casa e vedere il mucchio di bambini stipati in una capanna, senza incentivi culturali, senza incentivi spirituali di alcun tipo, come il lavoro rudimentale e senza giusta remunerazione, quando lo trova. Chi non si preoccupava di queste cose se ne fregava di parlare della vedova e del povero infelice che è stato danneggiato da quella legge crudele, da quella legge criminale, da quella legge dittatoriale e dispotica che è la legge agraria, cosa dice del diritto alla vita? Perché senza il diritto alla vita non si può parlare, non si può scrivere, né ci si può riunire; chi muore di fame non può parlare».

Tutto questo Khaby lo ignora o perché in malafede o perché consigliato male dai nuovi amici.

A Cuba il diritto alla vita, e quindi alla libertà, non è negato dal ‘regime’. Cuba resiste contro un criminale blocco economico, finanziario e commerciale imposto dagli Stati all’Isola da oltre sessant’anni.  Un blocco che però non è riuscito a piegare Cuba e la sua irrefrenabile voglia di vita e quindi di sincera libertà. Per buona pace dei vecchi presunti intellettuali e dei nuovi Ferragni così proni ad accreditarsi al potere.

La Redazione de l'AntiDiplomatico

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