La battaglia di Bakhmut e la fuga di documenti Usa

La battaglia di Bakhmut e la fuga di documenti Usa

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Nessuna nuova della guerra ucraina, o forse sì, dal momento che Bakhmut sta inesorabilmente cadendo sotto il controllo russo, come prevedibile. Abbandonata la linea difensiva nel cuore della città, le forze ucraine si sono ritirate nella zona occidentale, ormai ultima ridotta, con le forze russe che hanno accelerato le operazioni militari dopo un lungo indugiare.

Evidentemente le priorità dell’esercito russo sono cambiate. Se in precedenza gli strateghi del Cremlino avevano deciso la sfruttare la determinazione di Kiev a tenere la città per degradarne le forze – leggi mattanza -, ora sono intenzionate a prendere il controllo di Bakhmut, forse per penetrare più in profondità o forse, più probabile, per riposizionare le proprie forze in attesa della controffensiva nemica.

Taluni analisti, infatti, affermano che Kiev avrebbe difeso tanto strenuamente Bakhmut non solo per ragioni di simboliche e di prestigio, ma anche per far concentrare qui le forze russe e attaccare altrove.

C’è del vero in queste affermazioni, ma in questo contesto si è inserito un elemento nuovo, cioè la fuga di documenti segreti dal Pentagono, tema dominante di questi ultimi giorni.

Tante le domande poste sul segreto violato, che si possono riassumere in tre blocchi: anzitutto quelle riguardanti il loro contenuto, poi chi le ha fatte uscire e perché.  Si potrebbe aggiungere anche un’altra domanda, che aiuta a dare risposte alle altre e riguarda la tempistica.

La fuga di documenti, tempistica e tematiche

Infatti, la prima domanda da porsi è perché dei documenti che circolavano da più di un mese su internet, prima sulla piattaforma Discord poi su altri social, siano stati scoperti dai media, cioè dal New York Times, solo adesso. E per di più prima che se ne accorgesse l’intelligence americana, che avrebbe dovuto scoprire la loro esistenza da tempo e da tempo avrebbe dovuto contrastare l’operazione (i mezzi per farlo non le mancano).

Certo, potremmo trovarci di fronte a una debacle catastrofica dell’Intelligence Usa, la più grave defaillance della sua storia, ma il tema tanto delicato (Ucraina) e la libertà con cui sono circolate la carte secretate lasciano poco spazio a tale possibilità.

Così la vera domanda è perché sia stata permessa tale fuga di notizie e perché il New York Times, che ha rapporti più che stretti  con l’Intelligence Usa, abbia deciso di dare corpo alla stessa, rendendo visibile l’invisibile.

La prima e ovvia risposta è data dalla tempistica: rendere tematica la fuga di documenti ha coperto le notizie da Bakhmut, evitando così ai media di dar conto della clamorosa debacle ucraina e, in particolare, del suo leader Zelensky, che ha deciso di far massacrare la sua gente per nulla.

Tale ragione spiega perché, almeno finora, il materiale fuoriuscito dalle fucine dell’intelligence Usa sia così poco interessante. In effetti, nei documenti rivelati non c’è nulla che non si sapesse o che non fosse stato ipotizzato.

Certo, potrebbe scandalizzare il ferreo controllo statunitense sull’Ucraina, sia sul piano militare che politico, con corollario di intercettazioni dello stesso Zelensky, ma è tutto notorio. Come usuali sono le intercettazioni ai danni dei Paesi alleati, notizie che al massimo possono provocare qualche editoriale risentito.

Come altrettanto noto è l’ingaggio dei Paesi Nato in Ucraina, anche se nelle carte è certamente sottostimato, e di molto, il numero delle forze speciali Nato in azione. Certo, la guerra per procura contro la Russia è così disvelata nella sua plasticità, ma è una rivelazione?

Partita interna e un gioco di specchi

In realtà, l’unica vera notizia imbarazzante uscita finora, vera o falsa che sia, è il fatto che l’Egitto starebbe producendo 40mila razzi per il Cremlino… tale notizia metterà sotto pressione il Cairo, cosa che non dispiacerà affatto né agli Usa né a Israele.

Già, Israele, proprio su Israele la notizia più bizzarra, dal momento che nella documentazione c’è anche l’ingaggio del Mossad contro Netanyahu per far fallire la sua riforma giudiziaria. Notizia davvero strana, dal momento che Netanyahu, in realtà, si è messo contro tutto l’apparato della Difesa e dell’Intelligence israeliana in maniera più o meno manifesta, oltre a quasi tutta la comunità ebraica mondiale. Non c’era bisogno certo del Mossad per fare ostruzione. Notizia bizzarra assai, sì.

La notizia più dibattuta resta, però, quella relativa alle gravi difficoltà che incontrerebbe Kiev nel preparare la controffensiva. Sul punto i russi parlano di mera disinformazione. Probabile. Tali difficoltà, infatti, sono note da mesi e da mesi Kiev, Nato e Usa si stanno adoperando alla bisogna. La controffensiva si farà e il suo esito prescinde da quanto scritto su quelle carte. Semmai, se dovesse fallire, i vari sponsor di Kiev potranno sempre dire: li avevamo avvertiti…

Così, è probabile che la fuga di notizie sia un gioco di specchi e, insieme, una bomba di avvertimento fatta esplodere nell’ambito di uno scontro interno agli apparati e alla politica occidentale, con chiari echi mediorientali (come denota anche la denuncia di un’asserita deriva filo-russa degli Emirati arabi).

Nulla a che vedere con la realtà della guerra ucraina, almeno finora, la cui macelleria proseguirà per irrevocabile automatismo. Ma chi ha avviato questo gioco – non certo i russi, che le notizie sul nemico le tengono per sé, per meglio usarle – potrebbe perderne il controllo. Contano sul caos, ma le variabili del caos sono tante.

Detto questo, urge un capro espiatorio.

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