La lotta dell'autista del Tir per evitare la strage di Berlino? Una bufala. Tra le tante.

La lotta dell'autista del Tir per evitare la strage di Berlino? Una bufala. Tra le tante.

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da Piccole Note

 

Lukasz Urban, l’autista del Tir che è stato sequestrato a Berlino per compiere la strage al mercatino di Natale, non ha lottato per evitare la strage di innocenti, come scritto da (quasi) tutti i giornali del mondo. Non l’ha potuto fare semplicemente perché era morto già alcune ore prima, ucciso da un proiettile.

 

L’autopsia sul cadavere, infatti, rivelata dalla Bild (e ripresa dal Giornale.it), ha evidenziato che Urban è stato ucciso tra le 16.30 e le 17.30, mentre la strage è avvenuta alle 20 (il camion, per inciso, è stato sequestrato verso le 15.45).

 

Insomma, l’ennesima boutade scritta su questa strage natalizia, una delle tante. Che non aveva alcun fondamento, né poteva averlo, come avevamo scritto a ridosso del fatto, in contrasto con la narrazione montante che aveva fatto di quel povero autista un eroe (per leggere articolo precedente cliccare qui).

 

Non si tratta di toglier nulla al povero Urban, la cui morte rattrista come le altre di quella maledetta mattanza, ma di cercare di capire quanto veramente è successo in quella tragica sera. E le invenzioni, pur belle, non aiutano, anzi depistano.

 

Avevamo scritto che la strage era opera di professionisti (vedi articolo segnalato e altri successivi), al di là se Anis Amri, indicato come l’autore dell’eccidio, abbia partecipato alla missione assassina o meno.

 

Professionisti che mai si sarebbero lanciati verso la folla per compiere la loro missione omicida con accanto, vivo, un energumeno in grado di reagire e far fallire il piano (Urban era imponente, un vero colosso), come ripetuto invece all’ossessione dalla versione “eroica” della narrazione mainstream.

 

E d’altronde, proprio perché professionisti, gli assassini ben sapevano che Urban rappresentava un testimone scomodo, che quindi doveva essere eliminato.

 

E, peraltro, sarebbe stato sciocco immaginare di ucciderlo dopo aver commesso l’eccidio, quando tutti gli istanti sono preziosi perché c’è da dileguarsi in fretta (non era una missione suicida, quella).

 

Non si può, infatti, perché c’è il rischio di dover ingaggiare una colluttazione che può far perdere tempo prezioso; o di far male il “lavoro”, data la fretta, lasciando così vivo, magari ferito, un testimone oculare.

 

Da qui la cosa più logica: ucciderlo prima di puntare il camion sulla folla.

 

L’unica cosa che non torna è l’orario: l’uomo è stato ucciso poco dopo il suo rapimento. Sul camion, ovviamente, ché lì sopra è stato ritrovato.

 

Così resta un problema non piccolo da risolvere: il camion non può aver girato due-tre ore con Urban cadavere nell’abitacolo. Per le strade Berlino, in mezzo al traffico cittadino.

 

Deve esser rimasto nascosto da qualche parte, prima di partire per la sua missione omicida, un luogo al riparo da occhi indiscreti offerto da un qualche basista.

 

Ma sul punto il localizzatore del Tir dovrebbe dare qualche risposta, ed è ben strano che non si parli per nulla di tale dispositivo, tanto importante per le indagini.

 

Ne accenna, sulla Repubblica del 22 dicembre, il bravo Andrea Tarquini, che ricostruisce gli ultimi minuti della vita di Urban. La telefonata alla moglie, che non risponde perché impegnata. L’sms di lui che la avverte che richiamerà alle 16. cosa poi non avvenuta.

 

E quindi questa interessante ricostruzione di Tarquini: «““Alle 15.45”, dicono in azienda, “il Gps ha registrato che qualcuno spostava lo Scania [il Tir ndr.] come per imparare a guidarlo, avanti e indietro. Abbiamo chiamato Lukasz [Urban ndr.], invano””». (Titolo dell’articolo: Lukasz il “duro” ha cercato di evitare la strage “Era legato ma ha lottato per spostare lo sterzo”; anche il cronista della Repubblica era stato “catturato” dall’abbaglio… ).

 

Il Tir sparisce dal dispositivo Gps, e in maniera sospetta come si evince dalla testimonianza. Quindi dall’azienda partono telefonate verso Urban e lui che non risponde…

 

Domanda che ci pare più che legittima: in quelle quattro ore qualcuno dell’azienda ha avvertito le autorità del probabile (se non sicuro) furto? E se sì, è scattata la ricerca del Tir? Il dispositivo Gps era ancora funzionante?

 

E la moglie ha telefonato in azienda preoccupata? Ha poi avvertito qualcuno? Magari le autorità polacche o tedesche?

 

Si tenga conto che la sicurezza europea da tempo sa che il Terrore può usare dei camion per le sue azioni. Così a Nizza, così sulle riviste dell’Isis, nelle quali si invitano i jihadisti a far strage con tali mezzi.

 

L’eventuale segnalazione del furto è stata vagliata con la dovuta attenzione?

 

Tante domande, che la narrazione ufficiale non ha messo a tema. E che invece ci sembrano alquanto importanti. Certo più di inventati, seppur lodevoli, atti di eroismo.



 

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