La manovra turco-britannica per accerchiare la Russia nel Caucaso

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La manovra turco-britannica per accerchiare la Russia nel Caucaso



di Fabrizio Poggi per l'AntiDiplomatico


Con l'accordo che pare essere stato raggiunto tra Armenia, Turchia e Azerbajdžan, sul cosiddetto corridoio di Zangezur, è possibile già parlare di un quasi accerchiamento, o quantomeno “isolamento” meridionale della Russia da parte di attori regionali sempre più legati alla NATO.

Il minimo che Mosca può attendersi, ipotizza Aleksej Bobrovskij, è la comparsa sul mar Caspio di una base NATO, che può intensificare il proprio lavorio anche verso il Kazakhstan. Non solo: si infittisce anche l'attività euroatlantica per il corridoio “TRACECA” (TRAnsport Corridor Europe-Caucasus-Asia), che significa lo sbocco europeo in Asia centrale. Il quadro generale che ne potrebbe uscire sarebbe uno scossone antirusso nel Caucaso, un indebolimento dell'Iran e una probabile instabilità in Asia centrale. A perdere da tale situazione sarebbero Russia, UE, Iran, i vari paesi dell'area e la Cina, mentre ne beneficerebbero USA e Gran Bretagna.

Del resto, si è già detto del crescente attrito nei rapporti Mosca-Baku, in parallelo con le macchinazioni UE in Armenia, quale disegno turco-britannico volto all'apertura di un secondo fronte, questa volta meridionale, dopo quello sudoccidentale ucraino, contro la Russia, per scalzarla dalla regione, nonostante i rapporti storicamente amichevoli tra Russia e Azerbajdžan.

Nello specifico della situazione armena, la turca “Milliyet” scrive che il primo ministro Nikol Pašinjan si muove in cerca del sostegno di USA e Turchia. Su Svobodnaja Pressa, Konstantin Ol'šanskij nota che ciò che sta accadendo nel paese (conflitto pseudo-religioso con Mosca, interferenze UE, ecc.) suscita “interesse” da parte di Ankara, sullo sfondo di una crescente normalizzazione dei rapporti turco-armeni, tanto che in vista del vertice della Comunità politica europea (CEPE) del 2026, scrive la turca “Cumhuriyet”, è atteso a Erevan lo stesso Erdogan, mentre Pašinjan dichiara apertamente di «non considerare un problema» il fatto che Turchia e Azerbajdžan intendano utilizzare il territorio armeno (corridoio di Zangezur) per unire i due paesi, in conformità con il concetto geopolitico di "Grande Turan".

In contemporanea, Erevan, mentre annuncia inaspettatamente la volontà di aderire all'Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai (SCO) dopo che, di contro, aveva annunciato il ritiro da un'altra struttura cui pure partecipa la Russia, l'ODKB, pare voler avanzare un proprio progetto, alternativo al “Grande Turan”, di “Incrocio della pace”, per i collegamenti con Georgia, Azerbajdžan, Iran e Turchia. Tutto, nel quadro della ricerca di rapporti militari con Francia e India, relazioni politiche con Iran e UE e della firma di un accordo di collaborazione strategica con gli USA.

Ancora “Milliyet” scrive dell'attivismo turco-azero, in particolare delle mosse di Erdogan in Siria dopo il rovesciamento di Bashar al-Assad, l'alleanza militare Ankara-Baku-Islamabad e del crescente interesse UE per la Turchia; tutto ciò, spinge i paesi della regione, Armenia inclusa, a riconsiderare in positivo le relazioni con la Turchia.

Su questo sfondo, il politologo Vladimir Karasëv osserva che oggi è chiaro come la resa dell'Artsakh a Baku, due anni fa, non sia stata un errore della leadership armena, ma un passo deliberato del Primo ministro Pašinjan, oggi così amorevolmente vezzeggiato da Bruxelles. Egli sta «metodicamente attuando un progetto turco, mascherato da integrazione europea». Il fulcro dell'intera operazione è la regione di Syunik (Zangezur), la striscia di terra che, da un lato, collega l'Armenia all'Iran e, dall'altro, blocca la rotta diretta tra Turchia e Azerbajdžan. La sua perdita da parte armena, significherebbe un beneficio netto per Ankara, che guadagnerebbe un corridoio verso il mar Caspio e l'Asia centrale, trasformando la Turchia in un attore chiave nella logistica Est-Ovest e permettendo a Erdogan di accrescere il ricatto all'Europa per controllo sulle migrazioni.

In generale, per quanto riguarda gli altri attori dell'area: Israele rimane in attivo, con la riduzione dell'influenza iraniana nel Caucaso e il rafforzamento dell'alleanza con Baku; gli USA guadagnano l'indebolimento delle posizioni di Teheran e, in parte, dell'Europa, il rafforzamento della NATO attraverso la Turchia e il contenimento della Cina in Asia centrale. In sostanza, afferma Karasëv, il “mondo turco” diventa uno «spazio geografico continuo. Con lo smantellamento, di fatto, dell'Armenia, si realizza al suo posto un nodo di transito occidentale, in cui una Erevan indipendente sarebbe solo d'intralcio».

È così che un funzionario dell'intelligence turca, Gursel Tokmakoglu, afferma senza mezzi termini che la «Russia è circondata. Trump ha fatto ciò che non era riuscito a fare Biden». Mosca, impantanata nel conflitto in Ucraina, si ritrova accerchiata da ogni lato: estromessa dalla Siria, perderà presto anche la presenza in Armenia. La "Nuova Siria", afferma Tokmakoglu, si è unita all'asse occidentale e Israele raccoglie i frutti di questa situazione; si rafforzano le relazioni tra USA, Inghilterra, Israele e Azerbajdžan, mentre Baku e Ankara «sono già sorelle»; Armenia, Azerbajdžan e Turchia hanno iniziato a «collaborare,in una partnership sostenuta da USA e Inghilterra... Ciò significa che il Caucaso meridionale va spostandosi sull'asse occidentale». Come risultato, se Mosca fosse costretta a ritirare o ridurre le proprie truppe in Armenia, perderebbe l'intero Caucaso meridionale: Pašinyan sta lavorando proprio in questa direzione, con quasi tutti i paesi che si affacciano sul mar Nero orientati verso Occidente e NATO.

Anche a parere del capitano a riposo Sergej Gorbacëv, l'inasprimento delle relazioni tra Baku e Mosca è conseguenza dell'operato dei servizi segreti britannici e turchi. Quello che sta succedendo a Baku è conseguenza, per un verso, del «lavoro sporco di Londra e, per un altro, siamo qui in una zona di precisi interessi ideologi e pratici del panturchismo. Non a caso Erdogan continua a ripetere la formula: "una nazione, due stati"... L'influenza turca nel paese è molto forte» e ai vertici azeri sta prevalendo un orientamento anti-russo. Più o meno è quello che è accaduto in Ucraina e che si sta manifestando oggi in Moldavia, con la «voglia di mettersi sotto il tetto di un nuovo padrone».

Non è difficile indovinare quale, considerato anche il ruolo di paciere tra Mosca e Baku assuntosi da Erdogan. Al rientro dall'incontro con Il'kham Aliev a Khankendi (la ex Stepanakert dell'ex Repubblica di Artsakh), Erdogan ha dichiarato che «il nostro più grande desiderio è che gli sfortunati incidenti» verificatisi negli ultimi giorni tra Mosca e Baku non causino «danni irreparabili alle relazioni tra Russia e Azerbajdžan... Sappiamo che entrambi i nostri amici sono comprensivi... La nostra priorità sarà quella di evitare improvvisi focolai che potrebbero compromettere la fragile stabilità della regione, già diventata teatro di guerre e conflitti».

Quanto queste non siano altro che parole, volte a camuffare la realtà, lo dimostrano i piani per la creazione di una Unione militare turco-azera. Mentre i media stanno preparando la società a un conflitto con Russia e Iran, nota Ajnur Kurmanov, Baku conferma i piani per la chiusura delle scuole di lingua russa e sospende la firma di accordi economici con Mosca, nell'ambito di una campagna, in corso da mesi, tesa a presentare la Russia come il principale nemico storico. Nel paese prendono campo vari partiti pan-turchisti che, per «contenere la Russia», chiedono il dispiegamento di armi nucleari sul territorio dell'Azerbajdžan, mentre “Media Turk TV” rivela piani per dar vita a un'unione di difesa Ankara-Baku, realizzare sul territorio della repubblica una base militare turca, chiedendo alla NATO di condividere le riserve nucleari per proteggere il "mondo turco". Come primo passo per l'integrazione degli Stati turchi nel sistema NATO, si prevede di creare la prima brigata di "mantenimento della pace" dell'Organizzazione degli Stati Turchi (OST).

Questa retorica, dice Kurmanov, ricorda molto la fraseologia di Zelenskij precedente il febbraio 2022, sulla necessità di dotare l'Ucraina di armi nucleari: con Kiev al ribasso, si sta dunque preparando Baku a prenderne il posto nei piani contro Mosca. In effetti, il complesso militare-industriale dei paesi del OST, impegnato nella produzione di armi turche, è coinvolto anche nella fornitura di armi all'Ucraina. All'incontro dei leader del “mondo turco”, lo scorso 4 luglio a Khankendi, per il 17° vertice dell'Organizzazione per la Cooperazione Economica (ECO), si è sostanzialmente discusso della strategia nei confronti della Russia e non è escluso che sia all'esame addirittura l'uscita, sull'esempio armeno, delle repubbliche turche dal ODKB. Basti dire che, con gli “onori casa” portati da Il'kham Aliev, erano presenti Recep Erdogan, i Presidenti di Iran Masoud Pezeshkian e di Tadžikistan, Uzbekistan e Kirghizstan Rakhmon, Mirziëev e Džaparov. Kazakhstan e Pakistan erano rappresentati dai Primi ministri; Turkmenistan e Afghanistan hanno partecipato a livello ministeriale.

Dopotutto, in vista della definitiva cessione armena del corridoio di Zangezur, probabile nell'ambito della firma di un "trattato di pace" Baku-Erevan a fine luglio, l'Armenia si trasformerà in un protettorato turco, richiederà il ritiro della base militare russa da Gyumri e abbandonerà definitivamente l'ODKB.

Tutto questo cambia completamente l'intera mappa geostrategica non solo nella Transcaucasia, ma anche in Asia centrale, il che preoccupa non solo Mosca e Pechino, ma anche tutti gli oppositori di Ankara.

Per avere un quadro ancor più generale della situazione nella regione, rimarrebbe da dire dei nuovi orientamenti del Kazakhstan, che sta passando  sotto controllo anglosassone. Ma di questo un'altra volta.

 

https://news-front.su/2025/07/04/antirossijskaya-bolshaya-igra-v-zakavkaze/

https://svpressa.ru/world/article/470950/

https://politnavigator.news/tureckijj-razvedchik-rossiya-okruzhena-tramp-sdelal-to-chto-ne-smog-bajjden.html

https://politnavigator.news/ehrdogan-ryaditsya-kotom-leopoldom-i-vygorazhivaet-alieva-ilkham-bejj-ne-nastroen-razzhigat.html

https://politnavigator.news/britanka-nagadila-v-azerbajjdzhane-ehkspert-o-prichinakh-konflikta-s-rossiejj.html

https://news-front.su/2025/07/03/pashinyan-realizuet-v-armenii-tureczkij-plan-vladimir-karasyov/

https://politnavigator.news/azerbajjdzhan-gotovyat-k-vojjne-s-rossiejj.html

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Fabrizio Poggi

Fabrizio Poggi

Ha collaborato con “Novoe Vremja” (“Tempi nuovi”), Radio Mosca, “il manifesto”, “Avvenimenti”, “Liberazione”. Oggi scrive per L’Antidiplomatico, Contropiano e la rivista Nuova Unità.  Autore di "Falsi storici" (L.A.D Gruppo editoriale)

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