La PEC che potrebbe inchiodare Lamorgese: sapeva in anticipo dell'assalto alla Cgil?

La PEC che potrebbe inchiodare Lamorgese: sapeva in anticipo dell'assalto alla Cgil?

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Lamorgese sapeva? O chi per lei?

Dopo la paradossale difesa del poliziotto picchiatore infiltrato alla manifestazione del 9 ottobre come dedito a testare la tenuta dell'oscillazione ondulatoria del blindato, oggi la ministra si trova a dover affrontare la controffensiva dell'avvocato Taormina che difende Castellino, l'esponente di Forza Nuova oggi in carcere per l'assalto alla sede della CGIL.

Fin dall'inizio qualcosa non quadrava nella ricostruzione ufficiale di quanto avvenuto a Roma quel sabato.

La stessa presenza di Castellino sul palco, che si diceva sottoposto a Daspo e con braccialetto elettronico, era quantomeno strana, anche se effettivamente la polizia, come sostiene il ministro italiano dell'interno, era impreparata.

Ma Castellino ha annunciato dal palco che una parte dei manifestanti sarebbe andata davanti alla sede della CGIL.

Quindi erano tutti avvisati, compresa la CGIL e sicuramente Landini o chi ne fa le veci, per approntare un cordone davanti alla sede.

O no?

E perché non è stato avvisato il sindacato, se davvero non è stato avvertito dopo circa un'ora dall'annuncio urbi et orbi?

Perché la polizia, così come abbiamo tutti avuto modo di osservare dai filmati, non ha mai tentato di fermare la squadra che si è diretta verso la sede del Sindacato e, invece, ha caricato le persone che erano sedute in piazza e, poi, ha aggredito con manganellate e lacrimogeni i pochi che hanno raggiunto palazzo Chigi con le mani alzate?

I video "amatoriali" girati dinanzi alla CGIL mostrano chiaramente le forze dell'ordine in vigile attesa a parlare con i leader di Forza Nuova, senza mai intervenire né prima né dopo.

Chiunque abbia contezza di come agisce la polizia sa che stavano obbedendo ad un ordine, non sarebbero mai rimasti passivi senza precise direttive.

Lamorgese giustifica questo atteggiamento altrimenti inspiegabile come una decisione, infatti, presa per non infuocare gli animi, che invece non si rischia di "esacerbare" con calci, pugni, manganellate, idranti e lacrimogeni se le persone sono inermi e con le mani alzate....

Un piccolo inciso qui è d'obbligo: l'attenzione mediatica verso le proteste legittime contro l'obbligo del green pass per lavorare, lasciando senza stipendio i lavoratori non vaccinati (brutta rogna per i sindacati gialli) si sposta a questo punto sul pericolo fascista.

Da una parte si tenta di fare passare per assodata l'identificazione tra no green pass, no vax e fascisti, regalando piazze di centinaia di migliaia di lavoratori in tutta Italia alla destra.

Ma lo scopo non è solo la criminalizzazione di chi esprime dissenso al green pass obbligatorio e alle misure da macelleria sociale del governo Draghi.

L'intenzione è quella di riabilitare il sindacato giallo ormai privo di mandato, per rappresentarlo come vittima di un atto terrorista.

E, se si riconosce lo status di vittima a qualcuno, qualche merito lo avrà pure, no?
"Se i fascisti lo aggrediscono, vuoldire che è antifascista".

Su questo falso sillogismo automaticamente la vittima attira la dovuta solidarietà antifascista, e tutti marciano allegramente contro il fascismo, nel giorno del silenzio elettorale, Gualtieri in testa, PD e M5S2050 martiri, lasciando Piazza San Giovanni un tappeto di bottiglie e mascherine.

Ma si può essere green quando il fascismo incombe?

Peccato che la strategia sia stata rovinata dagli operai della logistica, dai portuali di Trieste e Genova. Nonostante la totale mistificazione mediatica e politica sulle piazze italiane piene ogni giorno, il giochino di trasformare in fascismo la lotta per la conservazione degli ultimi brandelli di Costituzione di colonia Italia non regge più.

Trapela dalle prime dichiarazioni di Castellino che la sua presenza era stata autorizzata dalla questura, che ci sono le prove della sua comunicazione via PEC, che la trattativa per andare sotto la CGIL c'è stata e che addirittura è stata agevolata.

Se queste dichiarazioni non verranno confutate senza ricorrere a ondulazioni varie, bisognerà trarre le logiche deduzioni,  a partire dalle dimissioni del ministro Lamorgese.

Agata Iacono

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Sociologa e antropologa

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