Manuale di stupidaggini sull'inflazione in Venezuela

L'economista Alfredo Serrano Mancilla svela la reale dinamica che porta alla formazione dei prezzi in Venezuela, smontando la lettura neoliberista della tematica

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Manuale di stupidaggini sull'inflazione in Venezuela

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di Alfredo Serrano Mancilla - celag.org
 

Mi hanno definito finanche «primitivo» per aver affermato che l’inflazione non può essere spiegata esclusivamente dalla creazione di moneta. Lo torno a ripetere per quelli che non vogliono ascoltare né leggere: la massa monetaria influisce sul livello dei prezzi, ma questo non significa sia l’unica variabile determinante. 

 

Nessuno nega che i prezzi in Venezuela siano un problema. Proprio per questo, la questione non può essere trattata con tanta leggerezza. La formazione dei prezzi è un problema infinitamente più complesso che una relazione univoca tra due variabili. I prezzi non cadono dal cielo, non sono determinati da nessun software matematico. La famosa mano invisibile non esiste. Ogni prezzo ha la sua ragione d’essere. 

 

In Venezuela, da diversi decenni, l’inflazione di è costituita come componente strutturale dell’economia. L’inflazione media annua nel periodo 1989-1998 fu del 52,45%. Con l’arrivo del chavismo, questo valore si ridusse significativamente, con l’eccezione degli ultimi anni. Nel periodo 1999-2012, la crescita media annuale dei prezzi fu del 22%. A partire dal 2013 questa tendenza al ribasso scomparve. I prezzi tornarono a crescere con maggiore velocità. L’inflazione giunse al 56,2% nel 2013; 68,5% nel 2014; 180,9% nel 2015. 

 

Per alcuni neoliberisti da manuale (monetaristi) tutto è dovuto al chavismo che utilizza troppo la macchina per stampare bolívares. Questo corrisponde a verità?  È tutta colpa dell’emissione monetaria? No. Assolutamente no. Non tutto è dovuto all’aumento degli aggregati monetari. Numericamente è molto semplice dimostrarlo. Basta dare uno sguardo ad alcuni casi per renderci rapidamente conto che non vi è alcuna relazione diretta. È vero che nel 2015 l’inflazione fu elevata (180,9%) così come anche l’emissione monetaria (100,66%). Tuttavia, non è stato sempre così. Osserviamo l’anno 2006: con maggiore creazione di denaro (104,34%), l’inflazione fu relativamente bassa (17%). Oppure guardiamo l’anno 1996, prima dell’avvento del chavismo al potere, l’inflazione giunse al 103% con una crescita della massa monetaria del 55%. Comunque si guardi la questione, non vi è alcuna relazione semplicistica tra prezzi e denaro in circolazione. 

 

Inoltre possiamo trovare nel mondo infiniti esempi che mostrano come la massa monetaria non sia l’unica causa dell’inflazione. In Argentina, nel periodo 2007-2013, le tensioni inflazionistiche furono costantemente indipendenti dalla crescita della base monetaria. Negli Stati Uniti, tra il 2008 e il 2012, l’emissione monetaria fu di quasi il 160% e l’indice dei prezzi non sorpassò il 10,3% in questo periodo. Nel Regno Unito vi sono stati periodi in cui l’emissione ha sfiorato il 200% mentre i prezzi sono cresciuti del 16,4%. In Brasile con un’espansione monetaria del 123% i prezzi sono cresciuti del 27,6%. Nell’Unione Europea, dopo un’emissione senza paragoni, ad esempio 1,6 miliardi di euro in un anno e mezzo, l’inflazione resta al di sotto del 2%. Come si può vedere, la determinazione dei prezzi è molto più complessa di un’equazione riduzionista basata sul denaro in circolazione. 

 

L’altro grande mantra è incolpare direttamente i lavoratori. Sarà vero che l’incremento salariale causa inflazione come afferma il manuale di stupidaggini del neoliberismo? Assolutamente falso. Ancora meno nel caso venezuelano. Gli aumenti salariali decisi dalla Rivoluzione Bolivariana in quest’ultimo periodo di tempo sono andati dietro ai prezzi. Hanno rincorso l’inflazione per non causare una perdita del potere d’acquisto. Questa spirale ha una determinata sequenza: prima, l’incremento dei prezzi, successivamente, gli aumenti salariali. Affermare il contrario è assolutamente falso; sarebbe ingiusto colpevolizzare il lavoratore per l’aumento dei prezzi. Implicita è l’intenzione di applicare la ricetta neoliberista: riduzione dei salari per abbassare la domanda, e quindi, controllare l’inflazione. 

 

Alla luce di quanto visto, in Venezuela, per capire l’inflazione si dovrà ricorrere ad altre analisi economiche molto più ampie. Qui, sei punti fondamentali. 

 

Innanzitutto, bisogna considerare che l’inflazione è il risultato di un’asta distributiva. Dietro ogni incremento di prezzo, vi sarà chi ottiene un maggior margine di profitto mentre allo stesso tempo un altro soffrirà una diminuzione del potere d’acquisto. Se il consumatore ha bisogno di un bene, lo pagherà fino al punto che gli permetterà di raggiungere il suo salario. Vi sono beni che non saranno più consumati, ma non altri. I beni necessari che non hanno sostituti, sono quelli che pesano maggiormente nel calcolo dell’inflazione. Sono quelli che maggiormente colpiscono le tasche dei cittadini. 

 

Indubbiamente, il costo di produzione è una variabile fondamentale. Nessun prezzo può essere inferiore al costo di produzione per l’imprenditore. Questo è qualcosa di logico. Ma non significa che il costo di produzione è un buco nero dove tutto è consentito. C’è sempre un’inflazione dei costi che si riverbera sul prezzo finale senza alcuna ragione. In Venezuela, dati alla mano, vi sono due elementi chiamati Costi di Prestazione dei Servizi e Altri Costi di Vendita, che non hanno bisogno di giustificazione, e che rappresentano circa il 25% del totale dei costi di produzione.

 

Altro aspetto fondamentale, dimenticato dal Manuale di stupidaggini sull’inflazione in Venezuela, è l’influenza della struttura oligopolistica dell’offerta sulla formazione dei prezzi. Sono poche (e grandi) le aziende private che hanno un tale potere di mercato da poter fissare i prezzi. La loro posizione dominante gli permette di vendere un prodotto a un prezzo eccessivo. Non vi è concorrenza sufficiente per mettere in discussione il prezzo esorbitante. O si acquista a quel prezzo o non si riesce a trovare il prodotto. La concentrazione industriale oltre ad essere ingiusta è notevolmente inefficace in materia di prezzi. 

 

Non possiamo dimenticare il ruolo delle importazioni in un’economia fortemente dipendente dall’estero. Paradossale è che mentre l’economia mondiale si trova in una fase di prezzi bassi, in Venezuela i prodotti importati giungono a prezzi gonfiati. A cosa è dovuto? I prezzi di trasferimento sono la risposta. Si importa a prezzi superiori rispetto ai marcatori di riferimento internazionali. Da questa situazione traggono beneficio solo gli intermediari, mentre viene oltremodo penalizzata la popolazione venezuelana. 

 

Anche la distribuzione ha molto da dire su questa problematica. Le catene distributive influenzano la formazione dei prezzi. Si innestano come attori fondamentali nella catena del valore e portano il prezzo molto al di sopra dei suoi veri costi. Raramente generano valore aggregato ma sono responsabili del 40% dell’incremento dei prezzi. Questo fenomeno è ancora poco studiato dall’economia convenzionale, nonostante i distributori siano importanti agenti economici con grandi margini di profitto (che si traducono in perdita del potere d’acquisto per la cittadinanza).

 

Per ultimo, ma non per questo meno importante, il Manuale di stupidaggini sull’inflazione in Venezuela non presta alcuna attenzione al comportamento di un indicatore illegale, fissato dall’Alabama (Stati Uniti), che si espande come la schiuma senza alcuna criterio economico. Dólar Today è cresciuto di quasi 1500 punti in meno di due mesi. Questo comportamento non corrisponde ad alcun cambiamento nelle variabili macroeconomiche del paese. Nemmeno risponde all’evoluzione del valore del tasso di cambio implicito (relazione tra bolívares in circolazione e riserve), che è rimasto stabile negli ultimi mesi (circa 450 bolívares/dollari). Possiamo trovare solo ragioni politiche dietro questi salti senza alcuna motivazione economica. Questo indicatore serve come scusa a pochi grandi imprenditori, che possono così fissare prezzi alti nonostante Dólar Today coinvolga solamente il 5% delle transazioni economiche nel paese. Cioè, viene utilizzato per fissare i prezzi della maggioranza degli acquisti, ma è presente in una percentuale marginale delle operazioni realizzate quotidianamente. Una vera e propria truffa utilizzata come traino inflazionario in Venezuela per destabilizzare l’economia del paese. 

 

L’inflazione ha radici multiple. Non tutto è causato dall’emissione monetaria, dai salari o dagli investimenti sociali. Tutta la colpa non è nemmeno di Dólar Today, anche se negli ultimi tempi ha guadagnato importanza. I prezzi si formano a partire da una complessa serie di variabili che interagiscono in uno scenario nel quale vi sono correlazioni di forze economiche; e dove ci sono sempre interessi politici. Pertanto, per capire l’inflazione bisogna gettare quanto prima nella spazzatura questo Manuale di stupidaggini sull’inflazione in Venezuela. 

 

(Traduzione dallo spagnolo per l’AntiDiplomatico di Fabrizio Verde)   

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