Paradossi della società italiana

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Paradossi della società italiana

 

di Michele Blanco*

Nel 2025 i mezzi di comunicazione di massa non parlano più di flussi migratori, nessun telegiornale ne parla ma le nostre coste sono epicentro degli sbarchi, con oltre 58.500 persone arrivate via mare solo nel periodo gennaio-ottobre 2025, in grandissimo aumento rispetto al totale di 55.049 registrato nel 2024.  Tra i nuovi arrivati, almeno un migrante su cinque è minorenne, sono oltre 10.500 ragazzi sotto i 18 anni che sono sbarcati nei primi dieci mesi del 2025, molti dei quali giunti da soli dopo viaggi difficili e pericolosi. La nazione con la maggiore rappresentanza di immigrati è il Bangladesh, con quasi il 30% del totale, seguita da cittadini Egiziani ed Eritrei. 
 
Ma nel frattempo, l’Italia si trova letteralmente a perdere anche molti dei suoi giovani. Tra il 2011 e il 2023, sono partiti 550.000 giovani tra i 18 e i 34 anni, con un’altissima percentuale di laureati, per lavorare all'estero. La “fuga dei cervelli” è un problema centrale per il futuro della nostra nazione. I dati ufficiali potrebbero sottostimare il numero reale di espatri. Le destinazioni principali sono Germania e Spagna. 
 
Nel solo 2024 si sono registrati ben 156.000 espatri, numero record degli ultimi dieci anni, con un aumento del 36% rispetto all’anno precedente. Gran parte di queste partenze riguarda persone attratte da nuove opportunità di carriera, da stipendi sicuri e molto più alti che in Italia dove prevale il lavoro precario sottopagato.
 
Insomma, 156.000 italiani emigrano per avere l'opportunità di una qualità della vita migliore oltre confine, perché nel nostro Paese per essere trattati in modo adeguato dei avere le "giuste conoscenze". 
Infatti secondo l'Istat i salari e gli stipendi, in Italia, oggi sono l'8,8% più bassi rispetto al 2021. È un dato che purtroppo mette chiaramente in evidenza meglio di mille parole la condizione materiale, sempre in peggioramento, di milioni di lavoratrici e lavoratori e delle loro famiglie.
 
Non si tratta soltanto dell'effetto dell’inflazione che in questi anni ha eroso enormemente il potere d’acquisto. Il punto fondamentale e indiscutibile è che il salario è diventato terreno di ricatto e di sfruttamento continuo all'interno di un sistema economico, politico e sociale che da decenni ha smesso di fare minimamente gli interessi di chi produce e lavora. In questi mesi più di 5 milioni e mezzo di lavoratori dipendenti sono in attesa del rinnovo del contratto di lavoro e in fervida attesa di aumenti salariali decenti.
 
Molti di questi contratti sono scaduti da mesi o, addirittura, da anni, bloccati dalle organizzazioni dei datori di lavoro, e spesso, quando si giunge ad un rinnovo gli aumenti sono a dir poco ridicoli al punto da pareggiare, quando va bene, l'aumento continuo del costo della vita.
 
È così che in Italia le retribuzioni, stipendi e salari, sono da moltissimi anni inferiori del 20% rispetto alla media dell’Unione Europea.
 In Francia e Germania gli aumenti contrattuali del solo anno 2024, ad esempio, si sono attestati tra il 6 e il 7%, mentre in Italia la gran parte dei salari è assolutamente ferma mentre affitti, bollette, i prezzi dei beni essenziali continuano ad aumentare in modo completamente insostenibile, per la maggior parte delle famiglie italiane.
 
Una situazione gravissima che è frutto di scelte politiche ben precise, fatte in continuità da governi di centrodestra, di centrosinistra e tecnici senza nessuna distinzione. Si tratta dell'estrema conseguenza di decenni ininterrotti di compressione salariale, di mancata contrattazione collettiva, di un modello economico che pretende aumenti continui e costanti di produttività senza una redistribuzione adeguata e aumenti di flessibilità senza diritti.
 
Oggi parlare di salario minimo, di contrattazione collettiva, di sfruttamento è questione, non rimandabile, diventa una questione di vera e propria giustizia sociale. Bisogna pretendere il rinnovo immediato dei contratti scaduti, con aumenti salariali veri che recuperino l’inflazione e riconoscano i sacrifici fatti da decenni dai lavoratori. È assolutamente necessario un salario minimo di almeno 10€ l'ora che impedisca di vivere sotto la soglia di povertà, come capita a milioni di lavoratrici e lavoratori italiani, anche lavorando a tempo pieno.
 
In Germania è stato approvato l'aumento del salario minimo a 14,6 euro l'ora per il 2027. Si tratterebbe solo di dare dignità a chi lavora, oggi ci troviamo di fronte a file sempre più lunghe alle mense Caritas, in tutta Italia, con i nuovi poveri, che anche se lavorano e hanno lo stipendio, questo non basta più.
 
Non si può accettare che in uno dei Paesi più importanti dell’UE, con quasi 59 milioni d'abitanti, il lavoro sia diventato solo sinonimo di precarietà, sfruttamento, con salari da fame e diritti sempre più calpestati. L’Italia è l'unico Paese dell'Unione Europea in cui i salari reali sono scesi negli ultimi trent’anni, mentre produttività e profitti sono enormemente e costantemente aumentati. Le imprese hanno potuto scaricare i costi della crisi, presunti o veri, e dell’inflazione sempre sui lavoratori, contando continuamente sulle politiche dei governi, ripeto sia di centro destra che di centro sinistra o tecnici, che hanno dispensato continui bonus e tagli fiscali a pioggia.
 
Bisogna cambiare la situazione e i rapporti di potere, di chi decide come si distribuisce la ricchezza, tantissima ricchezza, che il sistema economico italiano ogni giorno produce. E significa provare a capire finalmente che la povertà non è un destino, non una colpa ma il risultato di rapporti di forza economici e politici costruiti negli ultimi decenni a continuo discapito di chi lavora e aumenta la produttività in questo Paese. 
 
Quindi i dati sono più che chiari, riportati da fonti ufficiali e serissime ricerche demografiche fatte in modo scientifico. Ci troviamo di fronte a un paradosso che mette a confronto due facce della mobilità umana: da una parte chi arriva cercando salvezza e futuro, dall’altra chi parte spinto da speranze non possibili da realizzare nel nostro Paese. 
Questa doppia dinamica rende l’Italia un crocevia di drammi e speranze, uno specchio della complessità non solo nazionale ma globale. Mentre il Paese accoglie nuove vite e storie difficili, perde nel contempo le migliori energie giovani e tantissimi talenti che in Italia andrebbero sprecati. Una gravissima situazione che dovrebbe portare una riflessione profonda sulle trasformazioni in atto e sulle sfide per il futuro del paese.
Ma la "grande stampa" nazionale è interessata ad altro e il governo nella legge di bilancio 2026 aumenta fortemente solo la spesa militare. 
Il bilancio del ministero della Difesa prevede 1,1 miliardi di euro in più. Per l’acquisto di armamenti ci sono 13,2 miliardi, Il calcolo è del serissimo osservatorio Milex.
 
Se guardiamo alla Sanità l’aumento di spesa previsto per il prossimo anno non sarà, in nessun modo, sufficiente a riportare il rapporto spesa/PIL agli stessi livelli di altri paesi europei, eppure siamo uno dei paesi con minori nascite e tantissimi anziani che hanno assoluto bisogno di cure. Quindi, non è un caso se nel 2024 quasi un cittadino su dieci (il 9,9% pari a 5,8 milioni di persone), ha dovuto rinunciare alle cure per mancanza di soldi, con un aumento del 2,3% rispetto al 2023.
 
Il rapporto spesa/PIL è importante perché, premesso che la spesa per la sanità aumenta normalmente di anno in anno, contemporaneamente crescono anche l’inflazione e i prezzi di merci e servizi, per cui servono, per consentire le cure adeguate, sempre più soldi.
 
Nel frattempo le risorse che vengono impiegate per gli sgravi fiscali sono sempre di più, ma secondo il presidente dell’ISTAT in audizione sulla manovra 2026 in Commissione di camera e Senato, questi sgravi porteranno vantaggi solo alle famiglie ricche e benestanti. Mentre le difficoltà a finanziare adeguatamente il welfare, a partire dalla sanità, alla lunga determinano la privatizzazione dei servizi, infatti cresce fortemente il ricorso alla sanità privata, e conseguentemente il depotenziamento di quel che rimane del pubblico.
 
Come è facilmente immaginabile, viste queste premesse, nei prossimi anni la situazione continuerà a peggiorare. Comunque, sia chiaro che non saranno gli immigrati a sostituirci come popolo, ma il fatto che milioni d'italiani per vivere, una vita decente e dignitosa, non avendo alternative, sono costretti a emigrare.
 
*Contributo pubblicato in “La Fonte periodico dei terremotati o di resistenza umana”, 2025, ANNO 22, n. 11, p. 18.

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