Premio Strega, Bajani e il giochino del patriarcato che si è rotto....

1974
Premio Strega, Bajani e il giochino del patriarcato che si è rotto....



di Paolo Desogus*

Leggo che Andrea Bajani, ieri, a caldo, appena ricevuto il premio Strega, ha dichiarato che "anche i maschi devono contestare il patriarcato". Benissimo! Il suo romanzo parla di quello. Sino a poco tempo fa, chi si fosse soffermato sula banalità dell'affermazione sarebbe stato tacciato di complicità con il patriarcato, un po' come qualche scellerato ancora accusa di antisemitismo chi critica Israele.

Temo che però qualcosa sia andato storto. Purtroppo per Bajani il giochino si è rotto.

Dichiarare guerra al patriarcato, senza peraltro darne una definizione (cosa tutt'altro che scontata e semplice se preso sul serio come questione reale e non in modo opportunistico) non significa niente, nulla. La lotta al patriarcato e molte altre questioni prossime a questo tema sposate da quel ceto medio riflessivo "benestante e soddisfatto", da tempo asserragliato nei centri storici delle grandi città, hanno solo un significato esteriore. Indicano solo secondariamente un problema sociale concreto, su cui occorrerebbe soffermarsi senza opportunismi. E non definiscono una prassi politica. Per dirla con Barthes, non esprimono un significato denotativo, ma solo connotativo: non servono infatti a definire il problema, ma solo il loro contorno. Sono infatti le parole d'ordine che questo gruppo sociale impiega per costituirsi come clan; per rendersi riconoscibile sul piano sociale, culturale; per stabilire i criteri della propria appartenenza.

Qualcosa di simile accadeva qualche anno fa con la schwà. Anche in quel caso, il suo impiego serviva ad autoidentificarsi come parte di un clan e non certo a stabilire un nuovo modo di esprimersi. Come dicevo il giochino si è rotto. Della schwà non frega più una cippa a nessuno, tranne che a qualche sottone fanatico. Il clan del ceto medio riflessivo è infatti sempre più angusto. Sono sempre più frequenti i distinguo. C'è chi si smarca da questo gruppo sociale oramai esclusivamente preoccupato a conservare i propri privilegi di classe, il proprio stile di vita, le proprie "poetiche individuali" pseudo di sinistra da esibire come attestati di cultura, di benessere e di buon vivere creativo e "autopoietico".

Il ceto medio riflessivo che negli anni Novanta si riconosceva nelle lettura di Repubblica, nella sinistra moderata che guardava a Blair e a Schroeder, nell'adesione ai valori dell'UE ("che ci ha garantito 70 di pace..."), nella flexicurity degli scandinavi, nella pedagogia per competenze, nell'ecologismo come stile di vita (e non come contraddizione in seno al capitalismo), nei diritti e in tutto quel sistema di temi e questioni del vecchio mondo post storico sorto sulle macerie della caduta del Muro di Berlino e dei Trattati di Maastricht, ebbene quel ceto privilegiato oggi è in grave crisi. La sua pavidità, la sua sordità ai problemi sociali, il suo atteggiamento meschino e ipocrita sulle grandi questioni (vedi alla voce Gaza) ne hanno smascherato la vacuità, la complicità con la parte più feroce e rapace del capitalismo. Gli stessi valori, come ad esempio la lotta al patriarcato, creano ostilità, ma non perché il popolo brutto sporco e cattivo voglia ripristinare il primato del pater familias, ma perché esibiti solo come forma esteriore e distintiva, come vessillo, come segno di riconoscimento da opporre contro chi a quel gruppo sociale per ragioni materiali non appartiene ed è costretto invece a lottare per il salario, per la sicurezza nel lavoro, per la difesa della scuola pubblica e della sanità universalista e per la pace.

Con il suo romanzo sul patriarcato Bajani ha tentato la furbata. Come molti scrittori che anelano entrare in comunicazione con i piani alti dell'establishment, ha cercato di dire qualcosa di poco compromettente. Poteva sfruttare la sua posizione per un messaggio forte contro lo stato terrorista di Israele, contro l'imperialismo americano che impone all'Europa i dazi, il riarmo e che si autoesenta dalla global minimum tax che invece vale per tutto il resto del mondo. Ha scommesso ancora una volta sul proprio ceto sociale di riferimento. Ha scommesso su quel frammento d'Italia che della letteratura ha una concezione essenzialmente turistica, frivola, sbarazzina. Vedremo questa gente sotto l'ombrellone negli stabilimenti di Forte dei Marmi e Portofino con il libro di Bajani.

Paolo Desogus

Paolo Desogus

Professore associato di letteratura italiana contemporanea alla Sorbonne Université, autore di Laboratorio Pasolini. Teoria del segno e del cinema per Quodlibet.

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