Quell’"antisemita" di Guterres che ricorda la Carta delle Nazioni Unite

Quell’"antisemita" di Guterres che ricorda la Carta delle Nazioni Unite

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di Patrizia Cecconi

La fabbrica del falso seguita a produrre a gonfie vele, e tra i suoi più zelanti operatori vediamo, more solito, i media mainstream. L’ultimo atto, per ora, è la campagna calunniosa nei confronti del Segretario ONU Guterres accusato di sostegno ad Hamas, inteso come sostegno al terrorismo antisemita, per aver enunciato  una semplice verità, peraltro inserita in un discorso in cui non risparmiava critiche ad Hamas e alla sua sanguinosa azione del 7 ottobre. Ma ogni verità  scomoda che riguardi Israele è considerata inaccettabile e, quindi, ecco che scatta la macchina del fango, anche contro il Segretario dell’ONU.

A brillare in modo particolarmente abbagliante in quest’azione calunniosa è il quotidiano Libero, il quale titola: “L’ONU dichiara guerra a Israele”. Abbagliante al punto che il ben più rispettabile Fatto Quotidiano e il suo direttore Travaglio vengono oscurati e a nulla vale il tentativo di quest’ultimo di leggere –  in uno dei talk show televisivi definiti democratici – il discorso incriminato per mostrarne al pubblico il contenuto reale. Ma la macchina del falso potrebbe incepparsi di fronte alla verità e l’opinione pubblica potrebbe perfino capire che la gogna mediatica cui è sottoposto Antonio Guterres è solo una tecnica servile per proteggere il genocidario e nazistoide progetto israeliano che ha già fatto circa 7.000 mila morti civili di cui oltre 3.000 bambini, cuccioli di quegli “animali umani” che Netanyahu, Gallant e i loro sostenitori hanno dichiarato pubblicamente di voler eliminare radendo al suolo la Striscia di Gaza.

In altri talk show televisivi l’ex ambasciatore israeliano in Italia, Dror Eydar, ha dichiarato con la sicumera di chi si sente portatore unico del diritto di decidere le sorti del mondo, che il discorso di Guterres è “dimostrazione della degenerazione morale” e ha gridato ripetutamente  “per noi c’è un unico scopo, distruggere Gaza, distruggere Gaza, questo male assoluto”. Per molto meno un ospite qualunque sarebbe stato allontanato dagli studi televisivi, ma a questo assetato di sangue è stato consentito di seguitare a urlare il suo “diritto” alla più disumana vendetta in nome di quella inaccettabile strumentalizzazione della tragedia della Shoah che, come dice lo storico ebreo israeliano Raz Segal, è un vergognoso uso della lezione dell’Olocausto e, come scriveva già 23 anni fa un altro storico ebreo, Norman Filkenstein, rientra ne “L’industria dell’Olocausto”, titolo di un suo saggio in cui dimostra come la strumentalizzazione di quell’immane crimine abbia corrotto l’autentica memoria dell’Olocausto utilizzandola  per tacitare ogni violazione commessa da Israele.

Ma vediamo in cosa consisterebbe la “degenerazione morale” rappresentata dal discorso di  Guterres che ha indotto l’ambasciatore israeliano Gilad Erdan e il ministro degli esteri Eli Cohen a chiedere le dimissioni immediate di Guterres e a vietare l’entrata dei funzionari ONU (ma non è la prima volta) dichiarando fieramente alla stampa “è ora che diamo una lezione all’ONU”, frase che ancelle e servetti mediatici di Israele hanno evitato di stigmatizzare.

Ma a Israele tutto è concesso, compresa la  condanna al Segretario Guterres per essersi ispirato ai principi della Dichiarazione dei diritti umani chiedendo che si fermi questo massacro di civili innocenti e ribadendo che “anche la guerra ha delle regole. Dobbiamo esigere che tutte le parti sostengano e rispettino i loro obblighi ai sensi del diritto umanitario internazionale… risparmiare i civili; e rispettare e proteggere gli ospedali e rispettare l’inviolabilità delle strutture delle Nazioni Unite”.

I nostri media si sono ben guardati dallo specificare che Israele non ha mai rispettato neanche una sola delle circa cento Risoluzioni delle Nazioni Unite, comprese quelle del Consiglio di Sicurezza la cui inadempienza, per altri Stati, ha significato gravi sanzioni o addirittura il via libera ad aggressioni militari e che, dalla sua fondazione ad oggi, lo Stato ebraico ha calpestato continuamente il diritto universale umanitario e il diritto internazionale.

Salvo pochissime eccezioni i nostri media hanno supportato la pretestuosa quanto isterica indignazione israeliana estrapolando dal discorso di Guterres soltanto la frase indebitamente considerata assolutoria verso Hamas, e cioè “È importante riconoscere anche che gli attacchi di Hamas non sono venuti dal niente. Il popolo palestinese è stato sottoposto a 56 anni di soffocante occupazione.” Poco importa che questa frase seguisse la sua decisa e inequivocabile accusa ad Hamas che riportiamo di seguito: “Ho condannato    inequivocabilmente gli atti di terrore terrificanti e senza precedenti compiuti da Hamas in Israele il 7 ottobre. Niente può giustificare l’uccisione deliberata, il ferimento e il rapimento di civili  o il lancio di razzi contro obiettivi civili” e aggiungendo che tutti gli ostaggi devono essere “rilasciati immediatamente e senza condizioni”.

Si sono anche ben guardati, i nostri opinion maker,  dal ricordare che l’esercito israeliano ha deliberatamente preso di mira le sedi dell’agenzia ONU per i rifugiati assassinando, oltre agli “animali umani”, anche 39 dipendenti delle Nazioni Unite, quelle vittime alle quali il “degenerato” Guterres ha riservato alcune parole di rispetto e di dolore. Male, molto male, perché le bombe che li hanno uccisi erano tutte a servizio del “diritto di Israele a difendersi” e pertanto la colpa di quegli omicidi, come pure quella dell’orrendo massacro che si sta compiendo a Gaza, non è a carico di Israele, al quale si riconosce il diritto a difendersi anche quando è chiaro come la luce che quello sbandierato diritto è solo sete di sangue, di vendetta e di occasione per accaparrarsi altra terra palestinese.

Nonostante il compiacente atteggiamento dei media, e i reportages di croniste/i che fanno il tifo per l’invasione da terra ripetendo con tono di approvazione frasi come: Netanyahu “garantisce” che l’attacco da terra ci sarà, oppure Netanyahu “deve rispettare la promessa” fatta al popolo israeliano di invadere Gaza; nonostante si facciano servizi di molti minuti per seguire commossi il funerale di una delle povere vittime della furia di Hamas mentre non si dedichi neanche qualche secondo al funerale di una delle 7000 vittime della furia israeliana; nonostante sia scomparsa la notizia dell’atroce bombardamento dell’ospedale Al Ahli dopo aver tentato di far credere – a seguito di un moto d’indignazione generale – che Israele non era colpevole (!) e non si faccia menzione degli altri 12 ospedali e 30 centri sanitari bombardati, dei numerosi medici assassinati, al pari dei circa venti giornalisti palestinesi; nonostante molto altro che i media maistream non dicono e nonostante ciò che seguitano a dire sebbene sia ormai chiaro che si tratta di menzogne; ebbene, nonostante tutto il lavoro dell’esercito mediatico fedelmente a suo servizio, Israele sta mostrando al mondo che dietro il leit motif del “diritto a difendersi”, appare sempre più chiara la natura genocidaria, suprematista e razzista che caratterizza il disegno colonialista dello Stato ebraico, iniziato già prima del 1948 con crudeltà non dissimili a quelle che si dice abbia commesso Hamas il 7 ottobre e che altro non erano se non l’inizio del “genocidio incrementale” come lo definisce un altro storico ebreo israeliano (Ilan Pappé) che da oltre 75 anni avanza senza sosta con lo scopo che da Ben Gurion in poi non sembra essere mai cambiato, se non nelle forme, di annettersi tutta la Palestina storica.

 Forse, se questo processo criminale fosse stato fermato per tempo, se l’ONU avesse deciso di far rispettare le sue Risoluzioni, se il mondo occidentale non fosse caduto nella strumentalizzazione del terribile crimine di cui è stato responsabile nel secolo scorso, forse Hamas neanche esisterebbe.

Al momento però i Paesi che si piccano di essere civili e di rispettare il diritto universale umanitario i cui principi sono i pilastri che sorreggono le vere democrazie, hanno un compito ineludibile: quello di fermare i massacri. Lo sanno tutti che questo genocidio non è diritto a difendersi, quella è la frase di propaganda buona per tutti gli usi, ma in realtà l’odio che il massacro genera per i carnefici è una vera mina contro quel diritto. Dovrebbe saperlo pure il ministro Tajani il quale però, forse perché poco sensibile verso gli “animali umani” che Israele sta sterminando, si è dichiarato contrario a un cessate il fuoco. Resta solo la società civile –  sia quella che conosce bene la questione, sia quella che neanche si pone il problema di cercare ragioni e torti ma che, semplicemente, ha conservato una sensibilità umana verso il dolore – a manifestare nelle piazze per chiedere di cessare il fuoco e di far arrivare cibo, acqua e medicine agli assediati. Una richiesta che viene perfino da molti israeliani, alcuni dei quali superstiti di quel terribile 7 ottobre. Una richiesta la cui negazione dice chiaro da che parte sta chi la rifiuta: dalla parte dei criminali di guerra e contro l’umanità.

Patrizia  Cecconi

Patrizia Cecconi

Romana di nascita, milanese di ultima adozione. Laureata in Sociologia presso la Sapienza Roma ove tiene per alcuni anni dei seminari sulla comunicazione deviante. Successivamente vince la cattedra in Discipline economiche ed insegna per circa 25 anni negli Istituti commerciali e nei Licei sperimentali. Interessata all'ambiente, alle questioni di genere e ai diritti umani ha pubblicato e curato diversi libri su tali argomenti ed uno in particolare sulla Palestina esaminata sia dal punto di vista ambientale che storico-politico. Ha presieduto per due mandati l'associazione Amici della Mezzaluna Rossa Palestinese di cui ora è presidente onoraria e, al momento, presiede l'associazione di volontariato Oltre il Mare. Da oltre 12 anni trascorre diversi mesi l'anno in Palestina, sia West Bank che Striscia di Gaza, occupandosi di progetti e testimonianze dirette della situazione. Collabora con diverse testate on line sia di quotidiani che di riviste pubblicando articoli e racconti. 

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