Retorica istituzionale a reti unificate

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Retorica istituzionale a reti unificate

 

 di Giuseppe Giannini

Da tempo siamo abituati a sorbirci i messaggi delle alte cariche istituzionali. In occasione di determinate riccorenze od eventi eccoli sfoggiare dichiarazioni reboanti in nome del patriottismo che annulla le differenze. Parlare per tutti e far tacere tutti. Non ho mai avvertito l'esigenza di seguirli. Con il tempo ho imparato che stare lì, passivi, ad ascoltare i capipolo non serve a niente. E' solo retorica farcita di (finti) buoni  propositi (una su tutte la condanna delle morti sul lavoro). Parlo alla nazione per (dis)informarla. Avverto i governati delle urgenze che fanno notizia (la gestione pandemica). Magnifico i provvedimenti intrapresi in sede statale (il sostegno alle politiche di guerra) ed eseguiti in ossequio all'appartenza al consesso sovranazionale (la sottoscrizione dell'agenda austeritaria).

Un classico a cui gli adepti dello schermo trovano difficile sfuggire è il messaggio di fine anno del Presidente della Repubblica.

Ricordo ancora il banchiere Ciampi ripetere gli slogan qualunquisti che parlavano di "giovani" e magnificanti le sorti progressive (del mercato) dell' "Europa". Poi arrivò il migliorista amico degli americani, che diede indirettamente inizio alle forzature costituzionali pur di non scontentare nessuno (la proroga del mandato, la decretazione come prassi). Infine il democristiano attuale (una tradizione di famiglia), ex giudice della Corte costituzionale, tanto amato ed apprezzato dagli italiani dicono i media mainstream. Sicuramente a suo agio con quella parte addentro al sistema di potere. In una fase in cui gli assetti tradizionali sono soggetti a continue agitazioni, turbati dal risentimento popolare, che nelle forze di destra trovano sbocco ma nessuna via di uscita, e che, a loro volta, insediatesi e messe le mani sul potere, segnano la continuità dell'economia di stampo liberista, con l'aggravante del riordino interno in senso oscurantista, allora, diventano ancora più pregnanti le dichiarazioni di chi dovrebbe essere super partes. Invece,  la diligenza del buon padre di famiglia negli ultimi anni ha deviato verso posizioni di sorta. Ha assunto aspetti contraddittori, mistificanti, in contrasto con la Costituzione, legge fondamentale per tutti i sottoposti. In particolare lo è nella narrazione e nelle misure intraprese nei recenti conflitti internazionali. Che senso ha sostenere le politiche di guerra pro NATO, contrarie alle esigenze materiali della popolazione ucraina ed europea violando, tra l'altro, per mezzo del sostegno armato  l'art. 11 della Costituzione?

E lo stesso accade appoggiando acriticamente il genocidio messo in atto da Israele. Ascoltando il racconto propagandistico avvertiamo nelle parole istituzionali il dramma per l'attentato all'infrastruttura ucraina ad esempio. Lo stesso coinvolgimento emotivo viene meno quando si tratta delle innocenti vittime palestinesi. E, se nel primo caso, vi è un confronto armato tra eserciti, il dramma a cui sono sottoposte le popolazioni del Medio Oriente vedono uno scontro impari tra l'esercito ed i coloni israeliani genocidari e, dall'altra, una popolazione inerme. Tristi per le sorti della popolazione ucraina. Freddi e distaccati quando le vittime delle mire (e della complicità) occidentali sono i migranti dalla pelle scura o i palestinesi. La stessa enfasi posta dagli inquietanti inviati di guerra. Giornalai al servizio degli interessi imperialistici. E che, in alcuni casi, corrono il rischio di pagare le conseguenze di complicità ed infiltrazioni. E' quanto accaduto alla giornalista Cecilia Sala. Collaboratrice del Foglio, organo fra i tanti della propaganda sionista. E visti gli sconfinamenti bellici di Israele in Siria e Libano, o le provocazioni all'Iran, c'era da aspettarsi qualche reazione.

Noi, i paladini della libera informazione, che guardiamo con disprezzo gli altri, le teocrazie ed i regimi fondamentalistici, perchè chi dissente viene imprigionato e perseguito. Sempre noi che invece chiudiamo gli occhi quando ad essere incarcerati ed uccisi sono i giornalisti presi di mira dalla "democratica" Israele. E sono centinaia i giornalisti uccisi! E poi le ulteriori interconnessioni tra il mondo arabo e le alleanze strategiche che coinvolgono la Russia, la Turchia, la Cina. L'Occidente paladino di un modo di vivere che genera il male. Ed i cui rappresentanti, in tutte le sfere, altro non sono che i garanti di quelle istituzioni borghesi, produttrici di secoli di ingiustizie e sofferenze. Esecutori posti come "equilibratori" che, dall'alto dei loro privilegi (di status, economici, ecc.), si arrogano il diritto di parlare in nome di tutti. La visione particolaristica del bene proveniente dalle alte sfere. Quella che non si è mai sporcata le mani in società e, a tal fine,  mira a rimuovere, volutamente, il residuo di coscienza (ed il conflitto) di classe. In cerca di quella pacificazione, altrove assente, buona per sedare gli animi, e che vuole forgiare un popolo disadattato per renderlo nazione-indistinta. E passiva. Ma attraverso cui riconoscere e/o ritrovare l'identità perduta. Ed è la conseguenza della mancanza di senso di uno Stato, incapace di portare ad attuazione concreta i principi costituzionali risultanti dal compromesso postbellico, e tendenti alla convivenza.

Così coabitano senza disturbo la restaurazione liberista ed il conservatorismo reazionario. Apetti complementari che accentrano i privilegi. Stessa faccia delle diseguaglianze e dell'imperialismo guerrafondaio. Però per calmare gli animi c'è sempre un tricolore da sventolare.  Nel quale identificarsi per superare le frustrazioni del quotidiano. E del quale farsi  vanto, che si tratti di festeggiare le imprese sportive od altra conquista predatoria (a proposito di élite). Ed il popolino, spaesato ed abbruttito, ubbidisce. E la massa, impoverita dal disagio economico-esistenziale abbocca.

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