Se spariscono in meno di dieci anni 7000 medici di base

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Se spariscono in meno di dieci anni 7000 medici di base

 

di Federico Giusti

La denuncia arriva da associazioni di categoria, sindacati e cittadini e riguarda la considerevole riduzione dei medici di base. Il depotenziamento della sanità pubblica avviene anche con scelte apparentemente logiche, se un medico avrà un numero di pazienti elevato, quanto sarà il tempo da dedicare agli stessi? Il personale sanitario è in trincea, costretto a doppi turni, carichi di lavoro sempre meno sostenibili,  questa realtà dovrebbe essere affrontata una volta per tutte e non rimossa o manipolata per indirizzare i cittadini verso le strutture private. Il buon funzionamento di un servizio pubblico non è solo una garanzia dell'equità sociale (per garantire il diritto alla cura a prescindere dal reddito) ma anche il termometro dello stato di salute di una democrazia, di una intera comunità.
 
Tra i 7mila e gli 8 mila medici di base in meno in dieci anni, in percentuale quasi il 20% del totale, alcune Regioni risultano in particolare sofferenza e parliamo del Nord Italia, non del profondo Sud dove già le carenze di organico negli ospedali sono croniche e migliaia di cittadini si recano nelle strutture del  Centro e del Nord per accedere a cure dignitose.
 
Quasi 5 milioni di persone rinunciano alle cure per mancanza di risorse economiche, 5 milioni di italiani non hanno un medico di riferimento, senza adeguato turn over il numero delle famiglie prive di un medico di base  crescerà ulteriormente nonostante il massimale di pazienti sia nel frattempo passato, in molte Regioni, da 1000 a 1800  nell'arco di pochissimi anni.
 
Cresciuta la burocrazia aumenta la insofferenza di tanti operatori sanitari che vorrebbero svolgere il loro lavoro ma sono invece ostacolati da un sistema inadeguato a garantire i servizi e le prestazioni indispensabili. 
 
I bandi concorsuali per la specializzazione in medici di base banditi dalle Regioni hanno visto una adesione inferiore ai reali fabbisogni, in altre parole il numero dei posti supera quello dei vincitori. Un esempio calzante è offerto dalla Lombardia:  iscritti in 602 per 390 posti si sono poi presentati alla selezione in 306. Il medico di base non è tra le specializzazioni più ambite, i carichi di lavoro, le incombenze burocratiche ma anche la retribuzione finale sono tra le cause di questa scarsa attrattività, consideriamo che numerosi medici di base ormai si appoggiano ad associazioni e centri medici, stabiliscono nei locali delle stesse i loro ambulatori per superare il caro affitti e ricevere un supporto per superare le incombenze burocratiche
 
Per ovviare alle difficoltà ci sarebbero delle soluzioni, ad esempio accrescere il valore della borsa di formazione in medicina generale che oggi vale solo 900 euro al mese, circa la metà di altre specializzazioni. Il Governo punta tutto sulle Case di Comunità ma anche in questo caso regna la confusione. Per  difendere e potenziare un servizio pubblico occorrono investimenti reali sotto forma di borse di studio, di ambulatori pubblici nei plessi della aziende asl od ospedaliere, la possibilità di accedere a dei corsi di aggiornamento annuali che restituiscano ai medici di base competenze e ruoli, retribuzioni dignitose che siano da incentivo per restare alle dipendenze del pubblico sottraendosi alle sirene del privato o dell'intra moenia.
 
Un'altra soluzione è quella di trasformare i medici di famiglia in dipendenti, forse la stessa categoria rispetto al passato non sarebbe nettamente contraria, oggi invece abbiamo dei liberi professionisti in convenzione con il Ssn. Ma per un obiettivo cos' ambizioso esistono gli investimenti necessari? In verità no, prova ne sia il contratto nazionale della sanità pubblica da poco sottoscritto, con aumenti pari a un terzo del costo della vita ma innumerevoli istituti contrattuali destinati solo ad alcune figure professionali  e per altro con bassi importi.
 
E' questa la strada tracciata dai sindacati di mestiere e delle professioni, contratti che alla fine offrono risposte ad alcune figure ma non ad altre, ciascun per sè insomma nella speranza di prevalere, in questa sorta di darwinismo contrattuale, su altri interessi egoistici senza avere una visione di insieme.
 
Non c'è da meravigliarsi, del resto questo contratto non è solo economicamente svantaggioso ma è privo di risposte ai fabbisogni reali del Servizio sanitario nazionale. Facciamo degli esempi pratici allora: l’aumento dell’indennità per gli infermieri è di circa 7 euro lordi, la nuova figura dell’assistente infermiere ferma le progressioni di carriera degli OSS, la parificazione economica per le ostetriche all’indennità infermieristica avviene prelevando fondi aziendali e quindi sottraendo risorse al salario accessorio che avrà incrementi minimi e destinati a pagare indennità a singole figure. Manca uno spazio per la formazione annuale, alcuni giorni retribuiti e destinati a percorsi di aggiornamento
 
Con queste premesse ,pensiamo di favorire il rilancio della Sanità pubblica o prestare piuttosto il fianco al potenziamento di quella privata? La risposta è per noi scontata.

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